ATTO PRIMO
Scena Prima
(Sala regia.
Trono. Norfolk, Guglielmo
e cavalieri, situati in ordine, attendono
l'arrivo della regina. Guardie)
CORO
Più lieta, più bella
apparve l’aurora;
malefica stella
dal cielo sgombrò.
Del raggio di pace
il sole s’indora;
di Marte la face
estinta restò.
NORFOLK
(Fra sè)
Oh voci funeste,
che aborre quest’alma!
La rabbia m'investe:
più calma non ho.
(Il suono de’ militari strumenti in distanza,
che si avvicina di grado in grado, annunzia
l’ingresso in cittá delle armi vittoriose
condotte da Leicester)
CORO
Udite... S’avanza
l’invitto campione,
de’ cori speranza,
delizia d’Albione,
d’Elisa sostegno,
del regno splendor.
NORFOLK
(Fra sè)
Che smania! che affanno!
Destino tiranno!
Avvampo di sdegno,
m’uccide il dolor.
Recitativo
GUGLIELMO
(Tirando Norfolk in disparte)
Nel giubilo comun, signore, tu solo
parte non prendi in si felice giorno.
Perchè? Rimira intorno:
vedi qual gioia a ognun siede sul ciglio.
NORFOLK
(Fra sè)
Importuno!
(Forte)
Guglielmo,
s’io godo al comun bene,
lo sa il Ciel, tu lo sai, che appien conosci
il sensibil mio cor.
GUGLIELMO
(Fra sè)
Così potessi
ignorar qual tu se’.
NORFOLK
Ma in veder che a’ trofei
dell’anglico valore
parte io non ho, mi reca affanno al core.
CORO E CAVATINA
(Elisabetta entra con seguito di dame,
cavalieri, paggi e guardie. Tutti s’inchinano)
CORO
Esulta, Elisa, omai
in giorno sì beato.
Cangiò sembianza il fato;
tutto cangiò per te.
L’invitto eroe vedrai,
deporti i lauri al piè.
ELISABETTA
Quant’è grato all’alma mia
il comun dolce contento!
Giunse alfine il bel momento
che c’invita a respirar.
CORO
Dopo tante rie vicende,
real donna, a pace in seno
tu ritorni a riposar.
ELISABETTA
Questo cor ben lo comprende,
palpitante dal diletto.
(Fra sè)
Rivedrò quel caro oggetto
che d’amor mi fa brillar.
CORO
Possa ognor, felice appieno,
teco l’Anglia giubilar.
Recitativo e Coro
ELISABETTA
Grandi del regno, è questo
il più bel giorno di mia vita.
Coronò la vittoria agli Angli il crine.
Del forte duce, a cui deve la patria
ogni suo ben, risuona
ovunque il nome, e tanta fama ei gode,
che al suo merto è minor qualsiasi lode.
Pur da noi non si lasci
d'onorar la presenza
di si nobil campion. Qui lo scortate.
GUGLIELMO
Ei s’affretta al tuo pi’e.
ELISABETTA
(Fra sè)
Qual gioia!
(Forte)
Andate.
(I grandi vanno all’ingresso a ricevere il
vincitore; Norfolk a stento li segue;
Elisabetta,
assistita da Guglielmo, va sul trono. Leicester
entra accompagnato da’ primari uffiziali, e
seguito da più nobili Scozzesi, tra i quali sono
Matilde, sotto spoglie virili, ed Enrico)
CORO
Vieni, o prode, qui tergi i sudori;
con gli olivi di pace gli allori
vieni il crine onorato a fregiar.
Tutto cede al tuo braccio possente;
per te riede ogni volto ridente;
per te cessa ogni lungo penar.
Recitativo
LEICESTER
Alta Regina, invano
lo Scotto altero al nostro ardir si oppose.
Col nome tuo sul labbro
gli Angli pugnarono, e, al rimbombar delle armi,
dal vincitor l’udía
il nemico guerrier mentre pería.
Di rea discordia omai
spenta è la face.
Al tuo poter soggiace
chi spezzarlo tentò.
D’uopo non hai
più del nostro valore; onde al tuo piede
del comando delle armi,
che degnasti affidarmi, eccoti il segno.
(Depone sui gradini del trono il bastone del
comando)
Esulti Elisa e teco esulti il regno.
ELISABETTA
Giovane eroe, quanto per me facesti,
quanto a pro della patria usò finora
del tuo gran cor la fede,
d’ogni dono è maggior, d’ogni mercede.
Obbligarlo non so. Ti appressa. Intanto
abbiti questo pegno
della grata alma mia.
(Leicester si prostra, Elisabetta togliendosi
dal petto un ordine cavalleresco, ne fregia
di sua mano il duce)
LEICESTER
Oh generosa!
NORFOLK
(Fra sè)
Oh rabbia!
MATILDE
(Fra sè)
Oh gelosia!
(Al cenno di Leicester si avanzano gli Scozzesi,
e si prostrano alla Regina, resentandole i
preziosi
tributi che recano sopra de’ bacili da un bianco
velo)
LEICESTER
Questi, sovrana eccelsa
germi di chiara stirpe illustri ostaggi,
proni al tuo soglio vedi.
Que’ preziosi arredi
ch’oggi t’invia la sottomessa Scozia...
(Sospende il discorso nel riconoscere tra gli
ostaggi la consorte ed il cognato)
(Fra sè)
Oh ciel!... che mai vegg’io...
Stelle!... Matilde!... Enrico!...
E un sogno il mio?
ELISABETTA
(Agli ostaggi)
Sorgete. Entro la reggia
avrete asilo. All’onorevol grado
de’ paggi miei v’eleggo.
