ATTO PRIMO
(Appare una corte, nelle case dei Polentani, contigua
a un giardino che brilla di là di transenne. Ricorre
per l'alto una loggia che a destra corrisponde con
le camere gentilesche e di fronte, aerata su le sue
colonne, mostra avere una duplice veduta. Ne discende,
a manca, una scala leggera. Una grande porta è a
destra, e una bassa finestra ferrata; pe' cui vani si
scopre una fuga di arcate che circondano un'altra corte
più vasta. Presso la scala è un'arca bizantina, senza
coperchio, riempiuta di terra come un testo, dove
fiorisce un rosaio vermiglio)
Scena Prima
(Si vedono le donne protendersi dalla loggia e
discendere giù per la scala, curiose accennando
verso il giullare che porta appesa sul fianco la
sua viola e in mano una gonnella vecchia)
GARSENDA
O Donella, Donella, c' è il giullare
In corte! Biancofiore,
C' è il giullare! È venuto!
BIANCOFIORE
Facciamolo cantare.
ALTICHIARA
Ohè, sei tu quel Gianni...
GIULLARE
Dolci mie donne...
ALTICHIARA
Sei tu quel Gianni che dovea venire
Di Bologna? Gian Figo?
GARSENDA
Sei Gordello che vieni di Ferrara?
GIULLARE
Donne mie belle, avreste...
GARSENDA
Di che? di lardo?
GIULLARE
Avreste voi un poco di scarlatto?
DONELLA
Sei tu per motteggiare? Stiamo accorte.
BIANCOFIORE
Ma tu chi sei? quel Gianni...
ALTICHIARA
O Biancofiore, guardalo in che panni!
Il farsetto s'azzuffa co' calzari.
GARSENDA
Oh, guardalo, Donella: egli è scampato
Solo in panni di gamba.
BIANCOFIORE
Guarda, guarda, Altichiara,
Quel che ha per mano.
ALTICHIARA
Un guarnacchino vecchio.
GARSENDA
Ma no, che è una gonnella romagnuola.
ALTICHIARA
Tu sei dunque Gordello e non Gian Figo.
DONELLA
Ma no, ch'egli è un giudeo.
ALTICHIARA
Vendi ciarpe o cantari?
DONELLA
Di': che ci porti?
Stracci o sirventesi?
BIANCOFIORE
Lascia tu star la baia, Mona Berta!
Or si parrà s'egli saprà cantare.
Su via, giullare,
Cantaci dunque una bella canzone.
Ne sa Madonna Francesca una bella
Che incomincia: "Meravigliosamente
Un amor mi distringe." Tu la sai?
GIULLARE
Sì, la dirò, se avete
Un poco di scarlatto.
ALTICHIARA
Ma che vuoi tu con questo tuo scarlatto?
DONELLA
Accorte! Stiamo accorte.
GIULLARE
Io vorrei volentieri
Che voi mi rappezzaste
Questa gonnella.
LE DONNE
O che buona ventura!
Or vuoi tu ripezzare il romagnuolo
con lo scarlatto?
GIULLARE
Se voi l'avete, fatemi di grazia
Questo servigio! Una rottura in petto
Et un'altra sul gomito: ecco qua.
Avete due pezzuole?
LE DONNE
Eh, n'abbiam bene; e ti s'acconcerà
Se tu ci canterai.
GIULLARE
So le storie di tutti i cavalieri
E di tutte le gran cavallarie
Che furon fatte al tempo
Del re Artù, e spezialmente so
Di Messere Tristano e di Messere
Lancilotto del Lago e di Messere
Parzival il Gallese che gustò
Il sangue del Signor Nostro Gesù;
E so di Galeasso, di Galvano,
E d'altri e d'altri. So tutti i romanzi.
LE DONNE
Oh la tua buona sorte!
Noi lo diremo a Madonna Francesca,
Che tanto se ne diletta; et ella certo
Ti donerà, giullare, grandemente.
GIULLARE
Mi donerà l'avanzo.
GARSENDA
Quale avanzo?
GIULLARE
L'avanzo di quelle due pezzuole di scarlatto.
DONELLA
Ben altro avrai tu:
Grandissimi doni.
Sta lieto, ch'ella è sposa.
Messer Guido la sposa a un Malatesta.
LE DONNE
Racconta intanto a noi!
Siam tutte orecchi.
(Tutte si adunano e si protendono verso
il giullare che si dispone a dire l'argomento)
GIULLARE
Come Morgana manda al re Artù
Lo scudo che predice il grande amore
Del buon Tristano e d'Isotta fiorita.
E come Isotta beve con Tristano
Il beveraggio, che sua madre Lotta
Ha destinato a lei ed al re Marco,
E come il beveraggio è sì perfetto
Che gli amanti conduce ad una morte.
(Le donne stanno in ascolto. Il Giullare
fa una ricercata su la viola e canta)
"Or venuta che fue l'alba del giorno,
Re Marco e il buon Tristano si levaro..."
LA VOCE DI OSTASIO
(dalla corte interna)
Dite al Pugliese ladro,
Ditegli ch'io mi laverò le mani
E i piedi nel suo sangue!
ALTICHIARA
Ecco Messer Ostasio.
LE DONNE
Via! Via!
(Il gruppo delle ascoltami subito si scioglie.
Elle fuggono su per la scala, con risa e strilli;
trascorrono per la loggia; scompaiono)
GIULLARE
La mia gonnella!
V'accomando la mia gonnella buona,
E lo scarlatto.
ALTICHIARA
(sporgendosi dall'alto della loggia)
Ritorna a mezza nona,
Che sarà fatto.
(Escono)
Scena Seconda
(Entra Ostasio da Polenta, per la grande porta
del cortile, in compagnia di Ser Toldo Berardengo)
OSTASIO
(afferrando il giullare sbigottito)
Che fai qui, manigoldo?
Con chi parlavi? Con le donne? Come
Sei venuto? Rispondimi! Sei tu
Di Messer Paolo Malatesta? Su,
Rispondi!
GIULLARE
Signor mio, voi mi serrate troppo. Ahi!
OSTASIO
Venuto sei con Messer Paolo?
GIULLARE
No, signor mio.
OSTASIO
Tu menti!
GIULLARE
Sì signor mio.
OSTASIO
Parlavi con le donne.
E che dicevi tu? Parlavi certo
Di Messer Paolo... Che dicevi?
GIULLARE
No, signor mio; ma di Messer Tristano.
OSTASIO
Fosti tu mai dai Malatesti,
a Rimino?
GIULLARE
No, mai, signor mio.
OSTASIO
Dunque Tu non conosci Messer Paolo, il Bello.
GIULLARE
Per mala sorte mai non lo conobbi.
(Escono)
Scena Terza
(Iroso e sospettoso il figlio di Guido
trae il notaro verso l'arca)
OSTASIO
Questi giullari et uomini di corte
Sono la peste di Romagna, peggio
Che la canaglia imperiale. Lingue
Di femminelle, tutto sanno, tutto
Dicono; van pel mondo
A spargere novelle e novellette.
S'egli fosse un giullare
Dei Malatesti,
Già le donne saprebbero di Paolo
Ogni novella, e vano
Sarebbe ormai l'artifizio che voi,
Ser Toldo, consigliaste
Da quel gran savio che voi siete.
SER TOLDO
Egli era si povero ed arnese
Che non mi dà sospetto ch'egli segua
Sì grazioso cavaliere quale
È Paolo, che per uso
Largheggia con tal gente.
Ma ben faceste a mettergli il bavaglio.
OSTASIO
Certo non ci daremo pace, avanti
Che il matrimonio sia perfetto.
E temo, Ser Toldo,
che ce ne potrà seguire scandalo.
SER TOLDO
Voi dovete pur sapere
Chi è vostra sorella
E quant'ell' è d'altiero
Animo. E s'ella vede quel Gianciotto,
Così sciancato e rozzo e con quegli occhi
Di dimone furente,
Avanti che il contratto
Delle sue sposalizie sia rogata,
Non il padre, nè voi, nè altri certo
Potrà mai fare
Ch'ella lo voglia per marito.
Dunque se veramente
Vi cale questo parentado,
Mi parebbe non esservi altro modo
Da tenere, che quello che s' è detto.
E poichè Paolo Malatesta è giunto
Come procuratore di Gianciotto
Qui, con pieno mandato
A disposare Madonna Francesca,
Mi parrebbe doversi
Procedere alle nozze senz'alcuna
Dimora, se volete darvi pace.
OSTASIO
Voi avete ragione,
Ser Toldo: ci conviene
Troncar gli indugi. Questa sera torna
Mio padre da Valdoppio; e noi faremo
Che domani sia pronto il tutto.
SER TOLDO
Bene, Messer Ostasio.
OSTASIO
Or su, venite meco,
Ser Toldo. Paolo Malatesta attende.
(Escono ambi)
Scena Quarta
(S'ode venire dalle stanze alte il canto delle donne)
IL CORO DELLE DONNE
Oimè che adesso io provo
Che cosa è troppo amore. Oimè.
Oimè ch'egli è uno ardore
Che al cor mi coce. Oimè.
(Si vedono uscire dalle stanze e passare per la loggia
Francesca e Samaritana, l'una a fianco dell'altra,
l'una altra cingendo la cintura col braccio)
FRANCESCA
(su la scala soffermandosi)
Amor le fa cantare.
(Elle abbandona un poco indietro il capo come per
cedere al vento della melodia, leggera e palpitante)
LE DONNE
Oimè penare atroce.
Ch'al tristo cor si serba. Oimè.
(Francesca ritrae dalla cintura della sorella il suo
braccio, e si discosta alquanto come per disciogliersi,
arrestandosi mentre quella discende il gradino)
FRANCESCA
(assorta)
Come l'acqua corrente
Che va che va, e l'occhio non s'avvede,
Così l'anima mia...
LE DONNE
Oimè che doglia acerba
Alla mia vita. Oimè.
SAMARITANA
(con uno sgomento improvviso
stringendosi alla sorella)
Francesca, dove andrai?
Chi mi ti toglie?
FRANCESCA
Ah, tu mi svegli.
SAMARITANA
O sorella, sorella,
Odimi: resta ancora con me! Resta
Con me, dove nascemmo!
Non te n'andare! Non m'abbandonare!
Ch'io faccia ancora
Il mio piccolo letto accanto al tuo!
Che la notte io ti senta!
FRANCESCA
Egli è venuto!
SAMARITANA
Chi? Chi mi ti toglie?
FRANCESCA
È venuto, sorella.
SAMARITANA
È senza nome è senza volto. Mai
Non lo vedemmo.
FRANCESCA
Forse Io lo vidi.
SAMARITANA
Tu? Quando?
Non mi son mai divisa
Da te, dal tuo respiro
La mia vita non s'ebbe che i tuoi occhi.
Dove potesti
Tu vederlo senza di me?
FRANCESCA
Pace, anima cara, piccola colomba,
Perchè sei tanto sbigottita? Pace,
Datti pace! Verrà
In breve anche il tuo giorno,
E te n'andrai dal nostro nido; e mai
Più nell'alba il mio sogno
T'udrà correre scalza alla finestra,
Mai più ti vedrà bianca a piedi nudi
Correre verso la finestra, o piccola
Colomba, e dire non t'udrà più mai:
"Francesca, è nata la stella diana
E vannosene via le gallinelle."
(Biancofiore, Garsenda, Donella e Altichiara escono
dalle stanze e si arrestano sulla loggia luminosa
guardando il giardino che si stende di là, in atto
di spiare)
SAMARITANA
E si vivrà, oimè,
Sì vivrà tuttavia!
E il tempo fuggirà, fuggirà sempre!
FRANCESCA
E si morrà, oimè,
Si morrà tuttavia!
E il tempo fuggirà,
Fuggirà sempre!
SAMARITANA
O Francesca, mi fai dolore il cuore
E tutta, guarda,
Tutta mi fai tremare di spavento.
BIANCOFIORE
(dalla loggia)
O Madonna Francesca!
DONELLA
Su, Madonna Francesca!
FRANCESCA
Chi mi vuole?
DONELLA
Venite su! Correte!
ALTICHIARA
Su, su Madonna Francesca,
Venite a vedere!
DONELLA
Correte! Passa il vostro sposo!
BIANCOFIORE
Eccolo che passa per la corte
Con il vostro fratello.
ALTICHIARA
Su, su, Madonna Francesca! Correte!
È quelli, è quelli!
(La figlia di Guido sale di volo su per la scala.
Samaritana fa l'atto di seguirla; ma s'arresta,
senza forze, soffocata)
GARSENDA
(mostrando l'uomo a Francesca che si china a guatare)
Oh avventurata, avventurata!
Egli è il più bello cavalier del mondo.
BIANCOFIORE
E grande! E snello! E la camminatura alla reale!
DONELLA
E come bianchi i denti!
Non avete veduto? Non avete Veduto?
GARSENDA
Oh avventurata colei che
Gli bacerà la bocca!
FRANCESCA
Tacete!
ALTICHIARA
Se ne va. Passa pel portico.
FRANCESCA
Ah tacete, tacete!
(Si volge, si copre la faccia con ambo le mani; poi
si discopre e appare trasfigurata. Discende i primi
gradini lentamente, poi con rapidità repentina per
gettarsi nelle braccia della sorella che l'attende a
piè della scala. Le donne si dispongono in corona
su la loggia)
IL CORO DELLE DONNE
O dattero fronzuto,
O mio gentil amore,
Or che ti par di fare?
(Francesca, stretta nelle braccia della
sorella, d'improvviso dà in un pianto.
Le donne s'interrompono dal cantare)
ALTICHIARA
Madonna piange.
DONELLA
Oh, piange!
Perchè piange?
BIANCOFIORE
Perchè il cuore le duole d'allegrezza.
GARSENDA
Dentro nel cuore
Subito la ferì. Ah, s'ella è bella,
Egli è pur bello, il Malatesta!
(Le donne sì spargono per la loggia. Taluna rientra
nelle stanze, poi n'esce novamente. Tal' altra si pone
in vedetta, E favellano a mezza voce, e i loro passi sono
senza rumore. Francesca ha levato il volto lagrimoso
illuminando d'un riso repentino le sue lacrime)
SAMARITANA
O Francesca, Francesca, anima mia.
Chi hai tu veduto? Chi hai tu veduto?
FRANCESCA
Chi ho veduto?
Ah tu ora, tu ora
Pigliami, cara sorella, tu ora
Pigliami nella stanza
Portami nella stanza
E chiudi la finestra.
E dammi un poco d'ombra,
E dammi un sorso d'acqua,
E ponimi sul tuo piccolo letto,
E con un velo ricoprimi e fa
Tacere queste grida, fa tacere
Queste grida e il tumulto
Che ho nell'anima mia!
GARSENDA
(irrompendo su la loggia precipitosamente)
Viene! Viene! Madonna Francesca,
ecco che viene dalla parte del giardino.
(Biancofiore, Donella, Altichiara ed altre
donne sopraggiungono, curiose e giulive: a
tutte hanno intorno al capo ghirlanda per
allegrezza; e traggono seco inghirlandati tre
donzelli sonatori di liuto di violetta e di piffero)
FRANCESCA
(pallida di spavento e agitati come fuor di sè)
No, No! Correte, donne,
Corrette, ch'ei non venga!
No! Correte,
Donne, andategli incontro!
Andategli incontro, e
Ditegli ch'io lo saluto!
LE DONNE
Eccolo! Eccolo!
È qui presso, è qui presso.
(Sospinta dalla sorella, Francesca fa per salire la
scala; ma ecco ch'ella vede da presso, di là della
chiusura, apparire Paolo Malatesta. Ella rimane
immobile ed egli si ferma tra gli arbusti: e stanno
l'uno di contro l'altro, divisi dal cancello, guardandosi
senza parola e senza gesto. I sonatori su i loro,
strumenti intonano. Le donne scendono nella corte
e si dispongono in corona dietro a Francesca)
IL CORO DELLE DONNE
Per la terra di maggio
L'arcadore in gualdana
Va caendo vivanda.
A convito selvaggio
In contrada lontana
Uno cor si domanda...
(Francesca sì separa dalla sorella e va lentamente
verso l'arca. Coglie una grande rosa vermiglia, poi
si rivolge; e di sopra alla chiusura, la offre a Paolo
Malatesta. Samaritana a capo chino se ne va su per
la scala piangendo. Le donne inghirlandate seguono
il canto)
ATTO SECONDO
(Appare una piazza d'una torre rotonda, nelle case dei
Malatesti in Rimini. Due scale laterali di dieci gradini
salgono dalla piazza al battuto della torre; una terza
scala fra le due, scende ai sottoposti solai, passando
per una botola. Sì scorgono i merli quadri di parte
guelfa muniti di bertesche e di piombatoie. Un
màngano poderoso leva la testa dalla sua stanga e
allarga il suo telaio di canapi attorti. Balestre grosse a
bolzoni e verrettoni a quadrelli, baliste, arcubaliste e
altre artiglierie da corda sono postate in giro con lor
martinetti, girelle, torni, arganelli, lieve. La cima della
torre malatestiana irta di macchine e d'armi campeggia
nell'aria torbida dominando la città di Rimini donde
spuntano soli in lontananza i merli a coda di rondine
che coronano la più alta torre ghibellina. Alla parete
destra è una porta; alla sinistra, una stretta finestra
imbertescata che guarda l'Adriatico.Si vede nell'andito
il torrigiano, occupato ad attizzare le legna sotto una
caldaia fumante. Egli ha ordinato contro la muraglia le
cerbottane, i sifoni le aste delle rocche a fuoco e delle
falariche e accumulato intorno ogni sorta di fuochi
lavorati. Su la torre presso il màngano, un giovane
balestriere sta alle vedette)
Scena Prima
TORRIGIANO
È ancora sgombro il campo del comune?
BALESTRIERE
Pulito come il mio targone.
TORRIGIANO
Ancora nessun sì mostra!
(Francesca entra dalla porta destra e s'avanza
lungo la parete fino al pilastro che regge l'arco)
FRANCESCA
Berlingerio!
TORRIGIANO
(sobbalzando)
Chi chiama? Oh, Madonna Francesca!