(Scende dal trono)
Londra festeggi in così lieto giorno
delle nostre armi il fortunato evento;
sia partecipe ognun del mio contento.
(Elisabetta nel ritirarsi guarda benignamente
Leicester, donandogli la mano da baciare.
Norfolk freme; Matilde fa lo stesso; Enrico,
che se ne accorge, fa cenno alla sorella d'esser
cauta. Ognuno ritirasi fuorchè Leicester, il
quale
va sull’'ingresso ed ivi trattiene Matilde, ch’è
l’ultima ad entrare, a fá che ella retroceda)
Duetto
LEICESTER
Incauta, che festi!
Seguirmi perchè?
Gli affetti son questi
d’amore e di fé?
MATILDE
La fede, l’amore
guidano il mio piè;
di sposa al timore
ritegno non v'è.
LEICESTER
Ma in tanto periglio...
MATILDE
Non basta consiglio.
LEICESTER
Ah! Trema per te!
MATILDE
Sol tremo per te!
A DUE
Che palpito io sento!
Che crudo tormento!
Perplesso/perplessa, me stesso/stessa
non trovo più in me.
Recitativo ed Aria
LEICESTER
Sconsigliata! e non sai che del tuo sangue
la nemica maggior qui si ritrova?
Chi mai trasse a questo
passo orribil, funesto?
MATILDE
Ahi! sposo... appena
fosti da me diviso,
fama suonò che amore,
e l'amor più tenace, Elisabetta
per Leicester nutria. Qual fosse, oh Dio,
allor l’affanno mio, chi spiegar mai
potrebbe?...
Ah! viene Enrico.
(Entra Enrico)
LEICESTER
Tu, mio congiunto e amico,
di cotanta imprudenza
potesti mai complice farti?
ENRICO
Ah! Taci.
Ella te’l dica; usai
ogni opra, ogni consiglio
per distorla, ma invan.
Vedendo troppo ostinato quel cor,
volli seguirla,
pensando in queste mura,
colla presenza mia, farla sicura.
LEICESTER
Vana speranza!
E non pensate, incauti,
che di Maria Stuarda
qui proscritt’á è la prole?
Ch’Elisabetta vuole
del vosro sangue il germe appien distrutto?
MATILDE
Oh Dio!
ENRICO
Fa cor, diletta suora;
l’avvenir men funesto lo spero ancora.
LEICESTER
Separarci convien. Destar sospetto
il favellar qui a lungo ora potria.
Seguila, Enrico; ad ambo
la prudenza or sia guida,
e poi di nostra sorte il ciel decida.
(Fra sè)
Vadasi in traccia di Norfolk, del caro
verace amico in cui pongo ogni speme;
ei sol può invigorir un cor che geme.
(Parte)
ENRICO
Andiam. Vuole il destino,
che teco io resti al fianco di colei,
che degli affanni nostri
fu primiera cagion.
MATILDE
Questo, o germano,
è il dolor che mi uccide.
ENRICO
D'uopo abbiam il coraggio.
Forse d’esperanza un raggio
il ciel pietoso fia che vibri per noi.
MATILDE
Sperar non oso.
Sento un’interna voce
che in lagrimevol suono
dice che nata io sono
a piangere e penar.
Ah! se tolto un sol momento
tanto orror da me sarà,
palpitar di bel contento
questo core allor potrà.
(Parte con Enrico)
Scena Seconda
(Appartamenti reali)
NORFOLK
(Fra sè)
Che intesi!
(Forte)
In queste stanze, inosservato,
puoi, dolce amico, favellar.
(Fra sè)
Che gioia!
(Forte)
Prosegui.
LEICESTER
Un dì, dopo ostinata pugna,
terribil oragan sorge improvviso.
Da’ miei prodi diviso,
in umile capanna
m’è d’uopo ricovrar; quivi m’accoglie
vecchio pastor; Matilde,
che sua figlia credei,
si offerse agli occhi miei: vederla e amarla
è l’opra d’un istante. Al nuovo giorno
in campo io fo ritorno.
Tutto in breve a me cede;
ma, oh Dio! del vincitore
in dolce schiavitù rimane il core.
NORFOLK
E come di Matilde
sposo ti festi?
LEICESTER
Grato all’amistade
di qual pastor, m’offersi
contro all’ostil furor d’essergli schermo.
Sento che illustre Scoto
in lui si nascondea; allor gli chiedo
la figlia in moglie; il vedo
al mio discorso impallidir; comprendo
che grave arcano ci cela: prego, insisto;
di Matilde e d’Enrico allor mi svela
l’origine real... Puoi figurarti
qual fu la mia sorpresa. All’amor mio,
tanto tenace, amor quanto funesto,
pietà s’aggiunse...
Io già ti dissi il resto.
NORFOLK
A grave rischio, amico,
i giorni tuoi, la gloria ponesti;
ma fu colpa d’amore
e amor fa la tua scusa.
(Fra sè)
Esulta o core!
LEICESTER
Sant’amistade
tra gli affanni che io provo,
almen qualche conforto in te ritrovo.
(Parte)
NORFOLK
(Solo)
Stelle! T’inganni.
Ah! Meglio
saria stato per te chieder aita
al mar fremente, alle voraci belve,
alle furie d’averno,
che non ad un nemico,
qual ti fui, qual ti son...
(Vedendo giungere Elisabetta)
M’offre vendetta
la total ruina.
(EIisabetta entra)
Recitativo e Duetto
Colmo di duol, Regina,
d’un così lieto dì son io costretto
la gioia a funestarti.
ELISABETTA
Come!
NORFOLK
Oh Dio!
Favellar non poss’io... No; forza tanta
in me non è.
ELISABETTA
Spiegati.
NORFOLK
Orrendo arcano,
misera, udrai... Deh! lascia...
Sì, lasciami tacer.
ELISABETTA
Parla. L’impongo.
NORFOLK
T’ubbidirò.
Leicester...
ELISABETTA
Che! Leicester...
NORFOLK
Avvinto in nodo coniugal...
ELISABETTA
Che parli?
NORFOLK
Il ver.
ELISABETTA
Possibil mai!...
Ah! T’ingannasti.
NORFOLK
No, non m’ingannai.
D’un degli ostaggi sotto finte spoglie
la sua sposa si asconde;
l’accompagna il germano...
Ambi son figli...
ELISABETTA
Prosegui... Ohimè!
NORFOLK
Mi manca al dir la voce.
ELISABETTA
Figli di chi?
NORFOLK
Ti nuoce il mio parlar.
ELISABETTA
Tutto saper io voglio.
NORFOLK
Figli a colei, che si t’offese il soglio.
(Elisabetta, a queste ultime parole cade sopra
una sedia ed ivi rimane immobile e come fuori
di sé. Norfolk, con volto ipocrita, si avvicina)
Perchè mai, destin crudele,
costringesti il labbro mio!...
Ma fedele a te son io
mentre accuso un traditor.
ELISABETTA
Con qual fulmine improvviso
mi percosse irato il ciel!
Qual s’addensa orrendo velo
che mi colma di terror!
NORFOLK
Deh! rammenta...
ELISABETTA
Taci... Oh Dio!
NORFOLK
Pensa al regno!
ELISABETTA
Oh Dio! Mi lascia!
NORFOLK
Sventurata!
ELISABETTA
Fiera ambascia!
NORFOLK
Per te geme questo cor.
ELISABETTA
Lacerar mi sento il cor.
(Fra sè)
Misera! A quale stato
mi riserbò la sorte!
Stato peggior di morte:
Pių fiero non si dà.
NORFOLK
(Fra sè)
Reggimi: in tale stato,
deh: non tradirmi o sorte!
Vada il rivale a morte:
pago il mio cor sarà.
(Ad Elisabetta)
Regina, ormai decidi.
ELISABETTA
Sì, perirà l’indegno.
NORFOLK
(Fra sè)
Sorte, a’ miei voti arridi.
ELISABETTA
Sgombri da me pietà.
A DUE
Quell’alma perfida
non vada altera;
del fallo orribile
la pena avrà.
Fra cento spasimi
l’iniquo pera,
a eterno esempio
d’infedeltá.
(Norfolk parte; entra Guglielmo)
Recitativo
ELISABETTA
Guglielmo, ascolta.
Pronte ad ogni mio cenno, sull’ingresso
sien le reali guardie. Va! Ma pria
qui Leicester invia...
Trattienti...
(Fra sè)
Oh affanno!
Dove io mi sia non so
(Forte)
Di Scozia i paggi tutti raduna in questo loco.
GUGLIELMO
Il cenno vado a compir.
(Parte)
ELISABETTA
(seduta)
Che penso, desolata regina?
A che mai serve
aver doma la Scozia e salvo il trono
se un’infelice io sono?
Sconoscente! Ei pur vide
l’amor d’Elisabetta,
e in laccio coniugal stringer pur volle
della maggior nemica sua la figlia!
Oh delitto!... Ma tremi
l’iniqua coppia. Son regina e amante.
Doppia vendetta... Ecco l’indegno...
Oh istante!
(Leicester viene da un lato; Matilde ed Enrico
co’ giovani Scozzesi dall'altro. Leicester, che
si
sarà presentato con premura, nel vedere la
moglie,
si ferma ad un tratto; Matilde e Enrico vedendo
Leicester fanno lo stesso; Elisabetta riconosce
da’
moti e dalla confusione del volto la sua rivale
ed
il fratello)
LEICESTER
(Fra sè)
Matilde!
MATILDE
(Fra sè)
Oh cielo!
ENRICO
(Fra sè)
Oh incontro!
ELISABETTA
(Fra sè)
E dessa... Oh rabbia!
(Forte)
T'avanza, o duce... A che t’arresti?
Io voglio men sommesso vederti.
Ti è noto che il primo
de’ miei fidi tu sei, che tal ti estimo.
LEICESTER
Regina...
(Fra sè)
Che dirō?
Oh Dio
(Forte)
L’umil tuo servo... a tanta
magnanima bont’a...
(Fra sè)
Mi perdo.
MATILDE
(Fra sè, facendo vedere la propria agitazione)
Oh
pena!
ENRICO
(All’orecchio di Matilde)
Germana, ah! ti raffrena.
ELISABETTA
Non prosegui?
(Dopo aver guardato a un tempo Leicester,
Matilde ed Enrico)
Eh! lascia omai quell'importun ritegno...
(Fra sè)
Geme, trema l'indegno.
Oh piacer di vendetta!...
(Forte)
Ma coraggio
or ti darà la stessa tua regina.
Vieni, giovane eroe.
MATILDE
Ah!
ELISABETTA
(Al sospiro di Matilde benchè sommesso,
si volta a guardarla; poi dice a Leicester:)
Tavvicina.
Se mi serbasti il soglio
al campo dell’onor,
darti mercede io voglio
degna del tuo valor.
(A cenno d’Elisabetta si avanza un guardia;
la regina le parla in segreto)
LEICESTER
Donna real, deh! frena
sė generosi accenti...
LEICESTER, MATILDE, ENRICO
(Fra sè)
Oh Dio, resisto appena
a palpiti frequenti
del mio dubbioso cor.
ELISABETTA
(Fra sè)
Benchè fra’ suoi tormenti,
avrà vendetta amor.