(Il balestriere ammutolisce e resta
attonito a guardarla, poggiato al màngano)
FRANCESCA
È salito alla Mastra
Messer Giovanni?
TORRIGIANO
No, non ancora, Madonna.
L'aspettiamo.
FRANCESCA
(accostandosi)
E nessun altro?
TORRIGIANO
Nessun altro, Madonna.
Scena Seconda
(Francesca si avvicina alla botola in cui
scende la scala della torre, e ascolta vigile)
FRANCESCA
E tu che fai?
TORRIGIANO
Preparo fuoco greco,
falariche e diverse altre
carezze per i Parcitadi.
FRANCESCA
Il fuoco greco! Chi si salva?
Non l'avevo mai veduto.
È vero che non si conosce
alla battaglia strazio più terribile?
È vero che arde nel mare,
arde nei fiumi; brucia, le navi.
brucia le torri. soffoca. ammorba.
Secca, repente il sangue
dell'uomo. fa delle carni e dell'ossa
una cenere nera.
trae dallo strazio
dell'uomo urli di belva
che Impazza i cavalli,
che impietrano i più prodi?
TORRIGIANO
Morde e divora ogni genia
di cose vive e morte.
FRANCESCA
Ma come siete voi osi di maneggiarlo?
TORRIGIANO
Noi n'avemmo licenza
da Belzebú che é il
principe dei Demoni
e viene parteggiando
pei Malatesti.
FRANCESCA
Qualcuno sale per la scala. Chi
È che sale?
TORRIGIANO
Forse è Messer Giovanni.
FRANCESCA
(china verso la cateratta)
Chi sei tu? Chi sei tu?
LA VOCE DI PAOLO
Paolo!
(Francesca s'ammutolisce indietreggiando)
Scena Terza
(Paolo sale i gradini rapidamente e si volge
alla cognate che s' è ritratta verso la muraglia.
Il balestriere torna alla vedetta)
PAOLO
Francesca!
FRANCESCA
Date il segno, Paolo, date
Il segno. Non temete Di me, Paolo.
Lasciate ch'io rimanga
A udir lo scocco delle balestre.
Donarmi un bello elmetto
Voi dovreste, signore mio cognato.
PAOLO
Vel donerò.
FRANCESCA
Tornato di Cesena siete?
PAOLO
Tornato di Cesena oggi.
FRANCESCA
Smagrato siete un poco e impallidito
Anche un poco, mi sembra.
PAOLO
Medicina non chiedo, erba non cerco
Per sanarmi, sorella.
FRANCESCA
Un'erba io m'avea, per sanare,
In quel giardino dove entraste un giorno
Vestito d'una veste che si chiama
Frode nel dolce mondo.
PAOLO
Non la vidi, Nè seppi dov'io fossi
Nè chi mi conducesse in quel cammino,
Ma sol vidi una rosa
Che mi si offerse più viva che il labbro
D'una fresca ferita, e un canto giovine
Udii nell'aria.
FRANCESCA
Videro gli occhi miei l'alba,
La videro i miei occhi
Sopra di me con l'onta e con l'orrore.
PAOLO
Onta et orrore sopra
Di me! La Luce non mi trovò dormente.
La pace era fuggita
Dall'anima di Paolo Malatesta
E tornata non è, nè tornerà più mai, più mai.
Come debbo io morire?
FRANCESCA
Come lo schiavo al remo
Nella galea che ha nome Disperata.
Così dovete voi morire.
(S'odono i tocchi della campana di Santa
Colomba. Entrambi gli immemori trasalgono)
Ah! dove siamo noi?
Chi chiama? Paolo, che fate?
(Il torrigiano e il balestriere, intenti a caricare le
balestre e a incoccare le aste dei fuochi lavorati,
balzano al suono)
TORRIGIANO
Il segno! Il segno! Viva Malatesta!
(Egli accende una falarica e la scaglia verso la città.
Dalla botola sale gridando a furia uno stuolo di
balestrieri; occupa la piazza della torre e dà mano
alle armi e alle macchine)
BALESTRIERE
Viva Messer Malatesta e la Parte Guelfa!
Mora Messer Parcitade, e i Ghibellini!
(Dai merli è un grande saettare di fuochi che
infiammano l'aria caliginosa, Paolo Malatesta
sì toglie dal capo l'elmetto e lo dà alla cognata)
PAOLO
Ecco l'elmetto che io vi donno.
FRANCESCA
Paolo!
(Paolo sale di corsa alla torre. La sua testa chiomata
soverchia la gente d'arme che travaglia. Francesca
gittato il dono, lo insegue chiamandolo tra lo scocco
e il clamore)
PAOLO
Datemi una balestra!
FRANCESCA
Paolo! Paolo!
PAOLO
Una balestra! Un arco!
FRANCESCA
Paolo!
(Un balestriere stramazza con la
gota forata da un quadrello avverso)
TORRIGIANO
Madonna, ritiratevi, per Dio,
che si comincia a mordere il battuto qui.
CORO DI BALESTRIERI
La torre Galassa risponde
Viva Messer Malatesta! Viva Verrucchio!
(Francesca tenta di respingere i balestrieri che le
impediscono il passo. Paolo avendo tolto una balestra,
ritto sul murello, saetta a furia, esposto ai colpi avversi,
come un forsennato)
FRANCESCA
Paolo!
(Paolo si volge al grido e scorge la donna fra il
vampeggiare dei fuochi. Toglie il pavese d'un
balestriere e la copre)
PAOLO
Ah, Francesca, scendete!
Che demenza è questa?
(Egli la spinge giù da una dalle scale laterali. Ella,
disotto al pavese dipinto, guata la faccia del cognato
furente e bella)
FRANCESCA
Voi demente! Voi demente!
PAOLO
E non debbo io morire?
(Egli getta il pavese e tiene la balestra)
FRANCESCA
Non è l'ora,
Non è venuta l'ora.
PAOLO
Sì questa è l'ora, se voi mi guardate
Spirare, se mi solevate il capo
Da terra con le vostre mani.
(Con un gesto impetuoso egli trae la donna verso la
finestra imbertescata e le porge la funicella che pende
dalla cateratta)
Alzate le bertesca.
(Paolo raccoglie un fascio di dardi e lo getta ai piedi
di Francesca. Poi carica la balestra. Francesca solleva
con la fune la bertesca, e per il varco appare il gran
mare splendente dell'ultima luce. Paolo pone la
balestra a mira e scocca)
FRANCESCA
Questo cimento
È il giudizio di Dio per la saetta.
Fratello in Dio, la macchia della frode
Che hai su l'anima tua.
Perdonata ti sia con grande amore.
(Tenendo nelle mani tesa la fune, elle s'inginocchia e fa
preghiere, con le pupille sbarrate e fisse al capo inerme
di Paolo. La bertesca alzata lascia vedere il mare
splendente. Il saettatore carica l'arme e scocca, senza
tregua. Di tratto in tratto le verrette ghibelline entrano
per la finestra e battano nel muro di contro e cadono
sul pavimento senza ferire. La crudeltà dell' ambascia
sconvolge il viso della pregante. Paolo avvendo
scagliato alcuni dardi, prende la mira con più acuta
volontà come per far colpo maestro; e scocca. S'ode il
clamore ostile)
PAOLO
(con atroce gioia)
Ah, Ugolino, in mal luogo t'ho colto!
(Grande intanto sulla torre è la gazzarra dei
balestrieri. Taluni trasportano a braccia giù
per la botola gli uccisi e i feriti)
BALESTRIERE
Ah! Messer Ugolino
Cignatta è stramazzato da cavallo.
È morto! È morto!
Vittoria a Malatesta!
(Un dardo rasenta il capo di Paolo Malatesta,
passandogli attraverso la chioma. Francesca getta un
grido, abbandonando la fune; e balza in piedi, prende
fra le mani il capo del cognato credendolo trafitto, gli
cerca tra i capelli la ferita. Più la sbigottisce il pallore
mortale che si sparge sul volto di lui in quell'atto. La
balestra cade a terra)
FRANCESCA
Paolo! Paolo!
Che mai è questo, o Dio?
Paolo! Paolo! Non sanguini,
Non hai stilla di sangue sul tuo capo,
E sembra che tu ti muoia!
Paolo! Paolo!
(Ella si guarda le mani per vedere se il sangue le tinga.
Sono bianche. Di nuovo cerca, con grande affanno)
PAOLO
(soffocatamente)
Ah non mi muoio!
Francesca. Ferro non m'ha toccato.
FRANCESCA
Salvo, salvo e puro! inginocchiati.
PAOLO
Ma le vostre mani toccato m'hanno,
e l'anima disfatta m'è dentro il cuore,
e forza più non ho d'esser vivo...
FRANCESCA
Inginocchiati!
PAOLO
...dopo che ho vissuto
Di sì veloce forza...
FRANCESCA
Pel tuo capo, inginocchiati! Inginocchiati,
E rendi grazie a Dio!
PAOLO
... Tutto raccolto intorno
Al mio cuor furibondo il mio coraggio
E tutta dentro chiusa
La potenza del mio malvagio amore.
FRANCESCA
Perduto! Sei perduto!
Di' che sei folle! Pel tuo capo,
Di' che sei folle,
e che l'anima tua misera
non udi la parola della tua bocca.
Scena Quarta
BALESTRIERE
Vittoria! Viva Messer Giovanni Malatesta!
(Lo Sciancato è apparso per la botola, su la scala della
Torre Mastra, tutto in arme, con una verga sardesca
nella mano. Egli sale i gradini zoppicando, e com'è su
la cima, leva in alto quel suo terribile spiedo, mentre
l'aspra sua voce fende il clamore)
GIANCIOTTO
Per Dio, gente poltrona,
Razzaccia sgherra,
Io son capace
Di manganarvi tutti giù nell'Ausa
Come carogne.
(Paolo raccatta il suo elemetto e, copertosi il capo, va
verso la torre, Francesca trapassa verso la porta onde
venne, l'apre e si china nel vano a parlare)
GIANCIOTTO
Non amo la gazzarra. Orsù, bisogna
Manganare una botte grande.
Di', Berlingerio, dov'è il mio fratello Paolo?
(Smaragdi appare all'uscio; poi udito un ordine
sommesso della sua signora, dispare. Francesca
rimane alla soglia)
PAOLO
Eccomi. Sono qui, Giovanni. Io era
Quelli della finestra imbertescata.
GIANCIOTTO
(si volge alla gente d'arme)
Tal colpo esser dovea
Di man d'un Malatesta,
Balestratori di millanterie.
(La schiava ricompare con un'anguistara e una
coppa. Francesca ritorna verso il marito per
mostrasi. Gianciotto scende verso il fratello)
Paolo, buone novelle
Io ti reco.
(Egli scorge la sua donna. Subito la sua voce
trova un accento più dolce)
Francesca!
FRANCESCA
Salute a voi, Signore, che recate la vittoria.
(Lo Sciancato le va incontro e l'abbraccia)
GIANCIOTTO
Mia cara donna, come
Ora vi ritrovate in questo luogo?
(Ella repugna all' abbraccio)
FRANCESCA
Gran sete voi dovete avere.
GIANCIOTTO
Sì, ho gran sete.
FRANCESCA
Smaragdi, porta il vino.
(La schiavi si appressa con l'anguistara e la coppa)
GIANCIOTTO
(con attonita gioia)
E come, donna, aveste voi pensiero
Della mia sete? Cara donna mia!
(Francesca versa il vino e porge la coppa al marito.
Paolo è in disparte, silenzioso, a vigilare la gente
che appresta la botte incendiaria)
FRANCESCA
Ecco, bevete, È vino di Scio.
GIANCIOTTO
Prima bevete, in grazia, un sorso.
(Francesca accosta le labbra alla coppa)
È dolce cosa rivedere la vostra faccia, dopo
La battaglia, e da voi avere offerta
Una coppa di vin possente, e beverla
D'un fiato!
(Egli vuota la coppa)
Cosi, tutto si rallegra Il cuore.
E Paolo? Paolo, vieni. Non hai tu sete?
Lascia Il fuoco greco per il vino greco.
Donna, versategli una piena coppa
E bevetene un sorso anco, per fargli
Onore; e salutatelo, il perfetto Saettatore.
FRANCESCA
Salutato già io l'avea.
GIANCIOTTO
Quando?
FRANCESCA
Quando saettava.
Bevete, mio cognato, nella coppa
Dove ha bevuto il fratel vostro.
E buona ventura Iddio vi dia,
All'uno come all'altro, et anche a me!
(Paolo, beve, guardando Francesca nelle pupille.
Francesca volge la faccia nell'ombra e muove
qualche passo verso la torre. La schiava si trae
in disparte e resta immobile)
FRANCESCA
(dal fondo)
Sciagura! Non vedete? Non vedete
Malatestino, là, Malatestino
Portato a braccia dagli uomini d'arme,
Con le fiaccole? Ucciso l'hanno al padre!
(Malatestino ferito viene portato su a braccia per
la scala della torre, tra fiaccole accese, in sembiante
di cadavere. L'ombra si fa più folta)
Scena Quinta
(Francesca accorre verso la compagnia che
discende per una delle scale laterali passando tra
i balestrieri, i quali tralasciano l'opera e fanno ala
silenziosi. Gianciotto e Paolo accorrono. Due arcieri
portano di peso il giovinetto sanguinoso. Quattro
arcieri dai lunghi turcassi l'accompagnano con le
fiaccole. I portatori adagiano il corpo di Malatestino
sopra un fascio di corde. Gianciotto, palpa il corpo
del giovine fratello e gli ascolta il cuore)
GIANCIOTTO
Francesca, no, non è morto! Respira
E il cuore ancora gli batte. Vedete?
Rinviene. Il colpo tramortito
l'ha un poco, ma rinviene.
Pietra scagliata a mano, non da fionda!
Via, non è nulla.
Malatestino! Bevi, Malatestino!
(Francesca versa tra le labbra del giovinetto qualche
stilla da vino. Paolo segue con gli occhi avidi tutti i
gesti de lei. Malatestino scrolla il capo; e, al dolore,
fa l'atto di alzare verso il sinistro occhio ferito la mano
ancora chiusa nella manopola. La cognata gli ferma il
gesto)
MALATESTINO
(come un che svegli di subito, con violenza)
Fuggirà, fuggirà... Non è sicura la prigione...
Io vi dico ch'ei saprà
Fuggire... Padre, datemi licenza
Ch'io gli tagli la gola! Io ve l'ho preso.
GIANCIOTTO
Malatestino, non mi riconosci?
Montagna è in buoni artigli. Sta sicuro
Che non ci fuggirà.
MALATESTINO
Giovanni, dove Sono?
Oh, cognata, e voi?
(Egli leva ancora la mano all'occhio percosso)
Che m'ho nell'occhio?
GIANCIOTTO
Un buon colpo di pietra t'hanno accoccato.
Senti gran dolore?
(Il giovinetto si alza in piedi e scrolla il capo)
MALATESTINO
Sassate di saccardi ghibellini
Non hanno da dolere,
Mettetemi una fascia e datemi da bere;
E a cavallo, a cavallo!
(Francesca si toglie la benda che
le chiude le gote e gli fascia l'occhio)
GIANCIOTTO
Ci vedi?
MALATESTINO
Uno mi basta.
CORO DI BALESTRIERE
(eccitati dal coraggio del giovinetto)
Viva, viva Messer Malatestino Malatesta!
MALATESTINO
A cavallo, a cavallo!
(Esce correndo seguito dagli arcieri con le torcie)
GIANCIOTTO
(volgendosi ai balestrieri)
La botte! La botte! È pronto il tutto?
(Egli va verso la torre, a guidare l'operazione
del màngano. S'ode il grido gutturale con cui gli
uomini accompagnano lo sforzo del sollevare la botte
incendiaria e del caricare il màngano. Di sopra I merli,
la vampa delle arsioni si spande nel cielo e cresce. Le
campane suonano a stormo. S'odono squilli di trombe)
GIANCIOTTO
(su la torre)
Pronto? Scarica! Scarica!
(S'ode lo strepito del màngano che scaglia a
distanza la botte provvista della miccia accesa)
BALESTRIERI
Vittoria a Malatesta!
Viva la parte Guelfa! Mora, mora
Il parcitade con I Ghibellini!
(Paolo va verso la torre ov'è ricominciato il getto
delle rocche e delle falariche. Francesca, rimasta
sola nell'ombra, si fa il segno della croce, cadendo,
su I ginocchi e prostrandosi fino a terra. In fondo,
un chiarore più violento illumina il cielo)
BALESTRIERI
A fuoco! A fuoco! Mora il Parcitade!
A fuoco! Mora il Ghibellino! Viva
La parte Guelfa! Viva Malatesta!
(Le saette incendiarie partono a volo tra I merli. Le
campane suonano a stormo. Le trombe squillano tra
la gazzarra nelle vie della città arsa e insanguinata)
ATTO TERZO
(Appare una camera adorna, vagamente scompartita
da formelle che portano istoriette del romanzo di
Tristano, tra uccelli fiori frutti imprese. Ricorre sotto il
palco, intorno alle pareti, un fregio a guisa di festone
dove sono scritte alcune parole d'una canzonetta
amorosa:
"Meglio m'è dormire gaudendo
C’avere penzieri veghiando."
A destra, nell'angolo, è un letto nascosto da cortine
ricchissime; a sinistra, un uscio coverto da una
portiera grave; in fondo, una finestra che guarda
il Mare Adriatico. Dalla parte dell'uscio è, sollevato
da terra due braccia, un coretto per i musici con
compartimenti ornati di gentili trafori. Presso la
finestra è un leggio con suvvi aperto il libro della
Historia di Lancillotto del Lago, composto di grandi
membrane alluminate che costringe la legatura forte
di due assicelle vestite di velluto vermiglio. Accanto
v'è un lettuccio, una sorta di ciscranna senza spalliera
e bracciuoli, con molti cuscini di sciamito, posto quasi
a paro del davanzale, onde chi vi s'adagi scopre tutta
la marina di Rimini. Su un deschetto è uno specchio
d'argento, a mano, tra ori, canne, coppette, borse,
cinture e altri arredi. Grandi candelieri di ferro
s'alzano presso il corretto. Scannelli e predelle sono
sparsi all'intorno; e dal mezzo del pavimento sporge
il maniglio di una cateratta, per la quale di questa
camera si può scendere in un'altra)
Scena Prima
(Si vede Francesca dinanzi al libro, in atto di leggere.