(Ritorna la guardia, recando un
bacile coperto
da un drappo)
LEICESTER
(Fra sè)
Di qual mercè favella
io non comprendo ancor.
ENRICO, MATILDE
(Fra sè)
La mia perversa stella
sempre divien peggiore.
ELISABETTA
(Che avrà furtivamente osservati i moti di
Leicester, di Matilde e d’Enrico, ed i loro
sguardi
d’intelligenza, freme in segreto; si alza, poi,
forzando se stessa, dice:)
Eccoti, eroe magnanimo,
d’un grato core il pegno:
te riconosca il regno
per mio consorte e re.
(Scopre il bacile indicato, che contiene lo
scettro
e la Corona.
Leicester ed i suoi congiunti
rimangono
a tal vista oltremodo confusi ed
abbattuti.
Elisabetta
gode del loro turbamento)
LEICESTER, MATILDE, ENRICO
(Fra sè)
Qual colpo inaspettato
a noi serbava il fato...
Il gelo della morte
tutto s’aduna in me.
ELISABETTA
(Fra sè)
Al colpo inaspettato
che lor serbava il fato
il gelo della morte
impallidir il fe’.
(Dopo qualche pausa)
Duce, in tal guisa accogli
d’una regina il dono?
LEICESTER
(Tremante, fra sè)
Oh ciel!
(Forte)
Deh!... Scusa... al trono
vassallo umil non osa...
ELISABETTA
(Fra sè)
Empio!
ENRICO
(Piano a Matilde)
Ti frena.
MATILDE
(Fra sè)
Che affanno!
ELISABETTA
(Fra sè)
Anima rea!
A QUATTRO
(Fra sè)
Spiegar il duol ch’io sento
possibile non è.
(Dopo breve scena muta, in cui andrà crescendo
l’agitazione de’ due congiunti e d’Enrico,
Elisabetta, non potendo pių raffrenarsi,
proromperà come segue)
ELISABETTA
Ah! che più tollerar non poss’io
un vassallo fellon, menzoniero.
Or la benda dileguisi al vero:
ecco l’empia che infido ti fa.
(Nel dire queste ultime parole, corre a Matilde,
la prende per un braccio, trascinandola nel
mezzo della scena)
LEICESTER
(Fra sè)
Che mai vedo!
MATILDE
(Fra sè)
Deliro!
ENRICO
(Fra sè)
Son desto!
A TRE
(Fra sè)
Disvelato è l’arcano funesto…
(Ad Elisabetta)
Ah! regina, perdono, pietà.
(Cadono a ginocchio a’ piedi di Elisabetta)
ELISABETTA
Guardie, olà!
(Entrano Guglielmo, guardie, cavalieri e dame)
Quegl’indegni
sien serbati al mio giusto furore.
(Fra sè)
Sol
di rabbia si pasce il mio cuore;
sol vendetta conforto gli dà.
GUGLIELMO, CORO
Come!... il duce! l’eroe vincitore!...
Oh stupor!... Giusto ciel! che mai sarà?
LEICESTER, MATILDE, ENRICO
Schermo siam d’un perverso destino...
ELISABETTA
Traditori, fremete a’ miei sdegni.
LEICESTER
Sposa...
MATILDE
Sposo...
GUGLIELMO E CORO
Sposi!
ENRICO
(Abbracciando Matilde)
Germana...
ELISABETTA
Sien disvelti l’un l’altro dal seno.
LEICESTER, MATILDE, ENRICO
Ah, regina, perdono, pietà.
(Vengono a forza separati)
ELISABETTA
(Fra sè)
Sol si pasce il mio cor di veleno:
sol vendetta conforto gli dà.
CORO
Fatal giorno! Impresata ruina!
Surse il sole sereno, ridente -
Or declina - turbato, languente
e di lutto coprendo si va.
(Le guardie conducono a forza i congiunti da
parti opposte ed ognuno confusamente ritirasi)
ATTO SECONDO
Escena Prima
(Appartamenti. Entrano Elisabetta e Guglielmo)
ELISABETTA
Dov’è Matilde?
GUGLIELMO
(Accennando ad un degl’ingressi)
Attende colà i tuoi cenni.
ELISABETTA
A me si guidi e poi venga Leicester.
GUGLIELMO
Di pietà potresti?
Ah! si, pietade è in te...
ELISABETTA
Vanne: intendesti?
(Guglielmo entra dov’è Matilde. Matilde entra
con
guardie. Al cenno d’Elisabetta le guardie si
ritirano)
T’inoltra. In me tu vedi
il tuo giudice, o donna.
MATILDE
Ho un cor bastante
per ascoltare, intrepida, il mio fato.
ELISABETTA
Vuole ragion di stato,
che tu, nemica mia, che il tuo germano,
che un vassallo sleale
sopra palco ferale
d’un’odiosa trama
la pena abbiate.
Ma pietà favella
d’Elisabetta in sen. Scrivi. Rinunzia
ad ogni diritto tuo
di Leicester sul cor. Così da morte
vi potrete sottrar...
(Matilde freme)
Cedi alla sorte.
MATILDE
Ah! più d’ogni supplizio
è questa tua pietade.
ELISABETTA
Non cimentar la tolleranza mia.
Siedi, scrivi, rinunzia.
MATILDE
Invan...
ELISABETTA
Custodi . ..
MATILDE
Ah! senti...
ELISABETTA
Scrivi.
MATILDE
Sfoga sol contro me tutti gli sdegni tuoi;
ma il consorte, il germano...
ELISABETTA
Scriver non vuoi?
Pensa che sol per poco
sospendo l’ira mia;
quanto pių tardi fia,
pių fiera scoppierà.