Le donne sedute sulle predelle in fondo trapungono gli
orli di un sopralletto, ascoltando l'istoria; e ciascuna
porta appeso alla cintura un alberello di vetro pieno
di perle minute e di stricche d'oro. Il sole del nascente
marzo batte su lo zendado chermisino e ne trae un
bagliore diffuso che accende i volti chinati all'opra
dell'ago. La schiava è presso al davanzale ed esplora
attentamente il cielo)
FRANCESCA
(leggendo)
E Galeotto dice: "Dama, abbiatene
Pietà." "Ne avrò" dice ella "tal pietà,
Come vorrete; ma non richiede
Di niente... "
(Le donne ridono. Francesca si getta
su i cuscini di sciamito, torbida e molle
GARSENDA
Madonna, Come mai era tanto vergognoso
Il cavaliere Lancillotto?
BIANCOFIORE
Mentre la povera reina si struggeva
Di dargli quello ch'ei non dimandava!
DONELLA
Dirgli doveva: "O cavalier valente,
Vostra malinconia non val niente."
FRANCESCA
Donella, taci! Stanca
Sono di trastullarmi con le vostre
Ciance. Smaragdi, lo sparviero torna?
LA SCHIAVA
Dama, non torna: s'è sviato.
(Francesca si sporge dalla finestra e spia)
DONELLA
Si perderà, Madonna.
Male faceste a togliergli la lunga.
FRANCESCA
Corri, Donella,
Dallo strozziere e digli l'avvenuto,
Che lo cerchi per tutto.
(Donella lascia l'ago e s'invola)
BIANCOFIORE
(come intonando una canzone a ballo)
"Nova in calen di marzo
O rondine, che vieni
Dai reami sereni d'oltremare"...
FRANCESCA
Oh, sì, sì, Biancofiore,
La musica, la musica!
(La donne si levano leste a ripiegare lo zendado)
Cerca di Simonetto, Biancofiore.
BIANCOFIORE
Sì, Madonna.
FRANCESCA
E voglio una ghirlanda di violette.
Oggi è calen di marzo.
BIANCOFIORE
Voi l'avrete, Madonna, e leggiadra.
FRANCESCA
Andatevi con Dio.
(Scono tutte)
Scena Seconda
(Francesca si volge alla schiava che
spia ancora il cielo per la finestra)
FRANCESCA
O Smaragdi, non torna?
LA SCHIAVA
Dama, non torna.
Non ti rammaricare.
FRANCESCA
Ah, Smaragdi, che vino mi recasti
Quella sera, alla Torre Mastra,
quando La città era ed arme?
Affatturato?
LA SCHIAVA
Dama, che dici?
FRANCESCA
Come se tu recato avessi un beveraggio
Perfido, i! mal s'apprese
Alle vene di quelli che ne bevvero,
E la mia sorte si rincrudeli.
LA SCHIAVA
Calpestami! Calpestami! Tra due
Pietre schiacciami il capo.
FRANCESCA
Su, levati!
Non hai colpa, mia colpa.
Ah ragione mia, reggi
E non dare la volta!
Chi mi possiede? Un demone mi tiene.
Non so pregare, non so più pregare.
LA SCHIAVA
Vuoi che lo chiami?
FRANCESCA
Chi?
L'hai tu veduto montare a cavallo,
Messer Giovanni?
LA SCHIAVA
Sì, dama, col vecchio
E con Messer Malatestino.
FRANCESCA
Io n'ho paura. Guardami da lui!
LA SCHIAVA
Di chi paura hai tu, dama?
FRANCESCA
Paura ho di Malatestino.
LA SCHIAVA
Ti spaventa forse quell'occhio suo cieco?
FRANCESCA
No, l'altro, quello che vede. È terribile.
LA SCHIAVA
Dama, non disperare! Ascolta, ascolta.
Io getterò una sorte su chi ti fa paura.
Conosco il beveraggio che allontana
E dismemora. Tu glie l'offrirai...
T'insegnerò l'incanto...
(Irrompono nella stanza le donne, seguite dai musici.
Donella porta quattro ghirlandette di narcisi bianchi,
sospese a un filo d'oro che insieme le lega)
Scena Terza
DONELLA
Abbiamo i sonatori
Per la canzone e ballo,
Con cennamella piffero liuto
Ribecco e monacordo.
(Eretta fra le cortine, Francesca guarda
come trasognata e non sorride nè parla)
BIANCOFIORE
Et ecco la ghirlanda di violette.
(Le offre la ghirlanda, con un atto di grazia)
Possa malinconia con ciò passare!
(Francesca la prende, mentre Altichiara toglie dal
deschetto lo specchio e lo fien levato dinanzi al viso di
lei che s'inghirlanda. La schiava lentamente scompare
dall'uscio)
GARSENDA
Oggi è calen di marzo! Il canto vuol
Ballo, e il ballo, vuol canto.
Su, Simonetto, intona!
(I musici sulla tribuna cominciano un preludio.
Donella scioglie il filo d'oro e distribuisce le ghirlande
di narcisi alle compagne, che s'inghirlandano: e tiene
per sè l'una che porta due alette di rondine, segno
d'officio singolare. Biancofiore trae da una reticella
quattro rondini di legno dipinto che hanno sotto il petto
una specie di manico breve, e ne dà una a ciascuna compagna:
la quale, atteggiandosi alla danza, la
tiene impugnata e sollevata nella sinistra mano)
BIANCOFIORE, GARSENDA
Marzo è giunto e febbraio
Gito se n'è col ghiado.
Or lasceremo il vaio
Per veste di zendado.
E andrem passando a guado
Acque di rii novelli
Tra chinati arboscelli verzicanti,
Con stromenti e con canti in compagnia
Di pesti drudi, o nella prateria
Iscegliendo viole
Ove redole più l'erba, de' nudi
Piedi che al sole v'ebbe Primavera.
ALTICHIARA, DONELLA
Deh creatura allegra,
Conduci, questa danza
In veste bianca e negra
Com'è tua costumanza.
Poi fa qui dimoranza
Nella camera adorna
Ch'è chiara, quando aggiorna e quando annotta
Per l'Istoria d'Isotta fior d'Irlanda,
Che vi si vede; e sieti una ghirlanda
Nido, nè ti rincresca,
Poichè la fresca donna che qui siede
Non è Francesca ma sì...
(Le danzatrici con rapido giro si volgono tutte a
Francesca disponendosi in una fila a tenendo l'una
mano, che tiene la rondine, e l'altra verso di lei; e
cantano insieme l'ultima parola della stanza)
TUTTE
Primavera!
(Al principiare della volta riappare su l'uscio la
schiava. Mentre i musici fanno la chiusa, ella si
avvicina lestamente alla dama e le sussurra qualcosa
che subito la turba ed agita)
FRANCESCA
Andate in allegrezza per la corte,
Fino a vespro. Conducili, Donella.
Felice primavera!
(I musici discendono dal coretto sonando ed escono.
Le donne inchiano la dama e van dietro ai suoni,
con sussurri, con risa. La schiava rimane. Francesca
s'abbandona alla sua ansietà. Dà qualche passo per
la stanza, smarritamente. Con un molto subitaneo, va
a chiudere le cortine dell'alcova, che sono disgiunte
e lasciano intravedere il letto. Poi si accosta al leggio,
getta uno sguardo al libro aperto; ma nel volgersi,
con un lembo del suo vestimento ella smuove il liuto
che cade e geme a terra. Trasale, sgomentata)
No, Smaragdi, no! Va, va corri e digli
Che non venga!
(S'odono i suoni lontanare. La schiava va verso la
porta. Francesca fa un gesto verso di lei come per
trattenerla)
Smaragdi!
(La schiava esce. Dopo alcuni attimi, una mano
solleva la portiera; e appare Paolo Malatesta.
L 'uscio dietro di lui si chiude)
Scena Quarta
(I due cognati si guardano, nel primo istante, senza
trovar parola, entrambi scolorando. Ancora s'odono
i suoni lontanare per il palagio. Dalla finestra la
camera s'inaura del giorno che declina)
FRANCESCA
Benvenuto, signore mio cognato.
PAOLO
Ecco, sono venuto, avendo udito
I suoni, per portavi il mio saluto,
Il saluto del mio ritorno.
FRANCESCA
Assai presto siete tornato: con la prima
Rondine. Le mie donne
Eran qui che cantavan la ballata
Per Salutare il marzo.
PAOLO
Di voi, Francesca,
Novelle mai non m'ebbi
Laggiù. Nulla più seppi
Di voi, da quella sera perigliosa
Che m'offriste una coppa di vino
E mi diceste addio
Con la buona ventura.
FRANCESCA
Non m'è nella memoria
Questo, signore. Io ho molto pregato.
PAOLO
Non vi sovviene?
FRANCESCA
Io ho molto pregato.
PAOLO
Io ho molto sofferto.
FRANCESCA
Paolo, datemi pace!
E' dolce cosa vivere obliando,
Almeno un'ora, fuor della tempesta
Che ci affatica.
Non richiamate, prego,
L'ombra del tempo in questa fresca luce
Che alfine mi disseta.
Pace in questo mare
Che tanto era selvaggio
Ieri, et oggi è come la perla. Datemi,
Datemi pace!
PAOLO
Inghirlandata
Di violette m'appariste ieri
A una sosta, in un prato
Dove mi ritrovai
Io solo, dilungandomi gran tratto
Dalla scorta. Appariste
Con le viole; e vi tornò sul labbro
Una parola che da voi fu detta:
Perdonato ti sia con grande amore!
FRANCESCA
Tal parola fu detta,
E la gioia perfetta se n'attende...
Ora sedete qui alla finestra.
Sedete qui. Parlatemi di voi.
Come avete vissuto?
PAOLO
Perchè volete voi
Ch'io rinnovi nel cuore la miseria
Mi fu a noia e spiacque
Tutto ch'altrui piaceva.
Nemica ebbi la luce.
Amica ebbi la notte.
Nata e dal fondo dell'eterna doglia,
Simile alla sorgente che disserta
E simile alla fiamma che riarde,
Freschezza e incendio, lenimento e piaga,
Or torbida ruggente come fiaccola,
Or mite come lampada,
Una visitatrice
Si chinava su me,
quasi a nudrirsi
Dell'assidua mia veglia;
E, quando si partiva
Al tremar delle stelle,
Non più fuoco nè fonte
Era, ma il vostro viso...
FRANCESCA
Ah, Paolo, Paolo!
PAOLO
Il vostro viso
Mostrava ella nudato al mio dolore.
FRANCESCA
Paolo, se perdonato
Vi fu, perchè vi rilampeggia ancora
Sotto i cigli la colpa?
Ahi, che già sento all'arido
Fiato sfiorir la primavera nostra!
(Ella si toglie dal capo la ghirlanda e
la pone sul libro aperto ch'è da presso)
PAOLO
Ora perchè vi togliete dal capo
La ghirlanda?
FRANCESCA
Ho sentito che già non è più fresca!
(Paolo s'accosta al leggio e si china sul libro)
PAOLO
Ah la parola che i miei occhi incontrano!
E Galeotto dice: "Dama, abbiatene
Pietà" "Ne avrò" dice ella "tal pietà,
Come vorrete; ma non mi richiede
Di niente... " Volete seguitare?
FRANCESCA
Guardate il mare come si fa bianco!
PAOLO
Leggiamo qualche pagina, Francesca!
(leggendo)
"Certamente, dama" dice Allor Galeotto,
"ei non si ardisce, nè vi domanderà
mai cosa alcuna per amore, perchè teme."
Et essa dice...
(Paolo trae leggermente Francesca per la mano)
Ora leggete voi
Quel ch'essa dice. Siate voi Ginevra.
(Le loro fronti si avvicinano chinandosi sul libro)
"Certamente"...
FRANCESCA
(leggendo)
"Certamente, dice essa, io gli prometto;
Ma che egli sia mio et io tutta sua,
E che emendate sien tutte le cose
Mal fatte... " Basta, Paolo.
PAOLO
No! No! Leggete ancora. Continuate!
(I loro volti pallidi sono chini sul libro,
così che le guance quasi si sfiorano)
FRANCESCA
(seguitando soffocatamente)
"E la reina vede il cavaliere
Che non ardisce di fare di più.
Tra le braccia lo serra e lungamente
Lo bacia in bocca..."
(Egli fa quell'atto istesso verso la cognata, e la bacia.
Quando le bocche si disgiungono, Francesca vacilla
e s'abbandona sui guanciali)
TUTTE
(lontanissime)
Ah! Primavera!
PAOLO
Francesca!
FRANCESCA
(con la voce spenta)
No, Paolo!
ATTO QUARTO
Parte Prima
(Sala del castello dei Malatesta a Rimini Appare una
sala ottagona, di pietra bigia, con cinque de suoi lati
in prospetto. In alto su la nudità della pietra, ricorre
un fregio di liocorni in campo d'oro. Nella parete
di fondo è un finestrone invetriato che guarda le
montagne, fornito di sedili nello strombo. Nella parete
che con quella fa angolo obliquo, a destra, è un usciolo
ferrato per ove si discende alle prigioni sotterranee.
Contro la corrispondente parete, a sinistra, è una
panca con alta spalliera, dinanzi a cui sta una tavola
lunga e stretta, apparecchiata di cibi e di vini. In
ciascuna delle altre due pareti a rimpetto è un uscio;
il sinistro, prossimo alla mensa, conduce alle camere
di Francesca; il destro, ai corridoi e alle scale. Torno
torno sono distribuiti torcieri di ferro; ai beccatelli
sono appesi budrieri, corregge, turcassi, pezzi
d'armatura diverse, e poggiate armi in asta; picche,
bigordi, spuntoni, verruti, mannaie, mazzafrusti)
Scena Prima
(Si vede Francesca seduta nel vano nel finestrone,
e Malatestino dall'Occhio in piedi davanti a lei)
FRANCESCA
Perchè tanto sei strano?
Avido d'ogni sangue tu sei, sempre in agguato,
Nemico a tutti. In ogni tua parola
È una minaccia oscura.
Dove nascesti?
Non ti diede latte la tua madre?
E cosi giovine sei!
MALATESTINO
Tu m'aizzi. Il pensiero
Di te m'aizzi l'animo, continuamente.
Sei l'ira mia.
(Francesca si leva ed esce dal vano della finestra come
per sfuggire ad un'insidia. Ella rimane presso il muro,
ove brillano le armi in asta, ordinate)
Ti stringerò ti stringerò alfine!
(Francesca, ritraendosi lungo il muro,
giunge all'usciolo ferrato cui dà le spalle)
FRANCESCA
Non mi toccare, forsennato, o chiamo
Il tuo fratello. Vattene! Ho pietà
Di te. Sei un fanciullo perverso.
MALATESTINO
Chi vuoi tu chiamare?
FRANCESCA
Il tuo fratello.
MALATESTINO
Quale!
(Francesca sussulta, udendo gingere dal profondo
un grido attraverso la porta ov'ella è addossata)
FRANCESCA
Chi grida? Hai udito?
MALATESTINO
Uno che deve morire.
FRANCESCA
Ah, non posso più udirlo! Anche la notte
Urla, urla come un lupo;
E giunge l'urlo fino alla mia stanza.
MALATESTINO
Ascolta me! Giovanni
Parte a vespro per la podesteria
Di Pesaro. Tu gli hai apparecchiato
Il viatico. Ascolta. Io posso dargli
Un ben altro viatico...
FRANCESCA
Che intendi?
Che intendi? Tu mi fai minaccia? O trami
Un tradimento contro il tuo fratello?
MALATESTINO
Tradimento! Io credea,
Mia cognata, che tal parola ardesse
Le vostre labbra; e veggo le vostre labbra immuni,
Ma un poco smorte. Il mio giudizio errò...
(S'ode di nuovo l'urlo del prigioniero)
FRANCESCA
(tremante di orrore)
Ah, come urla! Come urla!
Chi lo tormenta? Quale strazio nuovo
Hai trovato per lui?
Toglilo dal tormento!
Non voglio udirlo più.
MALATESTINO
Ecco, vado. Farò che voi abbiate
Una notte tranquilla, il più profondo sonno,
senza terrore, poi che stanotte dormirete sola...
(Egli si accosta alla parete e sceglie
tra le armi ordinate
una mannarina)
FRANCESCA
Che fai, Malatestino?
MALATESTINO
Giustiziere mi faccio,
Per vostra volontà, mia cognata.
(Esamina il filo dell'acciaro; poi apre la porta
ferrata il cui vano appare nero di tenebra)
FRANCESCA
Tu vai per ucciderlo? Troppo
Ti pare aver dimorato, ah feroce!
MALATESTINO
Francesca, ascolta,
Ascolta! Che la tua mano mi tocchi,
Che i tuoi capelli si pieghino ancora
Su la mia febbre, e...
(S'ode più lungo l'urlo di sotterra)
FRANCESCA
Orrore!
Orrore!
(Ella si ritrae nel vano della finestra, si siede, e
poggiati i cubiti su le ginocchia, pone la testa fra
le palme, fissa)
MALATESTINO
(bieco)
Tal sia di voi.
(Egli strappa da un torciere la torcia. Posa la mannaia
a terra, prende l'acciarino, lo batte e accende la torcia)
O cognata, buon vespro!
(La donna resta immobile, come se non udisse. Egli
raccatta l'arme ed entra nel buio, col suo tacito passo
felino, tenendo nella sinistra mano la torcia ardente.
Scompare. La piccola porta rimane aperta. Francesca
si leva a guarda per entro al vano dileguarsi il
bagliore. Subitamente corre alla soglia e chiude
rabbrividendo. L'uscio ferrato stride, nel silenzio.
Ella si volge e fa qualche passo lento, a capo chino,
come gravata da un grave peso)
FRANCESCA
(sommessamente, entro di sè)
Il più profondo sonno!
Scena Seconda
(Lo Sciancato entra tutto in arme.
Scorge la sua donna, e va a lei)
GIANCIOTTO
Mia cara donna, voi m'attendevate?
Perchè tremate e siete così smorta?
(Egli le prende le mani)
Gelida siete di paura. Perchè?
FRANCESCA
Malatestino era da poco entrato quando udì
Gridare il prigioniero;
E, nel vedermi sbigottita,
Fu preso d'ira e si precipitò
Per quella porta alla prigione, armato
D'una mannaia, risoluto a ucciderlo. Feroce
Egli è, quel fratel vostro, mio signore,
E non m'ama.
GIANCIOTTO
Perchè or dite che non v'ama?
FRANCESCA
Non so. Mi sembra.
GIANCIOTTO
Forse vi dimostrò mal animo?
FRANCESCA
Egli è un fanciullo; e, come Il giovane mastino,
Ha bisogno di mordere... Venite.
Signore, a ristorarvi
Prima di mettervi a cavallo.
GIANCIOTTO
Forse Malatestino...
FRANCESCA
Via, perchè pensate
A quel che dissi leggermente?
Venite a ristorarvi.
Prenderete la via della marina?
(Gianciotto è pensoso, mentre segue Francesca verso la
tavola apparecchiata. Si toglie il bacinetto, si sfibbia la
gorgiera, e dà gli arnesi alla donna che li depone su
una scranna con atti di subitanea grazia favellando)
Cavalcherete sotto la frescura.
Innanzi mezzanotte nascerà
La Luna. Quando giungerete a Pesaro,
Messere il Podestà?
GIANCIOTTO
Domani in su la terza.
(Egli si sfibbia il cingolo che sostiene
lo stocco, e la donna lo riceve)
FRANCESCA
E gran tempo dimorerete, senza tornare?
(S'ode il grido terribile di Montagna salire di sotterra.
Francesca trasale e lascia cadere lo stocco, che esce
dalla guaina)
GIANCIOTTO
È fatto. Non vi sbigottite,
Donna. Il silenzio viene.
Dio si prenda così
Tutte le teste dei nemici nostri.
(S'ode battere alla piccola porta ferrata. Francesca
balza in piedi, getta lo stocco su la mensa, e si volge
per uscire)
FRANCESCA
Torna Malatestino. Io non voglio vederlo.
LA VOCE DI MALATESTINO
Chi ha chiuso?
Cognata, siete là? M'avete chiuso?
(Batte più forte col piede)
GIANCIOTTO
Aspetta, aspetta, che t'apro.
LA VOCE DI MALATESTINO
Ah, Giovanni! Aprimi, che ti porto
un buon frutto maturo pel tuo viatico;
Un fico settembrino. E come pesa! Affrettati!
(Lo Sciancato va ad aprire. Francesca segue
con gli occhi per qualche attimo il passo di lui
claudicante; poi si ritrae verso la porta che
conduce alle sue stanze. Esce)
GIANCIOTTO
Ecco, vengo.
Scena Terza
(Gianciotto apre: ed appare sulla soglia angusta
Malatestino tenendo nella sinistra mano la torcia
accesa e reggendo, per il cappio di una legatura di
corda, la testa di Montagna avviluppata in un drappo)
MALATESTINO
(porgendo la torcia al fratello)
Tieni, fratello: spegnila.
(Gianciotto spegne la fiamma stridula
soffocandola sotto la pianta del piede)
Era teco la tua moglie?
GIANCIOTTO
(rudemente)
Era meco.
Che vuoi da lei?
MALATESTINO
Tu sai dunque che sia
Questo frutto ch'io porto alla tua mensa?
GIANCIOTTO
Non hai temuto di disobbedire al padre?
MALATESTINO
Senti come pesa! Senti!
(Egli porge il cappio allo Sciancato; il quale la prende
a prova, e poi lascia cadere il viluppo che fa un tonfo
sordo sul pavimento)
Fa caldo!
(Si asciuga la fronte sudata. Gianciotto
è di nuovo seduto a mensa)
Su, dammi da bere.
(Egli tracanna una coppa che è già piena. Gianciotto
è cupo in sembiante e mastica in silenzio, a capo chino,
senza inghiottire il boccone, muovendo la mascella
come il bue che ruguma. L'uccisore di Montagna si
siede là dov'era seduta Francesca. Il viluppo
sanguinoso è immobile sul pavimento. Pel finestrone
vi vede il sole calare sopra l'Appennino affocando le
vette a le nuvole)
Sei crucciato? Non ti crucciare meco, Giovanni.
Io ti son fido. Tu ti chiami Gianciotto
Et io son quel dall'Occhio...
(Si tace un instante, perfidamente)
Ma Paolo è il Bello!
(Gianciotto leva il capo e fissa gli occhi in faccia all
giovinetto. Nel silenzio s'ode tintinnire lo sperone al
piede ch'egli agita sul pavimento)
GIANCIOTTO
Ciarliero sei divenuto anche tu.
(Malatestino fa l'atto di versarsi
altro vino. Il fratello gli trattiene il polso)
Non bere. Ma rispondimi. Che cosa
Hai tu fatto a Francesca?
MALATESTINO
Io? Che ti disse mai ella?
GIANCIOTTO
Hai mutato di colore.
MALATESTINO
Che mai tu disse?
GIANCIOTTO
Ma rispondimi!
MALATESTINO
(simulando di smarrirsi)
Io... non posso risponderti.
GIANCIOTTO
Bada, Malatestino!
Guai a chi tocca la mia donna!
MALATESTINO
(con voce sorda e ciglio basso)
E se il fratello vede che taluno
Tocca la donna del fratello, e n'ha
Sdegno, e s'adopra perchè l'onta cessi,
Dimmi, pecca egli?
E se, per questo, accusato è d'avere
Contro alla donna mal animo, dimmi:
Giusta è l'accusa?
(Gianciotto sobbalza terribile, ed alza i pugni
come per schiacciare il giovinetto. Ma si contiene:
le braccia gli ricadono)
GIANCIOTTO
Malatestino, castigo d'inferno,
Se non vuoi ch'io ti strappi
L'altr'occhio per cui l'anima tua bieca
Offende il mondo, parla!
(Malatestino s'alza e va, col suo tacito passo felino,
alla porta che è presso la tavola. Sta in ascolto per
alcuni attimi; poi apre l'uscio repentinamente, con
un gesto rapidissimo, e guata. Non scopre nessuno.
Torna a porsi di contro al fratello)
Parla!
MALATESTINO
Non ti stupisti quando taluno, che partitosi era
In dicembre, improvviso abbandonò
L'ufficio del Comune
Et a febbraio era già di ritorno?
(S'ode scricchiolare una delle coppe d'argento,
che si schiaccia nel pugno dello Sciancato)
GIANCIOTTO
Paolo? No, No! Non è.
(Egli si leva in piedi, si toglie dalla tavola; ed erra per
la stanza, torvo, con lo sguardo annebbiato. Urta a
caso contro i viluppo funebre. Va verso il finestrone le
cui vetrate lampeggiano nel tramonto afoso. Si siede
sul sedile e si prende la testa fra le mani come per
raccogliere il pensiero in un punto. Malatestino intanto
gioca con lo stocco, sguainando a mezzo e ringuainando)
Malatestino. Vieni.
(Il giovinetta si accosta, leggiero e presto, senza alcun
strepito, quasi abbia i piedi fasciati di feltro. Gianciotto
lo avviluppa con le braccia, lo serra fra le sue
ginocchia, armate, gli parla con l'alito contro l'alito)
Sei certo? L'hai veduto?
MALATESTINO
Sì.
GIANCIOTTO
Come? Quando?
MALATESTINO
Più volte entrare...
GIANCIOTTO
Entrare dove?
MALATESTINO
Entrare nella camera...
GIANCIOTTO
E poi? Non basta. Egli è
Cognato. Intrattenersi può.
MALATESTINO
Di notte. Non mi far male, per Dio!
Non mi stringere così Lasciami!
(Egli si divincola, pieghevole)
GIANCIOTTO
Ho udito bene? Tu hai detto... Ripeti!
MALATESTINO
Sì, di notte, di notte l'ho veduto.
GIANCIOTTO
Ti fiacco le reni, se tu menti.
MALATESTINO
Di notte entrare, all'alba escire.
Vuoi tu vedere e toccare?
GIANCIOTTO
Bisogna, se ami scampare dalla mia tanaglia Mortale.
MALATESTINO
Vuoi stanotte?
GIANCIOTTO
Voglio!
Parte Seconda
(Riappare le camera adorna, con il letto incortinato,
con la tribuna dei musici, col leggio che regge il libro
chiuso. Quattro torchi di cera ardono su uno dei
candelieri di ferro; due doppieri ardono sul deschetto.
Le vetrate della finestra sono aperte alla notte serena.
Sul davanzale è il testo del basilico; e accanto è un
piatto dorato, pieno di grappoli d'uva novella)
Scena Prima
(Si vede Francesca, per mezzo alle cortine disgiunte,
supina sul letto ove s'è distesa senza spogliarsi. Le
donne, bianco vestite, avvolte il viso di leggere bende
bianche, sono sedute su le predelle basse; e parlano
sommessamente per non destare la dama. Presso di
loro, su uno scannello, sono posate quattro lampadette
d'argento spente)
ADONELLA
L'ha colto il sonno. Dorme.
BIANCAFIORE
Sì dorme. Ah, com'è bella!
Questa notte Madonna non ci fa cantare.
ALTICHIARA
È stanca.
ADONELLA
Il prigioniero non urla più.
GARSENDA
Messer Malatestino gli ha tagliata la testa.
ALTICHIARA
Dici il vero?
GARSENDA
Si, oggi, innanzi vespro.
ALTICHIARA
Come lo sai?
GARSENDA
Me l'ha detto Smaragdi.
ADONELLA
Ora cavalcano per la marina,
Sotto le stelle, con quella testa mozza!
GARSENDA
Ah, si respira in questa casa,
Or che se ne sono iti lo zoppo e l'orbo!
Scena Seconda
(Francesca getta un grido di spavento, balza dal letto
e fa l'atto di fuggire come inseguita selvaggiamente,
agitando le mani su i fianchi come per liberarsi dalla
presa)
FRANCESCA
Oh! No, no! Non son io! Non son io!
Ahi! Ahi! M'azzannano, aiuto!
Mi strappano il cuore, aiutami, Paolo!
(Ella sussulta, s'arresta e torna in sè, pallida,
affannata, mentre le donne le sono intorno sbigo
ttite a confortarla)
GARSENDA
Madonna, Madonna, noi siamo qui.
Vedete, Madonna, siamo noi.
ALTICHIARA
Non vi prendete spavento.
ADONELLA
Non c'è nessuno. Siamo noi qui.
Nessuno vi fa male, Madonna.
FRANCESCA
Che ho detta? Ho chiamato?
Che ho fatto, mio Dio?
ADONELLA
Avete fatto qualche sogno tristo, Madonna.
GARSENDA
Ora è finito. Siamo noi qui.
Tutto è in pace.
FRANCESCA
È tardi?
GARSENDA
Saranno forse quattr'ore di notte.
ADONELLA
Volete, Madonna,
acconciarvi il capo per la notte?
FRANCESCA
No, non ho più sonno. Aspetterò.
GARSENDA
Sciogliervi i calzaretti?
ADONELLA
Profumarvi?
FRANCESCA
No, voglio rimaner così.
Non ho più sonno. Andate, andate.
Intanto io leggerò.
Togli un doppiere, Garsenda. Ora andate.
Tutte bianche siete!
(Francesca apre il libro. Ciascuna delle bianco
vestite toglie la sua lampadetta d'argento sospesa a
uno stelo uncinato. Donella per la prima va verso
l'alto candeliere e sollevandosi su la punta dei piedi,
accende il lucignolo a uno dei torchi, S'inchina ed esce,
mentre Francesca la segue con gli occhi. Garsenda fa
il medesimo atto. Altichiara fa il medesimo. Escono
tutti. Ultima resta Biancofiore; ed ella anche fa l'atto
d'accendere la sua lampada; ma com'è più piccola
delle altre, non giunge alla fiammella del torchio)
FRANCESCA
O Biancofiore, piccola tu sei!
Non arrivi ad accendere la tua lampadetta.
Tu sei la più tenera, piccola colomba!
(Biancofiore si volge sorridente)
Vieni.
(La giovine si appressa. Francesca
le accarezza i capelli)
Come sei bionda!
Tu somigli la mia Samaritana,
Ti ricordi tu di Samaritana?
BIANCAFIORE
Sì, Madonna.
La sua dolcezza non s'oblia. Nel cuore
Serbata io l'ho, con gli angeli.
FRANCESCA
Era dolce
La mia sorella, è vero, Biancofiore?
Ah, s'io l'avessi meco, se stanotte ella
Facesse il suo piccolo letto accanto al mio!
BIANCAFIORE
Voi piangete, Madonna.
FRANCESCA
Sùbito sbigottiva anch'ella, e udivo
Batterle il cuore. E diceva: "O sorella
Odimi: resta ancora con me! Resta
Con me, dove nascemmo!
Non te n'andare! Non m'abbandonare!"
BIANCAFIORE
O Madonna, Madonna, il cuore mi passate,
quale malinconia vi tiene?
FRANCESCA
Va, non piangere!
Tenera sei. Accendi la tua lampada
E vattene con Dio.
(Biancofiore accende il lucignolo al doppiere,
e si china a baciare le mani di Francesca)
Via, non piangere. Passano i pensieri
Tristi. Tu canterai domani. Va.
(La giovine si volge verso la
porta e cammina lentamente)
BIANCAFIORE
Dio vi guardi, Madonna!
Scena Terza
(S'ode il rumore dell'uscio che si richiude. Francesca,
rimasta sola, muove qualche passo verso la portiera:
si sofferma, in ascolto)
FRANCESCA
E così vada s'è pur mio destino!
(Trasale udendo battere leggermente alla porta. Spegne
col soffio il doppiere; va anelante; chiama sommessa)
O Smaragdi! O Smaragdi!
LA VOCE DI PAOLO
Francesca!
(Ella apre con un gesto veemente. Con l'anelito
della sete ella si getta nelle braccia dell'amante)
Scena Quarta
FRANCESCA
Paolo! Paolo!
PAOLO
O mia vita, non fu mai tanto folle
Il desiderio mio di te. Sentivo
Già venir meno dentro al core gli spiriti
Che vivono degli occhi tuoi. La forza
Mi si perdeva nella notte, uscitami
Dal petto, come un fiume
Terribile di sangue fragorosa;
E paura ne avea l'anima mia.
(Più e più volte lei reclinata bacia
sui capelli appassionatamente)
FRANCESCA
Perdonami, perdonami!
Un sonno duro più d'una percossa
Mi spezzò l'anima
Come uno stelo e parvemi giacere
Su le pietre perduta.
Perdonami, perdonami,
Amico dolce! Risvegliata m'hai,
Liberata da ogni
Angoscia. E non è l'alba;
Le stelle non tramontano sul mare;
La state non è morta; e tu sei mio,
Et io son tutta tua,
E la gioia perfetta
È nell'ardore della nostra vita.
(L'amante la bacia e ribacia insaziabile)
PAOLO
Rabbrividisci?
FRANCESCA
Aperta è la porta, e vi passa
L'alito della notte. Non lo senti?
Chiudi la porta.
(Paolo chiude la porta)
PAOLO
Vieni, vieni, Francesca! Ore di gaudì
Lunghe ci son davanti.
Ti trarrò, ti trarrò dov'è l'oblio.
E la notte et il dì saran commisti
Sopra la terra come sopra un solo
Origliere. Più non avrà potere
Sul desiderio il tempo fatto schiavo.
(Egli trae Francesca verso i cuscini
di sciamito, presso il davanzale)
FRANCESCA
Baciami gli occhi, baciami le tempie
E le guance e la gola...
Tieni, e i posli e le dita...
Così... Prendimi l'anima e riversala.
PAOLO, FRANCESCA
Dammi la bocca.
Ancora! Ancora! Ancora!
(La donna è abbandonata su i guanciali, immemore,
vinta. A un tratto, nell'alto silenzio, un urto violento
scuote l'uscio, come se taluno vi dia di petto per
abbatterlo. Sbigottiti, gli amanti sobbalzano e si
levano)
LA VOCE DI GIANCIOTTO
Francesca, apri!
Francesca!
(La donna è impietrata dal terrore. Paolo cerca con gli
occhi intorno, tenendo la mano al pugnale. Lo sguardo
va al maniglio della cateratta)
PAOLO
(a bassa voce)
Fa cuore! Fa cuore! Io mi getto giù
Per quella cateratta, e tu vai ad aprirgli.
Ma non tremare!
(Egli apre la cateratta. L'uscio sembra schiantarsi agli
urti iterati. Paolo fa per gettarsi giù, mentre la donna
gli obbedisce e va ad aprire vacillando)
LA VOCE DI GIANCIOTTO
Apri, Francesca, pel tuo capo! Apri!
(Aperto l'uscio, Gianciotto tutto in arme e coperto di
polvere, si precipita nella camera furibondo, cercando
con gli occhi il fratello. Subito s'accorge che Paolo,
stando fuori del pavimento con il capo e le spalle, si
divincola ritenuto per la talda della sopravvesta a un
ferro de la cateratta. Francesca, a quella vista inattesa,
getta un grido acutissimo, mentre lo Sciancato si fa
sopra l'adultero e lo afferra per i capelli forzandolo a
risalire. La donna gli s'avventa al viso minacciosa)
FRANCESCA
Ah lascialo! Lascialo!
Me, me prendi! Eccomi!
(Il marito lascia la presa. Paolo balza dall'altra
parte della cateratta e snuda il pugnale. Lo Sciancato
indietreggia, sguaina lo stocco e gli si avventa addosso
con impeto terrible. Francesca in un baleno si getta
tramezzo ai due; ma, come il marito tutto si grava
sopra il colpo e non può ritenerlo, ella ha il petto
trapassato dal ferro, barcolla, gira su sè stessa
volgendosi a Paolo che lascia cadere il pugnale e
la riceve tra le braccia)
FRANCESCA
(morente)
Ah, Paolo!