MATILDE
Salva il germano, lo sposo,
s’è ver che giusta sei;
puo’ troncar i giorni miei
te’l chiedo per pietà.
ELISABETTA
Resisti ancora?
MATILDE
Oh Dio!
ELISABETTA
Rinunzia!
MATILDE
Invan! ferma! oh Dio!
Ti mova il pianto mio.
ELISABETTA
Non bastan quelle lagrime
a impietosirmi il cor.
MATILDE
Vorrei stemprarti in lagrime,
mio desolato cor.
(Elisabetta con gesto imperioso accenna a
Matilde di sedere al tavolino e di scrivere.
Matilde tremante si accosta, siede, pensa e
si alza per retrocedere; Elisabetta è in atto di
chiamare le guardie; Matilde la trattiene, e
si pone a scrivere; in questo comparisce
sull’ingresso Leicester non veduto dalle
due donne)
LEICESTER
(Fra sè)
Misero me!... La sposa dolente ed affannosa!
(Forte)
Che mai sarà quel foglio?
S’accresce il mio penar.
MATILDE
(Fra sè)
Qual è il dolor che uccide,
s’io reggo al mio dolor?
(Elisabetta vede Leicester)
ELISABETTA
Debitor le sei di vita;
leggi, o duce, e poi l’imita.
Dell’error, del tradimento
pentimento io voglio in te.
MATILDE
(Fra sè, mentre Leicester va al tavolino e
legge)
Tremo.
LEICESTER
Oh ciel!
A TRE
(Fra sè)
L’avverso mio destino
si fiero io non credei.
Quanto crudel tu sei!
Quanto mi costi amor!
LEICESTER
(A Matilde)
Sconsigliata, che facesti!
(Ad Elisabetta)
Ah! comprendo: in lei sapesti
violentar l’amor, la fè.
Ma t’inganni...
MATILDE
Odi...
LEICESTER
No!
ELISABETTA
Rifletti...
LEICESTER
No! A tal prezzo non voglio...
ELISABETTA
Trema...
LEICESTER
...conservare il viver mio.
MATILDE
Costanza!
LEICESTER
Serbo un cor che vil non è.
(Lacera il foglio)
ELISABETTA
(Alle guardia)
Olà!
Ah! Fra poco, in faccia a morte
cesserà cotanto orgoglio,
ed allor quell’alma forte
fia costretta a vacillar.
LEICESTER
Quell’ardir che in faccia a morte
ti difese e vita e soglio,
serberà quest’alma forte,
non avvezza a vacillar.
MATILDE
Ah! s’affretti pur la morte,
affrontarla io deggio e voglio;
non sarà quest’alma forte
più ridotta a vacillar.
(Leicester e Matilde partono, scortati dalle
guardie)
Recitativo
GUGLIELMO
Chiede Norfolk a te l’accesso.
ELISABETTA
Oh indegno!
Va’, digli che al suo labbro
debbo gli affanni miei; digli che in premio
di sua finta amistade
verso d’un infelice, ancorche infido,
disgombri al nuovo sol da questo lido.
(Parte)
GUGLIELMO
Oh giusto cielo! Alfine
il vero non trovo inciampo
onde giungere al trono: è alfin palese
quel doppio cor, d’iniquità ricetto...
Il regio cenno ad eseguir m’affretto.
(Parte)
Scena Seconda
(Atrio contiguo al carcere)
POPOLO
Qui soffermiamo il piè...
Il tetro asil quest’è
dove un barbaro fato condannó
chi la patria salvó da fiera sorte.
SOLDATI
Miseri noi! chi sa
se involarsi potrà
il nostro duce amato a tant’orror?
Forse colpa d’amor lo spinge a morte.
TUTTI
Qui soffermiamo il piè, ecc.
(Il popolo ed i soldati si avvicinano
al’'ingresso delle carceri. Entra Norfolk)
NORFOLK
(Fra sè)
Che intesi!... Oh annunzio!...
Questa è la merce’ ch’io merto?...
Anche fra lacci mi nuocerà costui!...
Norfolk, che pensi?
L’ingiusto esilio sopportar potrai?
Come a tanto rosso resisterai?
SOLDATI
Oh nostro duce amato!
NORFOLK
(Fra sè)
Duce!... Ah! comprendo appien…
POPOLO
Barbaro fato!
NORFOLK
(Fra sè)
Qui si compiange il mio nemico,
tutto congiura a’ danni miei...
Che risolvo?... Oh vendetta,
col manto di pietà ti copri. All’arte!
(Forte)
Amici, io vengo a parte
d’un coì giusto affanno.
E sarà vero che il prode
salvatore della patria
perir debba cosi?
Lo soffrirem?
CORO
Non mai.
NORFOLK
Ebben, m’udite. Assai
può giovarvi Norfolk. Già cade il sole:
al prigionier men vo. Se non poss’io
sottrarlo a’ ceppi suoi fra brev’istanti,
del carcere l’accesso
vi schiuderete, amici,
colla forza e il valor.
CORO
Signor, che dici!
Mancar di fede al trono
saria cotanto ardir.
NORFOLK
Ah! troppo ignora
del duce sventurato
Elisabetta il cor; lo crede reo
di lesa maestà, mentre quel core
colpevole non è: lo scusa amore.
Deh! Troncate i ceppi suoi;
deh! serbate a Elisa, al regno
il pių grande fra gli eroi,
il pių degno di pietà.
CORO
Or ci guida. Ogni alma fida
pronta aita lui a darà.
NORFOLK
(Fra sè)
Vendicar saprò l’offesa;
di furor questa alma accesa
quell’ingrata punirà.
CORO
Or ci guida, ecc.
NORFOLK
Non ha core chi non sente
la possanza d’amistà.