(Lo Sciancato per un attimo s'arresta, vede la donna
stretta al cuore dell'amante che con le sue labbra le
suggella le labbra spiranti. Folle di dolore e di furore,
vibra al fianco del fratello un altro colpo mortale. I due
corpi allacciati vacillano accennando di cadere: non
danno un gemito; senza sciogliersi, piombano sul
pavimento. Lo Sciancato si curva in silenzio, piega
con pena uno de'ginocchi; su l'altro spezza lo stocco
sanguinoso)
|
ACTO PRIMERO
(Rávena; patio del palacio de los Polentani
contiguo a un jardín. Por la parte alta corre
una galería que comunica con los aposentos
de las damas y que de frente está sostenida por
pequeños pilares y muestra una doble vista.
Una escalinata a la izquierda; a la derecha,
una gran puerta y una ventana enrejada por la
que se distingue una serie de arcadas que rodean
otro patio más amplio. Junto a la escalinata hay
un arcón bizantino, sin tapa, lleno de tierra como
un macetero donde florece un rosal rojo)
Escena Primera
(Se ve a las mujeres asomarse a la galería con
curiosidad, y luego, descender señalando al
juglar que lleva su viola colgada a un costado
y en su mano un viejo jubón)
GARSENDA
¡Oh Donnella, Donella,
el juglar está en el patio!
¡Biancafiore, está el juglar! ¡Ha venido!
BIANCAFIORE
¡Hagámoslo cantar!
ALTICHIARA
Dinos, ¿eres tú ese Gianni...?
EL JUGLAR
Mis dulces damas...
ALTICHIARA
¿Eres tú ese Gianni que debía venir de Bolonia?
¿Gian Figo?
GARSENDA
¿Eres Gordello, el de Ferrara?
EL JUGLAR
Mis bellas damas, ¿no tendrían…?
GARSENDA
¿Qué? ¿Un poco de tocino?
EL JUGLAR
¿No tendrían un poco de tela escarlata?
DONELLA
¿Estás bromeando?
BIANCAFIORE
Pero tú ¿quién eres? ¿Eres Gianni...?
ALTICHIARA
¡Oh, Biancafiore, mira como está vestido!
Su casaca no concuerda con el calzado.
GARSENDA
¡Oh, míralo, Donella!
¡Sólo lleva puestos los pantalones!
BIANCAFIORE
¡Mira, mira, Altichiara,
lo que tiene en la mano!
ALTICHIARA
Es una vieja capa.
GARSENDA
Pero no, si es una túnica romañola.
ALTICHIARA
Entonces tú eres Gordello y no Gian Figo.
DONELLA
Pero no, si ése es un judío.
ALTICHIARA
¿Vendes ropas viejas? ¿Canciones?
DONELLA
Dinos, ¿qué traes?
¿Retazos de tela o baladas?
BIANCAFIORE
¡Basta de bromas, Mona Berta!
Veamos ahora si sabe cantar.
¡Vamos, Juglar,
cántanos una bella canción!
Madonna Francesca sabe una muy bella
que comienza así: "Maravillosamente
un amor me ha cautivado". ¿La sabes tú?
EL JUGLAR
Sí, la cantaré, si tienen
un poco de paño escarlata.
ALTICHIARA
Pero ¿qué quieres hacer con el paño escarlata?
DONELLA
¡Alerta, estemos alerta!
EL JUGLAR
Quisiera encarecidamente
que ustedes me remendaran
esta casaca.
LAS MUJERES
¡Oh, qué buena suerte!
Entonces ¿quieres remendar este jubón
con un retazo de paño escarlata?
EL JUGLAR
¡Si ustedes lo tienen, háganme por favor
este servicio! Tiene una rotura en el pecho
y otra en el codo: aquí están.
¿Tienen dos retazos de tela?
LAS MUJERES
Sí, tenemos bastante tela;
y te la arreglaremos si nos cantas.
EL JUGLAR
Sé la historia de todos los caballeros
y de todas sus grandes hazañas
que se llevaron a cabo en tiempos
del rey Arturo, y especialmente sé
la del señor Tristán,
la del señor Lancelot del Lago
y la del señor Pércival, el galés, que probó
la sangre de nuestro señor Jesucristo.
Así mismo conozco la de Galaad, la de Gavián,
y la de muchos otros. Conozco todas.
LAS MUJERES
¡Oh, qué buena suerte tienes!
Se lo diremos a la señora Francesca
que tanto se deleita con ellas, y ella, seguramente,
te recompensará en abundancia, juglar.
EL JUGLAR
Me dará los sobrantes.
GARSENDA
¿Qué sobrantes?
EL JUGLAR
Los sobrantes de los dos retazos escarlata.
DONELLA
Tendrás muchas otras cosas;
grandísimas recompensas.
Ponte contento, porque ella está por casarse.
El señor Guido la casará con un Malatesta.
LAS MUJERES
¡Canta, mientras tanto para nosotras!
¡Somos todo oído!
(Todas se acercan y
rodean al juglar
que se dispone enunciar el argumento)
EL JUGLAR
De como Morgana manda al rey Arturo
el escudo que predice el gran amor
del buen Tristán y de la hermosa Isolda.
Y de como Isolda bebe con Tristán
el brebaje que su madre Lotta
ha destinado para ella y al rey Marco.
Y de como el brebaje es tan perfecto
que a los amantes conduce a la muerte.
(Las mujeres escuchan. El juglar
preludia con su viola y canta)
"Y cuando llegó el alba del nuevo día,
el rey Marco y el buen Tristán se levantaron... "
LA VOZ DE OSTASIO
(desde el patio interno)
Dígale al ladrón de Pugliese,
¡Dígale que me lavaré las manos
y los pies con su sangre!
ALTICHIARA
¡Ahí llega el señor Ostasio!
LAS MUJERES
¡Vamos! ¡Vamos!
(El grupo de mujeres se dispersa de inmediato.
Todas huyen por la escalinata entre risas y gritos;
recorren la galería y desaparecen)
EL JUGLAR
¡Mi jubón!
¡Les recuerdo mi jubón
y los retazos escarlata!
ALTICHIARA
(asomándose desde lo alto de la galería)
Regresa alrededor de las tres,
que estará terminado.
(Salen)
Escena Segunda
(Entra Ostasio da Polenta por la gran puerta del
patio, en compañía del señor Toldo Berardengo)
OSTASIO
(agarrando al asustado Juglar)
¿Qué haces aquí bribón?
¿Con quién hablabas? ¿Con las mujeres?
¿Cómo has llegado? ¡Respóndeme!
¿Eres un vasallo del señor Paolo Malatesta?
¡Vamos, respóndeme!
EL JUGLAR
Señor mío, usted me aprieta demasiado. ¡Ay!
OSTASIO
¿Has venido con el caballero Paolo?
EL JUGLAR
No, mi señor.
OSTASIO
¡Mientes!
EL JUGLAR
Sí mi señor.
OSTASIO
Hablabas con las damas. ¿Qué les decías?
Seguro que hablabas del caballero Paolo...
¿Que decías?
EL JUGLAR
¡No, mi señor, hablaba del caballero Tristán!
OSTASIO
¿Nunca estuviste con los Malatestas,
en Rímini?
EL JUGLAR
¡No, nunca, mi señor!
OSTASIO
¿No conoces al caballero Paolo, el Bello?
EL JUGLAR
¡Por desgracia jamás lo conocí!
(Salen)
Escena Tercera
(Iracundo y cargado de sospechas, Ostasio
conduce a Toldo junto al arcón)
OSTASIO
Estos juglares y cortesanos
son la peste de Romaña.
Son peor que la canalla imperial.
Lengua de mujeres, lo saben todo,
lo cuentan todo y van por el mundo
difundiendo historias y chismes.
Si este fuese un juglar
de los Malatestas,
las mujeres ya sabrían sobre Paolo.
Y entonces sería inútil la estratagema
que usted, señor Toldo,
como gran erudito que es,
me ha aconsejado.
TOLDO
Leva tan miserables arneses
que no me hace sospechar que sea
un seguidor de un caballero tan gentil
como es Paolo, que tiene por costumbre
ser generoso con esa gente. Pero, no obstante,
usted hizo bien en hacerlo callar.
OSTASIO
Ciertamente no tendremos paz,
antes de que el matrimonio se concrete.
Y me temo, señor Toldo,
que puede producirse algún escándalo.
TOLDO
No obstante, usted debe saber
cómo es su hermana,
y qué espíritu tan altanero posee.
Y si ella ve a Gianciotto,
así como es, rengo y grosero,
con esos ojos de demonio enfurecido,
antes de que el contrato
de sus esponsales sea firmado,
ni el padre, ni usted, ni nadie,
podrá hacer jamás
que ella lo acepte por esposo.
Entonces, si verdaderamente
le importa este casamiento,
me parece que no hay otro modo
de actuar que como le he dicho.
Y dado que Paolo Malatesta ha llegado aquí
como procurador de Gianciotto
con plenos poderes
para desposarlo con la señora Francesca,
me parece que si se quiere lograr la paz,
hay que concretar la boda
sin demora alguna.
OSTASIO
Tiene razón, señor Toldo,
nos conviene evitar toda demora.
Esta noche regresa
mi padre de Valdoppio y haremos
que para mañana esté todo dispuesto.
SER TOLDO
Muy bien, señor Ostasio.
OSTASIO
Venga conmigo, señor Toldo,
Paolo Malatesta nos está esperando.
(Salen)
Escena Cuarta
(Se oye el canto de las damas)
CORO DE LAS DAMAS
¡Ay de mí, que ahora experimento
lo que es un excesivo amor! ¡Hay de mí!
¡Ay de mí! Es un ardor
que me quema el corazón ¡Ay de mí!
(Se ve salir de las habitaciones y pasear por la
galería a Francesca y a Samaritana, tomadas
mutuamente por la cintura)
FRANCESCA
(deteniéndose en la escalera)
El amor las hace cantar.
(Deja caer hacia atrás su cabeza como
abandonándose a la melodía, suave y palpitante)
LAS MUJERES
¡Ay de mí, qué penar tan atroz
se reserva para mi triste corazón! ¡Ay de mí!
(Francesca retira su brazo de la cintura de su
hermana y se aleja un poco de ella mientras
que Samaritana desciende un escalón)
FRANCESCA
(absorta)
Como el agua que corre,
que corre, que corre, sin que los ojos lo adviertan,
así mi alma...
LAS MUJERES
¡Ay de mí, qué acerbo dolor para mi vida!
¡Ay de mí!
SAMARITANA
(con un imprevisto temor, acercándose
a su hermana)
Francesca, ¿dónde irás?
¿Quién te separa de mí?
FRANCESCA
¡Ah, me vuelves a la realidad!
SAMARITANA
¡Oh hermana, hermana!
¡Óyeme; quédate conmigo!
¡Quédate conmigo, aquí donde nacimos!
¡No te vayas! ¡No me abandones!
¡Que siempre pueda hacer mi cama
junto a la tuya!
¡Que en la noche te note a mi lado!
FRANCESCA
¡Él ha llegado!
SAMARITANA
¿Quién? ¿Quién te aleja de mí?
FRANCESCA
Ha llegado hermana.
SAMARITANA
No tiene nombre ni rostro.
Jamás lo hemos visto.
FRANCESCA
Quizás yo lo vi.
SAMARITANA
¿Tú? ¿Cuándo?
Nunca me he separado de ti,
de tu respiración.
Mis ojos non han visto más que por tus ojos.
¿Dónde pudiste haberlo visto
sin que yo lo hiciera?
FRANCESCA
Paz, alma querida, pequeña paloma.
¿Por qué estás tan turbada? Paz.
¡Mantente tranquila!
Muy pronto llegará también tu día
y volarás de nuestro nido.
Y ya nunca al alba te oiré en mis sueños
correr descalza a la ventana.
Nunca más te veré con los blancos pies desnudos
correr hacia la ventana ¡oh, pequeña paloma!
y nunca más te oiré decir:
"Francesca, ha nacido el lucero de la mañana
y las Pléyades se van."
(Biancafiore, Garsenda, Donella y Altichiara
salen de las habitaciones y se detienen en la
galería luminosa mirando el jardín que se
extiende más allá, en actitud de estar espiando)
SAMARITANA
Y viviremos ¡ay de mí!
viviremos a pesar de todo.
¡Y el tiempo huirá, huirá para siempre!
FRANCESCA
Y moriremos ¡ay de mí!
moriremos a pesar de todo.
¡Y el tiempo huirá,
huirá siempre!
SAMARITANA
¡Oh Francesca, haces que mi corazón sufra!
Todo mi ser
tiembla de espanto.
BIANCAFIORE
(desde la galería)
¡Oh, señora Francesca!
DONELLA
¡Venga, señora Francesca!
FRANCESCA
¿Quién me llama?
DONELLA
¡Venga pronto! ¡Corra!
ALTICHIARA
¡Venga, pronto señora Francesca!
¡Venga a ver!
DONELLA
¡Corra! ¡Está pasando su prometido!
BIANCAFIORE
¡Allí está! ¡Paseando por el patio
junto a su hermano de usted!
ALTICHIARA
¡Pronto, pronto, señora Francesca! ¡Corra!
¡Es él, es él!
(Francesca sube corriendo por la escalera.
Samaritana trata de seguirla pero se detiene
sin aliento)
GARSENDA
(señalando al hombre al que Francesca mira)
¡Oh, qué afortunada, qué afortunada!
Es el más hermoso caballero del mundo.
BIANCAFIORE
¡Es alto! ¡Es esbelto! ¡Y tiene un porte real!
DONELLA
¡Y qué blancos son sus dientes!
¿No lo has visto? ¿No lo has visto?
GARSENDA
¡Oh, qué afortunada sería aquella
que besara su boca!
FRANCESCA
¡Callaros!
ALTICHIARA
¡Ya se marcha! Está pasando por el pórtico.
FRANCESCA
¡Ah, callaros, callaros!
(Se cubre la cara con las manos; luego se
descubre y parece transfigurada. Desciende
lentamente los primeros escalones, luego, con
rapidez, repentinamente, se arroja en los brazos
de sus damas que la esperan al pie de la escalera.
Las mujeres forman una ronda en la galería)
EL CORO DE DAMAS
¡Oh, dátil frondoso!
¡Oh, mi noble amor!
Ahora ¿qué quieres que haga?
(Francesca, abrazada por su hermana,
rompe a llorar. Las mujeres interrumpen
su canto)
ALTICHIARA
La señora llora.
DONELLA
¡Oh, está llorando!
¿Por qué llora?
BIANCAFIORE
Porque el corazón le duele de alegría.
GARSENDA
¡Su corazón ha sido traspasado!
¡Ah, si ella es hermosa, él lo es más!
¡Malatesta!
(Las mujeres se dispersan por la galería. Algunas
entran en las habitaciones. Otras se quedan
mirando y hablan en voz baja, moviéndose
sigilosamente. Francesca ha levantado su rostro
lloroso iluminándolo con una repentina sonrisa)
SAMARITANA
¡Oh, Francesca, Francesca del alma mía!
¿A quién has visto? ¿A quién has visto?
FRANCESCA
¿A quién he visto?
¡Ah, ahora, tú,
abrázame, querida hermana,
ahora abrázame!
Llévame a la alcoba
y cierra la ventana;
y dame un poco de abrigo;
y dame un sorbo de agua;
y tiéndeme sobre tu cama;
y cúbreme con un velo;
y haz callar los gritos,
¡apacigua los gritos y el tumulto
que hay en mi alma!
GARSENDA
(irrumpiendo en la galería precipitadamente)
¡Ya viene! ¡Ya viene, señora Francesca!
¡Ahí llega! ¡Por el jardín!
(Llegan Biancafiore, Donella, Altichiara
y otras damas, curiosas y alegres. Todas
llevan guirnaldas en la cabeza. Así mismo
entran tres doncellas que tocan el laúd, la
viola y el pífano)
FRANCESCA
(pálida de miedo y como fuera de sí)
¡No, no! ¡Corred!
¡Id, que no venga!
¡No! ¡Corred!
¡Id a su encuentro!
¡Corred a su encuentro,
y decidle que lo saludo!
LAS MUJERES
¡Ahí está! ¡Ahí está!
¡Ya está aquí, ya está aquí!
(Sostenida por su hermana, Francesca trata
de subir la escalera, pero ve de cerca del otro
lado del cerramiento a Paolo Malatesta que
llega. Ambos quedan inmóviles, uno frente al
otro, separados por la verja. Los músicos
comienzan a tocar sus instrumentos. Las
mujeres descienden al patio y se disponen
en semicírculo detrás de Francesca)
DAMAS
Por la tierra de mayo
el arquero rastrea
buscando sus víveres.
En el banquete campestre
de una comarca lejana
un corazón se pregunta...
(Francesca se separa de su hermana y va
lentamente hacia el arcón. Toma un gran
rosa roja ,luego se da la vuelta y por encima
del cerramiento se la ofrece a Paolo Malatesta.
Samaritana bajando la cabeza sube la escalera
llorando. Las damas continúan cantando
ACTO SEGUNDO
(Se observa la plataforma de una torre del
castillo de los Malatesta en Rímini. Dos
escaleras laterales de diez peldaños conducen
desde la base de la terraza hasta dicha
plataforma; una tercera escalera, entre las
dos anteriores, lleva hasta el suelo pasando
por una puerta trampa. Se distinguen las
murallas de los Güelfos con artillería y una
gran catapulta que sobresale lista para
disparar. Ballestas, dardos , cañones y
arcabuces están dispuestos para el combate
junto a martinetes, malacates, tornos, palancas
y otras armas. La parte superior de la torre de
los Malatesta repleta de máquinas de guerra y
armas sobresale en la turbia atmósfera
dominando la ciudad de Rimini de la que sólo
se ve a la distancia las almenas que coronan
la torre gibelina. A la derecha hay una puerta
y a la izquierda una ventana con vistas al mar
Adriático. En la pasarela de la torre se ve a
un soldado atizando los leños de una caldera
humeante. En la torre, junto a la catapulta, un
joven ballestero está de guardia)
Escena Primera
EL GUARDIÁN DE LA TORRE
¿Aún está vacía la plaza del ayuntamiento?
EL BALLESTERO
Limpio como mi escudo.
EL GUARDIÁN DE LA TORRE
¡Aún no aparece nadie!
(Francesca entra por la puerta de la derecha y
avanza hasta el pilar que sostiene el arco)
FRANCESCA
¡Berlingerio!
EL GUARDIÁN DE LA TORRE
(sobresaltándose)
¿Quién llama? ¡Oh, señora Francesca!
(El ballestero enmudece y se queda mirándola
atónito, apoyado en la catapulta)
FRANCESCA
¿Ha subido a la torre
el caballero Giovanni?
EL GUARDIÁN DE LA TORRE
No, no aún, Señora.
Lo estamos esperando.
FRANCESCA
(acercándose)
¿Y algún otro?
TORRIGIANO
Ningún otro, señora.
Escena Segunda
(Francesca se acerca a la trampa por la que baja
la escalera de la torre y escucha atentamente)
FRANCESCA
¿Y tú, qué haces?
EL GUARDIÁN DE LA TORRE
Preparo el fuego griego, jabalinas y otras
caricias para nuestro enemigos:
los partidarios de Parcitade.
FRANCESCA
¡El fuego griego! ¿Quién se salva de él?
Nunca lo he visto.
¿Es cierto que no se conoce en el combate
un sufrimiento más terrible?
¿Es verdad que arde en el mar,
arde en el río y quema las naves?
¿Qué consume las torres, sofoca, ahoga,
seca repentinamente, la sangre del hombre?
¿Que transforma la carne
y los huesos en una ceniza negra?
¿Que arranca del hombre, por el dolor,
aullidos de fieras salvajes?
¿Que enloquece a los caballos,
y que petrifica a los más valientes?
EL GUARDIÁN DE LA TORRE
Muerde y devora toda clase
de cosa viva o muerta.
FRANCESCA
¿Y cómo tienes valor para manejarlo?
EL GUARDIÁN DE LA TORRE
Tenemos permiso
de Belcebú,
el príncipe de los demonios,
que es partidario
de los Malatesta.
FRANCESCA
Alguien sube por la escalera.
¿Quién es?
EL GUARDIÁN DE LA TORRE
Quizás sea el caballero Giovanni.
FRANCESCA
(inclinada hacia la compuerta)
¿Quién eres? ¿Quién eres?
LA VOZ DE PAOLO
¡Paolo!
(Francesca enmudece y retrocede)
Escena Tercera
(Paolo sube rápidamente los escalones y se vuelve
hacia su cuñada que se ha retirado hacia la
muralla. El ballestero retoma su vigilancia)
PAOLO
¡Francesca!
FRANCESCA
¡Da la señal de ataque, Paolo, da la señal!
No temas por mí, Paolo.
Déjame que me quede para oír
los disparos de las ballestas.
Deberían ofrecerme un lindo yelmo,
señor cuñado.
PAOLO
Te lo daré.
FRANCESCA
¿Cuándo has regresado de Cesena?
PAOLO
Hoy regresé.
FRANCESCA
Estás un poco demacrado
y también algo cansado, me parece.
PAOLO
No pido medicinas ni busco hierbas
para sanarme, hermana.
FRANCESCA
Yo tenía una hierba curativa en el jardín
en el que un día me encontraste.
Vestías un traje
cuyo nombre era Fraude.
PAOLO
No supe dónde me encontraba
ni quien me conducía por aquel camino,
sólo vi una rosa que se me ofrecía
más viva que los labios,
más roja que una herida abierta.
Sólo oí un canto juvenil en el aire.
FRANCESCA
Mis ojos vieron el alba,
sí, mis ojos la vieron sobre de mí,
con vergüenza y miedo.
PAOLO
¡Vergüenza y horror caigan sobre mí!
La Luz no me encontró durmiendo.
La paz había huido del alma
de Paolo Malatesta
y no ha regresado, ni regresará jamás, jamás.
¿De qué forma debo que morir?
FRANCESCA
Como el esclavo que rema en la galera
que lleva por nombre "Desesperada".
Así debes morir.
(Se oye el tañido de la campana de
Santa Colomba. Ambos se sobresaltan)
¡Ah! ¿Dónde estamos?
¿Quién llama? Paolo, ¿qué haces?
(El guardián de la torre y el ballestero que
intentan cargar las ballestas y los lanzadores
de fuego se sobresaltan al oír las campanas)
EL GUARDIÁN DE LA TORRE
¡La señal! ¡La señal! ¡Viva Malatesta!
(Enciende una fecha incendiaria y la arroja hacia
la ciudad. Por la trampa sube gritando un pelotón
de ballesteros que ocupa la plataforma de la torre
empuñando armas y máquinas)
EL BALLESTERO
¡Viva Malatesta y el partido güelfo!
¡Mueran Parcitade y los gibelinos!
(Desde las murallas se lanzan flechas
incendiarias que enturbian el aire, Paolo
se quita el yelmo dándoselo a su cuñada)
PAOLO
¡Aquí tienes este yelmo! ¡Te lo regalo!
FRANCESCA
¡Paolo!
(Paolo sube corriendo a la torre. Su cabellera
sobresale del resto de los soldados. Francesca
arroja el yelmo y lo sigue llamando entre los
disparos y el clamor)
PAOLO
¡Dadme una ballesta!
FRANCESCA
¡Paolo! ¡Paolo!
PAOLO
¡Una ballesta! ¡Un arco!
FRANCESCA
¡Paolo!
(Un ballestero cae al suelo con la mejilla
perforada por una flecha enemiga)
EL GUARDIÁN DE LA TORRE
¡Señora, retírese, por Dios,
que aquí se empieza a morder el polvo!
BALLESTEROS
¡La torre Galaza responde!
¡Viva Malatesta! ¡Viva Verucchio!
(Francesca trata de empujar a los ballesteros que
le impiden el paso. Paolo tomando una ballesta se
yergue sobre el muro disparando con furia,
expuesto a los enemigos como un desaforado)
FRANCESCA
¡Paolo!
(Paolo se da la vuelta ante el grito y descubre
a Francesca entre el resplandor de los fuegos.
Toma el escudo de un ballestero y la protege)
PAOLO
¡Ah, Francesca, desciende!
¿Qué locura es ésta?
(La empuja hacia abajo por una de las escaleras
laterales. Ella, bajo el escudo ensangrentado,
observa el rostro furioso y bello de su cuñado)
FRANCESCA
¡Tú estas loco! ¡Estás loco!
PAOLO
¿Acaso no debo morir?
(Arroja el escudo y toma la ballesta)
FRANCESCA
¡No es la hora,
tu hora no ha llegado aún!
PAOLO
Sí, esta será la hora, si tú me ves morir,
si tú levantas mi cabeza moribunda
con tus manos.
(Con gesto imperioso acerca a Francesca a la
ventana y le alcanza la soga que está atada a
la compuerta)
¡Abre la compuerta!
(Paolo recoge un manojo de dardos y carga la
ballesta. Francesca levanta la compuerta con la
soga y por la abertura donde se aprecia el mar
iluminado por las últimas luces del día, Paolo
apunta la ballesta y dispara)
FRANCESCA
¡El juicio de Dios se manifiesta
por medio de la saeta!
¡Hermano, que la mancha del fraude
que llevas en tu alma,
te sea perdonada por la gracia de Dios!
(Sosteniendo tensa la cuerda con ambas manos,
ella se arrodilla y reza con los ojos fijos en Paolo,
que carga y dispara su ballesta incesantemente.
De tanto en tanto, las flechas gibelinas entran por
la ventana golpeando sobre el muro y cayendo al
suelo sin herir a nadie. La tensión de la lucha
turba el rostro de Francesca. Paolo después de
haber arrojado unos cuantos dardos más, observa
atentamente como para hacer un disparo maestro.
Una vez que ha disparado se oye en el exterior
gritos pidiendo ayuda)
PAOLO
(con atroz alegría)
¡Ah, Ugolino, en mal sitio te atrapé!
(En la torre, los ballesteros manifiestan una gran
algarabía. Algunos transportan en brazos, por la
compuerta, a los heridos y muertos)
UN BALLESTERO
¡Ah, Ugolino Cignatta
ha caído de su caballo!
¡Ha muerto! ¡Ha muerto!
¡Malatesta ha triunfado!
(Un dardo pasa rozando sobre la cabeza
de Paolo. Francesca lanza un grito, suelta
la soga y dando un salto toma en sus manos
la cabeza de su cuñado, creyéndolo herido.
Busca entre sus cabellos una herida. La
angustia cubre su rostro con una palidez mortal.
La ballesta cae al suelo)
FRANCESCA
¡Paolo! ¡Paolo!
¿Qué es esto, oh Dios?
¡Paolo! ¡Paolo! ¿No estás sangrando?
¡No tienes sangre en la cabeza,
y parece que estuvieras agonozando!
¡Paolo! ¡Paolo!
(Ella se mira las manos para ver si tienen sangre,
pero están limpias. De nuevo vuelve a buscar)
PAOLO
(sofocado)
¡Ah, no me muero!
¡Francesca, La flecha no me ha tocado!
FRANCESCA
¡Estás a salvo, a salvo e indemne! ¡Arrodíllate!
PAOLO
¡Me han tocado tus manos!
Mi alma yace vencida dentro de mi corazón.
¡No tengo fuerzas para seguir viviendo!
FRANCESCA
¡Arrodíllate!
PAOLO
Después de haber vivido
tan vertiginosamente...
FRANCESCA
¡Por tu cabeza, arrodíllate!
¡Arrodíllate, y dale gracias a Dios!
PAOLO
...todo mi coraje está acumulado
alrededor de mi furibundo corazón,
y toda la energía de mi depravado amor por ti
está encerrado el él.
FRANCESCA
¡Perdido! ¡Estás perdido!
¡Di que estás loco!
Por tu cabeza, di que estás loco
y que tu alma miserable no oyó
las palabras que salieron de tu boca.
Escena Cuarta
EL BALLESTERO
¡Victoria! ¡Viva Giovanni Malatesta!
(Aparece renqueante y armado con una ballesta
por la escalera de la torre Gianciotto Malatesta.
Al llegar a la parte superior, levanta su arma
sobre la cabeza y eleva su áspera voz sobre el
clamor general)
GIANCIOTTO
¡Por Dios, raza de mercenarios holgazanes!
¡Que yo solo soy capaz
de catapultarlos a todos
y perseguirlos hasta el río Ausa,
como si fueran carroña!
(Paolo recoge su yelmo y, cubriéndose la cabeza,
va hacia la torre. Francesca se dirige a la puerta,
se inclina en el vano, y le habla a su esclava)
GIANCIOTTO
No me gusta el jolgorio. Ahora será necesario
catapultar un barril grande. Dime, Berlingerio,
¿dónde está mi hermano Paolo?
(Smaragadi, tras oír la orden que en voz
baja le imparte su ama, desaparece. Francesca
permanece en el umbral)
PAOLO
¡Aquí estoy, Giovanni!
Era yo el que ha disparado desde la ventana.
GIANCIOTTO
(dirigiéndose a los soldados)
¡Ese disparo sólo lo podía haber hecho
un Malatesta!
¡Ballesteros fanfarrones!
(La esclava regresa con una jarra y una
copa. Francesca va hacia su marido y éste
hacia su hermano)
¡Paolo, te traigo
buenas noticias!
(Advierte a su mujer y su voz adopta
un tono más dulce)
¡Francesca!
FRANCESCA
¡Salud a ti, señor, que trajiste la victoria!
(Gianciotto va a su encuentro y la abraza)
GIANCIOTTO
Mi querida esposa,
¿cómo te encuentras en este sitio?
(Ella rechaza el abrazo)
FRANCESCA
Debes tener mucha sed.
GIANCIOTTO
Sí, tengo mucha sed.
FRANCESCA
¡Smaragdi, trae el vino!
(La esclava se aproxima con la jarra y la copa)
GIANCIOTTO
(con sorpresa y alegría)
¿Has pensado en mi sed?
¡Mi querida mujer!
(Francesca sirve el vino y da la copa a su marido.
Paolo está aparte y silencioso, observando a los
soldados que preparan el barril incendiario)
FRANCESCA
Aquí tienes, bebe. Es vino de Scio.
GIANCIOTTO
Hazme el honor de beber un sorbo antes que yo.
(Francesca acerca sus labios a la copa)
¡Es muy dulce volver a ver tu rostro después de la batalla,
y de ti recibir el ofrecimiento
de una copa de vino generoso,
y beberla de un trago!
(vacía la copa)
Así, el corazón se regocija enteramente.
¿Y Paolo?... ¡Paolo, ven! ¿No tienes sed?
Deja el fuego griego por el vino griego.
Mujer, sírvele una copa llena
y bebe también con él el primer sorbo,
así le harás el honor al eximio saetero.
FRANCESCA
Ya lo había saludado.
GIANCIOTTO
¿Cuándo?
FRANCESCA
Mientras estaba disparando.
Bebe, cuñado, en la copa
en que ha bebido tu hermano.
¡Y que Dios os dé buenaventura,
tanto al uno como al otro y también a mí!
(Paolo, bebe mirando a Francesca a los ojos.
Francesca vuelve su rostro hacia la sombra y
camina algunos pasos hacia la torre. La esclava
se queda aparte, inmóvil)
FRANCESCA
(desde el fondo)
¡Qué desgracia! ¿No lo veis?
¿No veis a Malatestino? ¡Allá!
¡Lo traen en brazos sus soldados, entre antorchas!
¡Se lo han matado a su padre!
(Malatestino, herido, es traído por soldados
que llevan antorchas encendidas. Su rostro es
cadavérico. La oscuridad se hace más profunda)
Escena Quinta
(Francesca se dirige hacia el grupo que desciende
por las escaleras laterales, pasando entre los
ballesteros, quienes dejan sus quehaceres en
silencio. Gianciotto y Paolo se acercan. Dos
arqueros llevan en andas al joven ensangrentado.
Cuatro arqueros con carcaj lo acompañan con
antorchas. Colocan el cuerpo de Malatestino
sobre un montón de cuerdas. Gianciotto, palpa
el cuerpo del joven y le ausculta el corazón)
GIANCIOTTO
¡Francesca, no, no está muerto!
¡Respira y su corazón sigue latiendo! ¿Ves?
Ya vuelve en sí. El golpe lo ha desvanecido,
pero ya vuelve en sí.
¡Fue una piedra lanzada con la mano,
y no con una honda! ¡Vamos no es nada!
¡Malatestino! ¡Bebe, Malatestino!
(Francesca vierte algunas gotas de vino en los
labios del joven. Paolo sigue todos sus gestos
con ojos ávidos. Malatestino sacude la cabeza y,
ante el dolor, hace un gesto como para alzar su
mano, aún encerrada en la manopla, hacia su ojo
herido. Su cuñada le hace detener el movimiento)
MALATESTINO
(como si despertara de golpe, con violencia)
Huirá, huirá... No es segura la prisión…
Les digo que él logrará huir…
¡Padre, permítame que le corte la garganta!
¡Yo lo he capturado!
GIANCIOTTO
¿Malatestino, no me reconoces?
Montagna está en buenas manos.
Puedes estar seguro que no huirá.
MALATESTINO
Giovanni, ¿dónde estoy?
¡Oh, cuñada! ¿Y tú?
(Vuelve a llevar la mano al ojo herido)
¿Qué tengo en el ojo?
GIANCIOTTO
¡Te han acertado una buena pedrada!
¿Sientes mucho dolor?
(el joven se levanta y sacude la cabeza)
MALATESTINO
Las pedradas de los soldados gibelinos
no deben doler.
¡Ponedme una venda y dadme algo de beber!
¡Y a caballo, caballo!
(Francesca se quita el velo que
cubre su rostro y le venda el ojo)
GIANCIOTTO
¿Puedes ver?
MALATESTINO
Un ojo me basta.
CORO DE BALLESTEROS
(excitados por el valor del joven)
¡Viva, viva Malatestino Malatesta!
MALATESTINO
¡A caballo, a caballo!
(Sale corriendo seguido por los soldados)
GIANCIOTTO
(Dirigiéndose a los ballesteros)
¡El barril! ¡El barril! ¿Está todo preparado?
(Va hacia la torre para dirigir la catapulta. Se
oyen los gritos guturales de los soldados que se
esfuerzan por cargar la catapulta. Por encima
de la muralla las llamas se expanden en el cielo
y aumentan. Las campanas tocan a rebato. Se
oye el clamor de las trompetas)
GIANCIOTTO
(sobre la torre)
¿Listo? ¡Disparad! ¡Disparad!
(se oye el estrépito de la catapulta que lanza
el barril con su mecha encendida a lo lejos)
BALLESTEROS
¡Victoria de Malatesta!
¡Viva el partido güelfo!
¡Mueran, mueran los partidarios de los gibelinos!
(Paolo va hacia la torre desde donde vuelven
a arrojar piedras y jabalinas. Francesca queda
sola en las sombras y, cayendo de rodillas, se
persigna. Al fondo una claridad más intensa
ilumina el cielo)
BALLESTEROS
¡Fuego! ¡Fuego! ¡Muera Parcitade!
¡Fuego! ¡Mueran los Gibelinos!
¡Viva el partido güelfo! ¡Viva Malatesta!
(Las flechas incendiarias salen volando entre
los muros. Las campanas siguen sonando a
rebato. Las calles de la ciudad están en llamas)
ACTO TERCERO
(Habitación de Francesca decorada con paneles
que ilustran el romance de "La historia de amor
de Tristán e Isolda",entre pájaros, flores y frutos.