CORO
Non ha core, ecc.
(Il popolo ed i soldati partono seguendo
Norfolk)
Scena Terza
(Interno di un ampio carcere a volte,
rischiarato
in parte da un lampione; scala a sinistra, che
conduce ad una chiusa porta nell'alto; altra
piccola porta murata in fondo, che a suo tempo
vien diroccata; ingresso comune da un lato)
Aria
LEICESTER
Della cieca fortuna un triste esempio,
lasso! in me trovo. In questo giorno il sole,
testimonio di gloria,
sorgeva a rischiarar la mia vittoria.
Tramonta appena il sole, e in lutto
per me si cangia il tutto.
(Siede)
Ma d’uopo han di conforto
dopo lungo vegliar, le stanche membra,
e, mio malgrado, al sonno
sento che gli occhi miei regger non ponno.
(Si addormenta e parla in sogno)
Sposa amata... respira...
Cessan gli affanni nostri...
E il ciel placato...
Tergi quel pianto ormai...
Idolo del mio cor... penammo assai...
Deh! sposa... ascolta... non fuggir...
T’arresta.
(Si sveglia e si alza ad un tratto)
Ohimè!... dove son io?...
larva fu questa.
Fallace fu il contento,
certa è la mia sciagura.
Immerso, oh Dio! mi sento
nel primo affanno il cor.
Saziati, o sorte irata:
Apriti o terra, e invola
quest’alma desolata
a tanto suo dolor.
E l’adorata sposa,
e l’innocente Enrico
per sopportar si fiera
perir dovranno!... Oh Dio!
immagine d’orrore,
converria di macigno avere il core.
Recitativo e Duetto
(Norfolk entra con due guastatori)
NORFOLK
Amico...
LEICESTER
Ciel!... ti scosta.
NORFOLK
Così m’accogli!
LEICESTER
Pria di venire al mio sen, dimmi,
non deggio il presente mio stato
al tradimento tuo?
NORFOLK
Che parli? Ingrato!
Mi conosci sì poco? Eccoti il ferro:
Vibralo in me, se vuoi, ma l’onor mio
così non oltraggiar.
LEICESTER
Ma Elisabetta...
NORFOLK
Scoperse il ver, nè so dir come.
A lei
diressi i preghi miei.
Che non feci e non dissi onde quel core
impietosir per te? Vana speranza!
Voglio salvarti,
felice io voglio farti
e ad ogni costo.
LEICESTER
Come?
NORFOLK
Odi... Ma pria mira colà. Matilde
e il suo german divide
da te quel chiuso varco.
LEICESTER
Oh ciel!
NORFOLK
(A' guastatori, che si accingono ad atterrare
il muro della piccola porta nel fondo)
Quanto vi dissi, s'eseguisca.
(A Leicester)
Fra poco stringerli al sen potrai.
LEICESTER
Oh generoso! Oh degno...
NORFOLK
Del tradimento mio sia questo un segno.
LEICESTER
Deh! scusa i trasporti
d’un misero oppresso;
errai, lo confesso;
pentito son già.
NORFOLK
(Fra sè)
Costui di vendetta
mi schiude la via;
poi vittima sia;
estinto cadrà.
LEICESTER
Non parli?
NORFOLK
L’offesa a te perdona
quest’anima accesa di pura amistà.
A DUE
Ritorna al mio seno,
confortati/confortami appieno;
felice ti/mi renda
la mia/tua fedeltà.
NORFOLK
Unita alle schiere,
la plebe dolente,
attorno fremente
scorrendo sen va.
LEICESTER
Che narri!... E pretende?
NORFOLK
Troncar tue ritorte.
Suo duce ti attende...
LEICESTER
Che ascolto!
NORFOLK
La sorte
per te cangerà.
LEICESTER
Non sia!
Va...
NORFOLK
Ma senti...
LEICESTER
Ribelle del soglio!...
NORFOLK
Soccorso a momenti...
LEICESTER
Nol curo, nol voglio:
Orrore mi fa!
NORFOLK
Al fato crudele
soccombi, infelice,
se troppo fedele
quell’alma sarà.
LEICESTER
Il fato crudele
può farmi infelice
ma sempre fedele
quest’alma sarà.
(I due guastatori, avendo diroccato il muro
della porta, s’inoltrano nella medesima, indi
escono e si ritirano in dove son venuti.
Nell’atto
che Norfolk vuol far premure a Leicester, si
sentono stridere i cardini dell’altra porta
nella
sommità della scala, da cui discende Elisabetta,
preceduta da una guardia che reca una face.
Norfolk, scorgendo la regina, timoroso a tal
vista,
è in atto di partire, ma, cangiando pensiero, si
cela
dietro ad un pilastro in corta distanza
dell’ingresso
aperto poco prima, sul cui limitare si mostrano
Enrico e Matilde. L’oscurità nel luogo del fondo
non fa distinguerli da Norfolk nè dagli altri.
Leicester, meravigliato in vedere la sovrana,
rimane
confuso mentre ella scende. La guardia, dopo
aver
posato la face, si ritira al cenno d’Elisabetta)
Recitativo, Aria e Rondo finale
LEICESTER
(Prostrandosi)
Tu, regina!... deh! come...
ELISABETTA
Taci.
NORFOLK
(Fra sè)
Io tremo...
Che mai sarà.
MATILDE
(Sotto voce ad Enrico)
Cielo! Ella stessa!
ENRICO
(Come sopra a Matilde)
Il piede non inoltrar.
MATILDE
(Come sopra, vedendo Norfolk)
Costui perchè celato?
ENRICO
Udiam; t’accheta omai.
ELISABETTA
(Giunta al basso)
Misero ascolta.
Ecco l’ultima volta
che ti è dato di vedermi. A’ danni tuoi
favellaron le leggi, e i grandi a morte
ti condannaron già. La tua regina
approva la sentenza:
Elisabetta far non lo potria.
(Accennando la scala)
Per quella ignota via
ella t’offre uno scampo; va’, t’affretta;
la regina or non v’è, ma Elisabetta.
LEICESTER
Oh eccelsa donna!...
Amore
mi fece reo,
ma non ribelle al trono.
S’io m’involassi alla mia pena,
il mondo
tale mi crederia.
Lascia ch’io pera.
Mostrati generosa
a Enrico, alla mia sposa;
li salva; altro non bramo.
ELISABETTA
Un impossibil chiedi.
L’empio Norfolk che ti accusò...
LEICESTER
Che dici! Norfolk!
NORFOLK
(Fra sè)
Oh ciel!
ELISABETTA
Matilde e suo germano
al cospetto de’ grandi,
nomò complici tuoi contro lo stato.
LEICESTER
Norfolk!
ELISABETTA
Scellerato
tardi il conobbi; ognuno tacea. Punirlo
volli di sua finta amistade, e ognuno
di qual tempra è quel cor mi fe’ palese.
NORFOLK
(Fra sè)
Ohimè!
LEICESTER
Che mai tanta perfidia intese!
Ah! Regina, al riparo.
Il traditore
qui poc’anzi sen venne;
a me fingea
fida amistà;
volea farmi capo della plebe.
ELISABETTA
Oh Dio!
NORFOLK
(Fra sè)
Ah! perduto son io!
LEICESTER
Deh! Corri!
MATILDE
(Ad Enrico accennando Norfolk)
Mira!
ENRICO
(Vedendolo posar la mano sull'elsa della spada)
Ei stringe il brando.
ELISABETTA
(Dopo aver pensato)
L’empio si preverrà.
(In atto di scendere la scala)
NORFOLK
(Avventandosi colla spada ad Elisabetta)
Ma pria la morte avrai.
ELISABETTA
Cielo!...
ENRICO, MATILDE
Fermati!...
NORFOLK
Ohimè!...
LEICESTER
Mostro! che fai!
(Enrico e Matilde disarmano Norfolk; Enrico
gli pone al petto la punta della spada,
afferrandogli
il braccio destro; Matilde gli afferra il
braccio
sinistro; Leicester si para d’innanzi ad
Elisabetta)
ELISABETTA
Olà, Guglielmo!...
LEICESTER
Guardie!...
(Guglielmo e guardie entrano con faci, dalla
scala)
GUGLIELMO
Mia sovrana...
ENRICO, MATILDE
Vivi, o regina!
LEICESTER
Vivi, e vivi al regno.
NORFOLK
Oh destin!
ENRICO, MATILDE
Traditor!
LEICESTER
Barbaro!
ELISABETTA
Indegno!
Fellon la pena avrai
dovuta a tanto eccesso.
Dove s’intese mai
pių scellerato cor!
S’aggravi di ritorte;
vada l’iniquo a morte;
terribil fia lo scempio
d’un empio traditor.
(Norfolk è condotto dalle
guardie nel fondo del
carcere)
ENRICO, MATILDE
Deh! calmati.
LEICESTER, GUGLIELMO
Respira.
A QUATTRO
E il ciel pietoso ammira
de’ regi difensor.
ELISABETTA
Bell’alme generose,
a questo sen venite.
Vivete, omai gioite;
siate felici ognor.
(Dopo aver abbracciato Matilde ed Enrico,
li fa avvicinare a Leicester)
A QUATTRO
(Ad Elisabetta)
Oh grande!
CORO
(Di dentro)
Leicester!
A CINQUE
Quai grida!
CORO
(Di dentro)
Vederlo vogliamo
morire al suo piè.
(Vedonsi spalancare le porte del carcere.
Entra il coro, di soldati e popolo)
LEICESTER
Audaci! rispetto, frenate...
ELISABETTA
(Alle guardie che vogliono opporsi alla
moltitudine)
Fermate...
Sė tenero affetto
punibil non è.
CORO
(Prostrandosi)
La regina!... A’ piedi tuoi
imploriam pietà, perdono...
ELISABETTA
Ecco il duce: il rendo a voi,
rendo al trono il difensore.
CORO
Viva Elisabetta! L’eroina,
lo splendor di nostra età.
ELISABETTA
(Fra sè)
Fuggi amor da questo seno,
non turbar pių il viver mio.
Altri affetti non vogl’io
che la gloria e la pietà.
CORO
Viva Elisabetta, ecc.
|
ACTO PRIMERO
Escena Primera
(Sala del trono. Norfolk, Guillermo
y caballeros, esperan
la llegada de
la reina. Guardias)
CORO
Más gozosa, más bella
apareció la aurora;
las estrellas malévolas
escaparon del cielo.
El sol se dora
con un rayo de paz
pues
la antorcha de Marte
se ha extinguido.
NORFOLK
(Para sí)
¡Oh, voces funestas
que mi alma aborrece!
La rabia me domina
y he perdido la calma.
(Se oye a lo lejos una fanfarria que se acerca
poco a poco, anunciando la entrada en la ciudad
de los ejércitos victoriosos conducidos por
Leicester)
CORO
¡Escuchad!... Aquí llega
el héroe invencible,
esperanza de nuestros corazones,
felicidad de Albión,
sostén de Isabel
y esplendor del reino.
NORFOLK
(Para sí)
¡Qué inquietud, qué afán!
¡Destino tirano!
Me consumo de rabia,
me mata el dolor.
Recitativo
GULLERMO
(A Norfolk, aparte)
Sólo tú, señor, no participas
en la común alegría de esta fiesta.