Bajo las molduras a lo largo de las paredes hay
un friso a modo de festón en el que está escrita
parte de la letra de una canción de amor:
"Mejor es dormir gozando
que permanecer en vela pensando"
A la derecha, hay un lecho oculto por unas
suntuosas cortinas; a la izquierda, una puerta
cubierta con un pesado cortinaje; al fondo, una
ventana con vista al mar Adriático. Del lado de la
puerta hay un palco elevado para músicos. Cerca
de la ventana un atril con un libro de grandes
páginas abierto que narra la historia de Lancelot
del Lago. El libro está encuadernado con dos
tablillas forradas de terciopelo rojo. Al lado,
una especie de diván sin respaldo ni apoyabrazos
con muchos almohadones de seda y junto a él
una ventada desde la que se ve toda la playa de
Rimini. Sobre una pequeña mesa hay un espejo
de plata, junto a frascos, cristales, carteras,
cinturones y otros adornos femeninos. Grandes
candelabros de hierro delimitan la alcoba y el
palco para los músicos. Algunos taburetes se
observan dispersos en el lugar y en el centro del
piso se ve el cerrojo de una puerta trampa que da
a un pasaje que conduce a los pisos inferiores)
Escena Primera
(Francesca está ante el libro en actitud de leer.
Las damas, sentadas en los taburetes, recaman
los bordes de un cubrecama; cada una lleva
colgando del cinturón un bolsito lleno de perlas
diminutas e hilos de oro. El sol naciente de marzo
pega sobre la seda carmesí y produce un brillo
difuso que asciende a los rostros inclinados de las
bordadoras. La esclava está cerca de la ventana y
mira atentamente el cielo)
FRANCESCA
(leyendo)
Y Galaad dice: "Señora, tened piedad."
"La tendré" dice ella
"tanta piedad, como queráis;
pero él no me pide nada..."
(Las damas ríen. Francesca se deja caer
sobre los almohadones, lánguida y pensativa)
GARSENDA
Señora, ¿cómo podía ser tan vergonzoso
el caballero Lancelot?
BIANCAFIORE
¡Mientras la pobre reina se atormentaba
tratando de darle aquello que él no pedía!
DONELLA
Debería haberle dicho: "Oh valiente caballero,
tu melancolía no sirve de nada."
FRANCESCA
¡Calla Donella!
Estoy cansada de escuchar tus tonterías.
Smaragdi, dime, ¿vuelve el halcón?
LA ESCLAVA
Señora, no vuelve... se habrá perdido.
(Francesca se asoma a la ventana y observa)
DONELLA
Se perderá, señora.
Usted hizo mal en soltarle la correa.
FRANCESCA
¡Corre, Donella, busca al halconero
y dile lo que ha pasado!
¡Que lo busque por todos lados!
(Donella deja de bordar y sale)
BIANCAFIORE
(entona una canción de baile)
"Oh, nueva golondrina
que vienes de los serenos reinos de ultramar
en los primeros días de marzo..."
FRANCESCA
¡Oh, sí, sí, Biancafiore,
música, música!
(Las damas se levantan y pliegan las sedas)
¡Busca a Simonetto, Biancafiore!
BIANCAFIORE
¡Sí, Señora!
FRANCESCA
¡Y también quiero una guirnalda de violetas!
Hoy es primero de marzo.
BIANCAFIORE
La tendrá, señora, y será muy hermosa.
FRANCESCA
¡Ve con Dios!
(Todas las damas salen)
Escena Segunda
(Francesca se dirige a la esclava
que aún observa el cielo por la ventana)
FRANCESCA
¡Oh, Smaragdi! ¿No regresa?
LA ESCLAVA
Señora, no regresa.
No se aflija.
FRANCESCA
¡Ah, Smaragdi! ¿Qué vino me trajiste
aquella noche, en la Torre Mastra,
cuando la ciudad estaba en armas?
¿Estaba hechizado?
LA ESCLAVA
Señora, ¿qué dice?
FRANCESCA
Como si me hubieras traído un brebaje pérfido,
el mal se apoderó de las venas
de todos aquellos que lo bebimos,
y desde entonces mi suerte empeoró.
LA ESCLAVA
¡Pisotéeme! ¡Pisotéeme!
¡Aplásteme la cabeza entre dos piedras!
FRANCESCA
¡Vamos, levántate!
Tú no tienes la culpa, la culpa es sólo mía.
¡Ah, razón mía, guíame
y no me abandones!
¿Quién me posee? Un demonio me retiene.
¡No sé rezar, ya no sé rezar!.
LA ESCLAVA
¿Quiere que lo llame?
FRANCESCA
¿A quién?
¿Has visto al señor Giovanni
salir a montar a caballo?
LA ESCLAVA
Sí, señora, con el viejo
y con el caballero Malatestino.
FRANCESCA
Tengo miedo. ¡Protégeme de él!
LA ESCLAVA
¿De quién tiene miedo, señora?
FRANCESCA
De Malatestino.
LA ESCLAVA
¿Acaso la espanta su ojo ciego?
FRANCESCA
No, el otro, el ojo que ve. ¡Es terrible!
LA ESCLAVA
¡Señora, no se desespere! Escuche, escuche.
Arrojaré un hechizo sobre el que le da miedo.
Conozco un brebaje que aleja y hace olvidar.
Debe dárselo...
Le enseñaré el hechizo...
(Irrumpen en la habitación las damas, seguidas
por los músicos. Donella trae cuatro guirnaldas
de narcisos enlazadas con un hilo de oro)
Escena Tercera
DONELLA
¡Ya tenemos aquí a los músicos
para las canciones y el baile!
Traen sus cornamusas, pífanos, laúdes
y también un rabel y un monocordio.
(de pie entre las cortinas, Francesca mira
como en sueños sin sonreír ni hablar)
BIANCAFIORE
¡Y aquí está la guirnalda de violetas!
(Le ofrece la guirnalda, con una reverencia)
¡Para que la ayude a ahuyentar la melancolía!
(Francesca toma la guirnalda, mientras
Altichiara toma el espejo de la mesa y lo
sostiene frente a su rostro. La esclava
lentamente desaparece por la puerta)
GARSENDA
¡Hoy es primero de marzo!
El canto quiere baile y el baile quiere canto.
¡Adelante, Simonetto, comienza a tocar!
(Los músicos comienzan a tocar. Donella desata
el hilo de oro y distribuye las guirnaldas a sus
compañeras, reteniendo para ella una que tiene
dos alitas de golondrinas talladas. Biancafiore
saca de una redecilla cuatro golondrinas de
madera pintadas que tienen bajo el pecho una
pequeña manija y las entrega a cada una de
sus compañeras. Las damas, dispuestas para
la danza, sostienen en alto las golondrinas)
BIANCAFIORE, GARSENDA
Marzo ha llegado y febrero
se ha ido con el hielo.
Ahora cambiaremos los abrigos de pieles
por los vestidos de seda.
Cruzaremos los vados de los nuevos torrentes
entre los reverdecidos árboles,
cantando y bailando
en compañía de nuestros amantes.
Y en la pradera recogeremos violetas donde
la hierba esté más perfumada,
pues será señal de que por allí han pisado
los pies descalzos de la primavera.
ALTICHIARA, DONELLA
¡Vamos, alegre criatura,
conduce esta danza
con tu vestido blanco y negro
como es costumbre!
Luego, permanece aquí,
en esta alcoba siempre radiante,
tanto al alba como la ocaso,
iluminada por la bella historia de Isolda,
la flor de Irlanda.
Que tu nido sea una guirnalda
y no te disgustes porque la dulce criatura
que aquí se encuentra no sea Francesca sino...
(Las bailarinas en rápido giro se vuelven hacia a
Francesca disponiéndose en una fila, sosteniendo
en una mano la golondrina y extendiendo la otra
hacia ella)
TUDAS
¡la Primavera!
(Al comenzar el último giro aparece la esclava
por la puerta. Mientras los músicos van saliendo,
ella se acerca a Francesca y le surra algo al oído
que repentinamente la agita y la turba)
FRANCESCA
¡Pasead alegres por el patio, hasta el atardecer!
Condúcelos, Donella.
¡Feliz primavera!
(Los músicos bajan tocando del palco y salen.
Las damas hacen una reverencia a Francesca y
salen detrás de ellos, entre murmullos y risas. La
esclava se queda. Francesca ansiosa da algunos
pasos por la habitación desorientada. Con un
súbito movimiento va a cerrar las cortinas de la
alcoba que dejan ver el lecho. Después, se acerca
al atril, mira el libro abierto, pero casualmente
con el borde de su vestido provoca la caída
ruidosa del laúd al suelo. Se sobresalta asustada)
¡No, Smaragdi, no!
¡Ve, ve corre y dile que no venga!
(Se oyen las risas que se alejan. La esclava va
hacia la puerta. Francesca hace un ademán
como para detenerla)
¡Smaragdi!
(La esclava sale. Después de algunos instantes,
una mano levanta los cortinajes y aparece Paolo.
La puerta se cierra tras él)
Escena Cuarta
(Los dos cuñados se miran, en un primer instante
sin encontrar palabras que decir. Los dos
palidecen. Aún se oyen risas que se alejan. La
habitación se ilumina con la luz del crepúsculo)
FRANCESCA
Bienvenido, cuñado y señor mío.
PAOLO
He venido, al oír el bullicio,
para traerte mi saludo,
el saludo de mi regreso.
FRANCESCA
Has vuelto muy pronto,
con la primera golondrina.
Mis doncellas estaban cantando
para saludar la llega de marzo.
PAOLO
Allí donde estuve, Francesca,
no recibí ninguna noticia tuya.
Nada supe de ti,
desde aquella peligrosa noche
en que me ofreciste una copa de vino
y me dijiste adiós
deseándome buena suerte.
FRANCESCA
No puedo recordar eso, señor.
He orado mucho.
PAOLO
¿No lo recuerdas?
FRANCESCA
Mucho he orado.
PAOLO
Y yo he sufrido mucho.
FRANCESCA
¡Paolo, dame paz!
Es muy dulce vivir olvidando,
estar al menos una hora
fuera de la tempestad que nos abate.
No evoques, por favor te lo ruego,
la sombra del tiempo en esta fresca luz
que al fin apaga mi sed.
Paz en este mar
que ayer estaba tan agitado
y hoy es como una perla.
¡Dame, dame Paz!
PAOLO
Ayer, apareciste ante mí
engalanada con una guirnalda de violetas,
al detenerme en un prado
en el que me encontraba solo,
alejado de mi escolta.
Apareciste con las violetas
y volvieron a tus labios
las palabras que dijiste:
"Que te sea perdonado con gran amor"
FRANCESCA
Sí, dije esas palabras
y la alegría perfecta esperaba de ellas...
Ahora siéntate aquí, junto a la ventana.
Háblame de ti.
¿Cómo te ha ido?
PAOLO
¿Por qué quieres que rememore mi corazón
las miserias de la vida?
Todo lo que a los otros les gustaba,
a mi me hastiaba y disgustaba;
la luz era mi enemiga,
la noche mi amiga;
la noche, nacida del fondo del eterno dolor,
similar a la fuente que apaga la sed
y similar a la llama que vuelve a arder.
Frescura e incendio, curación y herida,
por momentos turbia y rugiente como una
antorcha, otras veces tenue como lámpara.
Una visitante
se inclinaba sobre mí,
casi como nutriéndose
de mi asiduo desvelo,
y cuando se marchaba,
con el temblar de las estrellas,
ya no era ni fuego ni fuente sino...
tu rostro...
FRANCESCA
¡Ah, Paolo, Paolo!
PAOLO
Ante tu rostro
se mostraba desnudo mi dolor.
FRANCESCA
Paolo, si fuiste perdonado,
¿por qué relampaguea
en tus ojos la culpa?
¡Ah, que ya siento en el árido aliento
marchitarse nuestra primavera!
(Se quita la guirnalda y la coloca
sobre el libro abierto que está junto a ella)
PAOLO
¿Por qué te quitas la guirnalda
de la cabeza?
FRANCESCA
¡Noto que ya no está fresca!
(Paolo llega al atril y se inclina sobre el libro)
PAOLO
¡Ah, las palabras que mis ojos encuentran!
Y Galaad dice: "Señora, tened piedad".
"La tendré", dice ella, "tanta piedad
como queráis, pero él no me pide nada..."
¿Quieres continuar?
FRANCESCA
¡Mira como el mar se pone blanco!
PAOLO
¡Leamos algunas páginas, Francesca!
(lee)
"Ciertamente, señora" dice entonces Galaad,
"Él no se atreve, ni jamás os pedirá
cosa alguna por amor, pues siente temor."
Y ella dice...
(Paolo toma la mano de Francesca hacia el atril)
Ahora lee tú lo que dice ella.
Haz el papel de Ginebra.
(sus cabezas se aproximan sobre el libro)
"Ciertamente..."
FRANCESCA
(lee)
"Ciertamente", dice ella, "lo prometo;
pero que él sea mío y yo completamente suya,
y que sean enmendadas todas las cosas
mal hechas..." Basta, Paolo.
PAOLO
¡No! ¡No! ¡Lee! ¡Continúa leyendo!
(sus rostros pálidos, se inclinan
sobre el libro hasta llegar a rozarse)
FRANCESCA
(continúa leyendo sofocada)
"Y la reina ve al caballero
que no se atreve a moverse,
lo estrecha en sus brazos
y largamente lo besa en la boca..."
(Paolo hace lo mismo y besa a su cuñada.
Cuando las bocas se separan, Francesca vacila
y se abandona sobre los almohadones)
CORO DE MUJERES
(a la distancia)
¡Ah! ¡Primavera!
PAOLO
¡Francesca!
FRANCESCA
(con voz apagada)
¡No, Paolo!
ACTO CUARTO
Cuadro Primero
(Castillo de los Malatesta. Sala octogonal
con cinco de sus lados frente a los espectadores.
En lo alto se destaca un friso de unicornios
sobre fondo dorado. En el fondo un ventanal
de vidrio con vista a las montañas, bajo los
alféizares están dispuestos varios asientos.
A la derecha una puerta enrejada comunica
con los calabozos subterráneos A la izquierda
un banco frente al cual se dispone una mesa
con frutas y vino. En cada una de las otras
paredes laterales hay una puerta; la de izquierda,
cercana a la mesa, conduce a las habitaciones
de Francesca; la derecha a los corredores y
escaleras. En todo el contorno hay soportes
para candelabros; en las ménsulas hay correas,
banderolas, carcajes, diferentes partes de
armaduras, lanzas, picas, hachas, saetas
y púas)
Escena Primera
(Francesca está sentada en el borde de la ventana
y Malatestino dall'Occhio de pie ante ella)
FRANCESCA
¿Por qué estás tan extraño?
ávido de sangre, siempre al asecho,
enemigo de todos. En cada palabra tuya
hay una oscura amenaza.
¿Dónde naciste?
¿No me amamantó tu madre?
¡Y eres tan joven!
MALATESTINO
Tú me provocas.
Pensar en ti, incita mi alma.
Eres mi ira.
(Francesca se levanta y sale del vano de la
ventana como para eludir el acoso. Permanece
junto a la pared, donde brillan las lanzas)
¡Te abrazaré, sí, tarde o temprano te abrazaré!
(Francesca llega a la puerta enrejada
quedando de espaldas a la misma)
FRANCESCA
¡No me toques cretino, o llamo a tu hermano!
¡Vete!... Siento piedad por ti.
Eres un muchacho perverso.
MALATESTINO
¿A quien quieres llamar?
FRANCESCA
A tu hermano.
MALATESTINO
¿A cuál de ellos?
(Francesca se sobresalta al oír
un grito que llega desde el subsuelo)
FRANCESCA
¿Quién grita? ¿Has oído?
MALATESTINO
Alguien que debe morir.
FRANCESCA
¡Ah, no puedo oírlo!
Hasta por la noche grita, aúlla como un lobo
y sus aullidos llegan hasta mi habitación.
MALATESTINO
¡Escúchame! Giovanni parte
al atardecer hacia el municipio de Pésaro.
Tú le has preparado los víveres.
Escúchame bien.
Yo puedo darle víveres para otro viaje...
FRANCESCA
¿Qué quieres decir?
¿Qué quieres decir? ¿Me amenazas?
¿O tramas una traición contra tu hermano?
MALATESTINO
¿Traición? Yo creía, querida cuñada,
que esa palabra quemaría en tus labios,
pero veo tus labios intactos, aunque
un poco pálidos. Me equivoqué...
(se oye de nuevo el grito del prisionero)
FRANCESCA
(temblando de horror)
¡Ah, cómo grita! ¡Cómo grita!
¿Quién lo tortura?
¿Qué nuevo tormento has hallado para él?
¡Libéralo de esa tortura!
No quiero oírlo más.
MALATESTINO
Está bien, haré que tengas una noche tranquila.
Tendrás el más profundo de los sueños,
sin terror, puesto que esta noche dormirás sola...
(Se aproxima a la pared y elige
entre las armas, un hacha)
FRANCESCA
¿Qué haces, Malatestino?
MALATESTINO
Me hago verdugo,
por tu voluntad, cuñada mía.
(Examina el filo del arma, luego abre la puerta
de rejas, en cuyo vano se ven solo tinieblas)
FRANCESCA
¿Por fin vas a matarlo?
¡Has tardado mucho en hacerlo, salvaje!
MALATESTINO
¡Francesca, escucha, escucha!
Que tu mano me toque,
que tus cabellos se deslicen otra vez
sobre mi delirio, y...
(Se oye un grito más prolongado)
FRANCESCA
¡Qué horror!
¡Qué horror!
(Se aleja del vano de la puerta y se sienta con
los codos sobre sus rodillas tapando su rostro
con las manos)
MALATESTINO
(siniestramente)
Si así lo quieres.
(Descuelga una antorcha. Apoya el hacha en el
suelo, toma el yesquero y enciende la antorcha)
¡Cuñada, que tengas buena noche!
(Francesca queda inmóvil y absorta. Él recoge
el hacha y entra por la oscura puerta con paso
silencioso y felino, sosteniendo en la mano la
antorcha encendida. Desaparece. La puerta
permanece abierta. Francesca ve desaparecer
la luz a través del vano. Repentinamente corre
hasta el umbral y cierra la puerta que chirría
en silencio. Ella se vuelve y camina algunos
pasos lentamente, con la cabeza gacha)
FRANCESCA
(para sí)
¡El sueño más profundo!
Escena Segunda
(Entra Gianciotto, advierte a su mujer
y se dirige hacia ella)
GIANCIOTTO
¡Mi querida esposa, me estabas esperando?
¿Por qué tiemblas? ¡Estás pálida!
(le toma las manos)
Estás helada por el miedo, ¿por qué?
FRANCESCA
Malatestino ha entrado aquí
cuando oí gritar al prisionero;
y, al verme espantada,
en un ataque de ira se ha precipitado
por esa puerta hacia los calabozos.
Va armado con un hacha, decidido a matarlo.
Mi señor, ese hermano tuyo,
es feroz y no me estima.
GIANCIOTTO
¿Por qué dices que no te estima?
FRANCESCA
No lo sé... Eso me parece.
GIANCIOTTO
¿Acaso fue descortés contigo?
FRANCESCA
Es un chiquillo, y como el joven mastín,
tiene necesidad de morder... Ven.
Ven señor a descansar un poco
antes de volver a montar a caballo.
GIANCIOTTO
¿Tal vez Malatestino?...
FRANCESCA
Olvídalo ¡no le des tanta importancia
a algo que dije de pasada!
Ven a descansar.
¿Tomarás el camino de la costa?
(Gianciotto permanece pensativo, mientras sigue
a Francesca hacia la mesa servida. Se quita el
casco, se afloja el gorjal y entrega los arneses a
su mujer, que los pone sobre una banqueta)
Cabalgarás con aire fresco
y antes de medianoche aparecerá la luna.
¿Cuándo llegarás a la casa del Podestá,
en Pesaro?
GIANCIOTTO
Mañana a las ocho de la mañana.
(se afloja el cinto que sostiene la
espada y se lo entrega a ella)
FRANCESCA
¿Y estarás allí mucho tiempo ?
(Se oye surgir del subsuelo un grito terrible del
prisionero Montagna. Francesca se sobresalta
y deja caer la espada que se sale de su vaina)
GIANCIOTTO
Ya está hecho. No te atormentes más mujer.
Ahora habrá silencio.
Que Dios se lleve de este modo
todas las cabezas de nuestros enemigos.
(Se oye golpear la puerta enrejada. Francesca se
pone de pie de un salto, arroja la espada sobre la
mesa y se dispone a salir)
FRANCESCA
Vuelve Malatestino. No quiero verlo.
LA VOZ DE MALATESTINO
¿Quién ha cerrado?
¿Cuñada, estás ahí? ¿Me has cerrado la reja?
(Golpea más fuerte con el pie)
GIANCIOTTO
¡Espera, espera que ya te abro!
LA VOZ DE MALATESTINO
¡Ah, Giovanni! Ábreme que te traigo
un exquisito fruto maduro para tu viaje.
Un higo de septiembre ¡Y cómo pesa! ¡Abre!
(Gianciotto va a abrir. Francesca sigue
con la mirada el paso irregular de su
esposo; luego, se retira por la puerta que
da a su habitación)
GIANCIOTTO
¡Ya voy!
Escena Tercera
(Gianciotto abre y aparece Malatestino en el
angosto pasillo con una antorcha encendida
y la cabeza de Montagna envuelta en un trapo y
atada con una soga)
MALATESTINO
(entregando la antorcha a su hermano)
¡Ten, hermano: apágala!
(Gianciotto apaga la débil llama
pisándola con el pie)
¿Tu mujer estaba contigo?
GIANCIOTTO
(con rudeza)
Estaba conmigo.
¿Qué quieres de ella?
MALATESTINO
Entonces ¿sabes cuál es el fruto
que estoy trayendo a tu mesa?
GIANCIOTTO
¿No temes desobedecer a nuestro padre?
MALATESTINO
¡Siente cómo pesa! ¡Siente!
(Entrega la cabeza a Gianciotto; quien la toma
para sopesarla, y luego la deja caer al suelo
provocando un ruido sordo)
¡Hace calor!
(Se seca la frente sudada. Gianciotto
vuelve a sentarse a la mesa)
Dame algo para beber.
(Se toma de un trago una copa que ya
estaba llena. Gianciotto tiene el semblante
sombrío y mastica en silencio sin tragar
bocado, moviendo las mandíbulas como
un buey que rumia. El envoltorio sangrante
está aún en el suelo. Por la ventana se ve el
sol poniéndose tras los Apeninos, iluminando
las cimas y las nubes)
¿Estás irritado? No te enojes conmigo, Giovanni.
Te soy fiel. Tú te llamas Gianni el Cojo
y yo soy El Tuerto...
(Se calla un momento, y luego dice con intención)
¡Pero Paolo es El Bello!
(Gianciotto levanta la cabeza y clava la mirada
en el joven. En el silencio se oye el tintineo de la
espada que golpea en el suelo)
GIANCIOTTO
También tú te has vuelto charlatán.
(Malatestino intenta servirse más vino
pero su hermano le sujeta la muñeca)
No bebas. Y respóndeme.
¿Qué le has hecho a Francesca?
MALATESTINO
¿Yo? ¿Qué te dijo ella?
GIANCIOTTO
Has cambiado de color.
MALATESTINO
¿Qué te dijo?
GIANCIOTTO
¡Respóndeme de una vez!
MALATESTINO
(simulando estar confundido)
Yo... no puedo responderte.
GIANCIOTTO
¡Cuidado, Malatestino!
¡Ay del que toque a mi mujer!
MALATESTINO
(en voz baja y la mirada gacha)
Y si el hermano ve que alguien
toca a la mujer de su hermano,
y se indigna, y se esfuerza para que
la vergüenza acabe, dime, ¿es eso pecado?
Y si es acusado de abrigar malos
pensamientos contra esa mujer, dime:
¿es justa la acusación?
(Gianciotto se sobresalta furioso, y alza su puño
como para aplastar al joven. Pero se contiene y
deja caer el brazo)
GIANCIOTTO
Malatestino, castigo del infierno,
si no quieres que te arranque el otro ojo,
por el que tu alma siniestra ofende al mundo,
¡habla!
(Malatestino se levanta y va con paso silencioso
y felino hasta la puerta que está junto a la mesa.
Se queda escuchando un instante, luego la abre
repentinamente y mira. No advierte a nadie.
Vuelve al lado de su hermano)
¡Habla!
MALATESTINO
¿No te sorprendió que alguien que había partido
en diciembre, repentinamente abandonó
su puesto en el ayuntamiento
y en febrero estaba ya de regreso?
(Se oye el crujir de la copa de plata, que
se aplasta en la mano de Gianciotto)
GIANCIOTTO
¿Paolo? ¡No, no! ¡No puede ser!
(Se levanta y camina por la sala con aspecto
torvo. Tropieza con el envoltorio fúnebre.
Va hacia el ventanal. Se sienta y toma la
cabeza entre sus manos como para detener
sus pensamientos en un punto. Malatestino,
mientras tanto, juega con la espada,
desenvainándola y volviéndola a envainar)
¡Malatestino, ven!
(El joven se acerca rápidamente, sin hacer
ruido, como si tuviera los pies envueltos con
paños. Gianciotto lo rodea con sus brazos, lo
encierra entre las rodillas y le habla a la cara)
¿Estás seguro? ¿Los has visto?
MALATESTINO
Sí.
GIANCIOTTO
¿Cómo? ¿Cuándo?
MALATESTINO
Entrar muchas veces...
GIANCIOTTO
¿Entrar, a dónde?
MALATESTINO
Entrar en la alcoba...
GIANCIOTTO
¿Y eso? No es suficiente.
Es su cuñado. Pueden conversar...
MALATESTINO
De noche. ¡Por Dios, no me lastimes!
¡No me aprietes así! ¡Déjame!
(Lo suelta)
GIANCIOTTO
¿He oído bien? Has dicho que... ¡Repítelo!
MALATESTINO
Sí, de noche, de noche lo he visto.
GIANCIOTTO
Si me mientes te arrancaré las tripas.
MALATESTINO
Entrar de noche y salir al alba...
¿Quieres comprobarlo tú mismo?
GIANCIOTTO
Será necesario si quieres salir de mi mortal tenaza.
MALATESTINO
¿Quieres esta misma noche?
GIANCIOTTO
¡Quiero!
Cuadro Segundo
(Alcoba de Francesca con el lecho cortinado,
el palco para los músicos y el atril con el libro
cerrado. Cuatro velas de cera arden en uno de
los candelabros de hierro. Dos candelabros
sobre la mesa. La ventana está abierta y la noche
es serena. En el antepecho hay una planta de
albahaca y junto a ella un plato con uvas frescas)
Escena Primera
(Se ve a Francesca entre las cortinas abiertas
recostada en el lecho sin desvestirse. Sus damas,
vestidas de blanco y con el rostro cubierto por
ligeros, están sentadas en pequeños bancos y
hablan en voz baja para no despertar a la
señora. Cerca de ellas, en un taburete, hay cuatro
lámparas de plata, apagadas)
DONELLA
La venció el sueño. Duerme.
BIANCAFIORE
Sí duerme. ¡Ah, qué bella es!
Esta noche la señora no nos hará cantar.
ALTICHIARA
Está cansada.
DONELLA
El prisionero ya no grita.
GARSENDA
El señor Malatestino le cortó la cabeza.
ALTICHIARA
¿Es verdad eso?
GARSENDA
Sí, hoy antes del atardecer.
ALTICHIARA
¿Cómo lo sabes?
GARSENDA
Me lo dijo Smaragdi.
DONELLA
¡Los dos van cabalgando por la ribera,
bajo las estrellas, con la cabeza cortada!
GARSENDA
¡Ah, ahora que el rengo y el tuerto se han ido,
se puede respirar con tranquilidad en esta casa!
Escena Segunda
(Francesca grita espantada, salta de la cama
y corre como si fuera huyendo de alguien.
Agita las manos a ambos lados como para
liberarse de una atadura)
FRANCESCA
¡Oh! ¡No, no! ¡No soy yo! ¡No soy yo!
¡Ay! ¡Ay! ¡Me atrapan, auxilio!
¡Me arrancan el corazón, ayúdame, Paolo!
(se sobresalta, se detiene y vuelve en sí, pálida,
excitada, mientras las damas la rodean tratando
de calmarla)
GARSENDA
¡Señora, señora, estamos nosotras aquí!
¡Mire señora, somos nosotras!
ALTICHIARA
¡No tenga miedo!
DONELLA
¡No hay nadie! ¡Estamos aquí!
¡Nadie la hará daño, señora!
FRANCESCA
¿Qué dije? ¿A quién he llamado?
¿Qué he dicho, Dios mío?
DONELLA
Ha tenido una pesadilla, señora.
GARSENDA
Ya ha pasado... Estamos aquí nosotras.
Todo está en paz.
FRANCESCA
¿Es tarde?
GARSENDA
Deben ser las cuatro de la madrugada.
DONELLA
Señora ¿quiere que le alise el cabello
para la noche?
FRANCESCA
No, no, no tengo más sueño. Esperaré.
GARSENDA
¿Desatarse el calzado?
DONELLA
¿Perfumarse?
FRANCESCA
No. Quiero permanecer así.
Ya no tengo sueño. Marcharos.
Mientras tanto leeré.
Llévate un candelabro, Garsenda. Marcharos.
¡Todas vais de blanco!
(Francesca abre el libro. Cada una de sus damas
toma una lámpara de plata que se hallan
suspendidas sobre un soporte. Donella es la
primera que va hacia el candelabro y poniéndose
en puntas de pie enciende una de las velas. Hace
una reverencia y sale mientras Francesca la sigue
con la mirada. Garcenda y Altichiara hacen lo
mismo y salen. Queda Biancafiore que intenta
encender su vela pero, como es muy baja, no
alcanza a llegar hasta la llama del candelabro)
FRANCESCA
¡Oh, Biancafiore, eres muy pequeña
y no alcanzas a encender tu lámpara!
¡Tú eres la más tierna, pequeña paloma!
(Biancafiore se da la vuelta sonriendo)
Ven.
(La joven se acerca y Francesca
le acaricia el cabello)
¡Qué rubia eres!
Te pareces un poco a mi Samaritana,
¿Te acuerdas de Samaritana?
BIANCAFIORE
Sí, señora, su dulzura no se olvida.
La tengo guardada en el corazón,
con los ángeles.
FRANCESCA
Era dulce mi hermana,
¿no es verdad, Biancafiore?
¡Ah, si la tuviese conmigo, si esta noche
ella durmiera en su pequeño lecho junto al mío!
BIANCAFIORE
Está llorando, señora.
FRANCESCA
Ella también se asustaba y oía latir su corazón.
Me decía: "¡Oh hermana, hermana óyeme,
quédate conmigo!
¡Quédate conmigo en nuestra tierra!
¡No te marches! ¡No me abandones!
BIANCAFIORE
¡Oh, señora, señora, se me parte el corazón!
¿Qué pena la aflige tanto?
FRANCESCA
¡Ve, no llores!
Eres muy tierna.
Enciende tu lámpara y ve con Dios.
(Biancafiore enciende su lámpara y se
inclina para besar la mano de Francesca)
Vete, no llores. Los pensamientos tristes
ya pasarán. Mañana cantarás. ¡Ve!
(La joven se vuelve hacia la
puerta y camina lentamente)
BIANCAFIORE
¡Dios la guarde, señora!
Escena Tercera
(Se oye el sonido de la puerta que se cierra.
Francesca, a solas, camina algunos pasos
hacia la cortina, luego se detiene y escucha)
FRANCESCA
¡Que así sea, si ése debe ser mi destino!
(Se estremece oyendo golpear suavemente la
puerta. Apaga la lámpara y llama en voz baja)
¡Smaragdi! ¡Smaragdi!
LA VOZ DE PAOLO
¡Francesca!
(Ella abre con gesto vehemente y con el anhelo
de quien tiene sed, se arroja en los brazos Paolo)
Escena Cuarta
FRANCESCA
¡Paolo! ¡Paolo!
PAOLO
¡Oh, vida mía,
nunca fue tan loco mi deseo por ti!
¡En mi corazón ya sentía debilitarse
las vibraciones que nacen de tus ojos!
Mi fuerza se perdía en la noche,
y salía de mi pecho como un río terrible,
de caudalosa sangre.
¡Mi alma sentía miedo!
(Besa apasionadamente, una y otra vez,
sus cabellos inclinado sobre ella)
FRANCESCA
¡Perdóname, perdóname!
Un sueño más terrible que una pesadilla
destrozó mi alma, como si fuera un tallo.
Me parecía estar yaciendo
perdida sobre las piedras.
¡Perdóname, perdóname, mi dulce amigo!
Al despertarme me has liberado
de todas las angustias.
Aún no ha llegado el alba,
y las estrellas aún no se ocultan en el mar,
y el verano no ha muerto, y tú eres mío,
y yo soy toda tuya,
y la gloria perfecta se encuentra
en la pasión que abrasa nuestras vidas.
(Paolo la besa insaciable, una y otra vez)
PAOLO
¿Te estremeces?
FRANCESCA
La puerta está abierta
y deja pasar el aire nocturno .
¿No lo sientes?... Cierra la puerta.
(Paolo cierra la puerta)
PAOLO
¡Ven, ven, Francesca!
Nos esperan largas horas de felicidad.
Te llevaré, te llevaré donde mora el olvido.
La noche y el día se fundirán sobre la tierra
como sobre la almohada.
El tiempo esclavizado
ya no tendrá poder sobre el deseo.
(Atrae a Francesca hacia los
almohadones próximos al alféizar)
FRANCESCA
Bésame los ojos, bésame las sienes,
y las mejillas, y el cuello...
Toma mis manos, mis dedos…
Así... ¡Toma mi alma y derrítela!
PAOLO, FRANCESCA
¡Dame tu boca!
¡Otra vez! ¡y otra vez!, ¡y otra vez!
(Francesca se deja caer sobre los almohadones,
entregada. En medio del silencio, un golpe
violento sacude la puerta, como si alguien se
hubiese arrojado contra ella para derribarla.
Asustados, los amantes se levantan de un salto)
LA VOZ DE GIANCIOTTO
¡Francesca, abre!
¡Francesca!
(Ella queda petrificada. Paolo busca con la
mirada a su alrededor llevando su mano al puñal.
Su mirada se detiene sobre la puerta trampa)
PAOLO
(En voz baja)
¡Ten coraje! ¡Ten coraje!
Yo me iré por la puerta trampa, y tú ve a abrirle.
¡Pero no tiembles!
(Abre la compuerta y se desliza por ella.
Gianciotto sigue golpeando ferozmente la
puerta. Francesca va a abrir vacilante)
LA VOZ DE GIANCIOTTO
¡Abre, Francesca, por tu bien! ¡Abre!
(Una vez abierta la puerta, Gianciotto, armado
y cubierto de polvo, se precipita en la habitación,
buscando a Polo con la mirada. Repentinamente
descubre sus hombros medio ocultos tratando de
soltar su capa que quedó enganchada en la
puerta trampa. Francesca ante esta situación
lanza un grito, mientras que Gianciotto se lanza
sobre el adúltero y lo aferra por los cabellos,
obligándolo a subir nuevamente)
FRANCESCA
¡Ah, déjalo! ¡Déjalo!
¡Tómame a mí! ¡Aquí me tienes!
(Gianciotto suelta a Paolo, que salta y desenvaina
su puñal. El rengo retrocede y desenvainando su
espada y se arroja hacia él con un ímpetu
terrible. Súbitamente Francesca se interpone
entre ambos. Como su marido no puede
detenerse, clava su espada en el pecho de ella,
que vacila, gira sobre si misma y se vuelve hacia
Paolo que deja caer el puñal y la recibe en sus
brazos)
FRANCESCA
(moribunda)
¡Ah, Paolo!
(Gianciotto se detiene un instante y ve a su mujer
en los brazos de su amante que besa sus labios
moribundos. Loco de dolor y de furia aplica otro
golpe mortal a su hermano. Los dos cuerpos se
estremecen antes de caer abrazados. No se oye ni
un gemido. Sin separarse Paolo y Francesca caen
al suelo Gianciotto se inclina silenciosamente
dobla una de sus rodillas penosamente y sobre la
otra quiebra su espada ensangrentada)
Traducido y Digitalizado por:
José Luis Roviaro 2011
|