¿Por qué? Mira a tu alrededor:
mira cuánta alegría ilumina sus semblantes.
NORFOLK
(Para sí)
¡Inoportuno!
(En voz alta)
Guillermo,
sí me alegro del bien común,
lo sabe el cielo y tú, puesto que conoces
hasta el fondo de mi corazón sensible.
GUILLERMO
(Para sí)
¡Cómo podría
ignorar quién eres!
NORFOLK
Pero viendo que no he participado
en la conquista de los trofeos ingleses,
mi corazón se siente destrozado.
CORO Y CAVATINA
(Entra Isabel, acompañada de su séquito de
damas,
caballeros, pajes y guardias. Todos se inclinan)
CORO
¡Alégrate, Isabel,
en este bendito día!
El hado mudó su rostro
y todo ha cambiado para ti.
Verás al héroe invicto
depositar los laureles a tus pies.
ISABEL
¡Qué agradable es para mi alma
este dulce goce compartido!
Llegó al fin el gran momento
que nos invita al sosiego.
CORO
Después de tantos peligros
encontrarás, reina,
el reposo en el seno de la paz.
ISABEL
Mi corazón así lo entiende,
y palpita de felicidad.
(Para sí)
Volveré a ver al querido ser
cuyo amor me ilumina.
CORO
Nunca Inglaterra encontró tanto
júbilo como ahora contigo.
Recitativo y Coro
ISABEL
¡Grandes del reino! Este día
es el más hermoso de mi vida.
La victoria coronó las sienes de los ingleses.
El nombre del gran caudillo,
a quien debe la patria todo su bienestar,
resuena
por doquier.
Goza de tanta fama
que cualquier alabanza es menor a su mérito.
No dejaré de honrar a tan noble héroe.
¡Llamadlo a mi presencia!
GUILLERMO
Se apresura a postrarse a vuestros pies.
ISABEL
(Para sí)
¡Qué alegría!
(En voz alta)
¡Adelante!
(Los Grandes acuden a la entrada de la sala para
recibir al vencedor. Norfolk les sigue, contra
su
voluntad. Ayudada por Guillermo, Isabel se
sienta
en el trono. Entra Leicester con los oficiales,
seguido
por los Grandes de Escocia, entre los que está
Matilde, en traje varonil, y Enrique)
CORO
¡Acude, paladín, acude a secar tu frente!
Con el olivo de la paz y el laurel
vamos a coronar tu cabeza.
Todo cede ante tu potente brazo,
gracias a ti todos los rostros sonríen;
gracias a ti se acabaron los pesares.
Recitativo
LEICESTER
Graciosa majestad, en vano
el altivo escocés se opone a nuestro valor.
Con vuestro nombre en sus labios
lucharon los ingleses y,
al fragor de las armas,
los enemigos, al morir,
lo oían en boca de los vencedores.
La llama de la discordia
se ha
extinguido.
Sucumbieron a vuestro poder
los que aspiraron a quebrarlo.
Ya no necesitáis más
de nuestro valor;
dejamos a vuestros pies
el mando de las armas
que os dignasteis confiarnos. ¡Aquí teneis la enseña!
(Deja sobre las gradas del trono el bastón de
mando)
Alegraos, Isabel, para que con vos se alegre el
reino.
ISABEL
Joven héroe, cuanto hiciste para mí,
todo aquello que has hecho por la patria,
gracias a tu gran corazón,
vale más que cualquier
merced.
Nunca lo olvidaré... Acércate.
Acepta esta prenda
que te da mi alma agradecida.
(Leicester se arrodilla. Isabel desabrocha de su
pecho la insignia de una orden de caballería,
que dona al caudillo)
LEICESTER
¡Oh, generosa!
NORFOLK
(Para sí)
¡Qué rabia!
MATILDE
(Para sí)
¡Qué celos!
(A una señal de Leicester avanzan los escoceses
y se
postran ante la reina, presentándole unas
ofrendas
que llevan en bandejas cubiertas de blanca tela)
LEICESTER
Estos son, excelsa soberana,
rehenes de una antigua e ilustre estirpe
que ahora se postran a los pies del trono.
Que los preciosos regalos
que hoy os envía la sometida Escocia...
(Suspende el discurso al reconocer
entre los
rehenes
a su mujer y su cuñado)
(Para sí)
¡Oh cielos, qué veo!
¡Dioses, Matilde, Enrique!
¿Estaré soñando?
ISABEL
(A los rehenes)
¡Levantaos!
En este palacio
tendréis asilo.
Os elevo
al honorable cargo de pajes.
(Desciende del trono)
Londres celebrará, en este día de alegría,
el afortunado evento de nuestras armas.
Participad todos de mi satisfacción.
(Isabel, antes de retirarse, mira con cariño a
Leicester, a quien ofrece su mano para que la
bese.
Norfolk y Matilde se estremecen; Enrique, que se
ha
dado cuenta de todo, hace un signo a su hermana
para
que sea prudente. Todos salen, menos Leicester,
que
acude a la salida y retiene a Matilde, última en
salir,
haciéndola retroceder)
Dúo
LEICESTER
¡Imprudente! ¿Qué has hecho?
¿Por qué me has seguido?
¿Crees que esto son pruebas
de amor y fidelidad?
MATILDE
La fe y el amor
han guiado mis pasos;
los temores de una esposa
no podrían haberlos detenido.
LEICESTER
Pero... entre tanto peligro.
MATILDE
No bastan los consejos.
LEICESTER
¡Ah, tiembla por ti!
MATILDE
Sólo tiemblo por ti.
A DÚO
¡Qué zozobra siento!
¡Qué cruel tormento!
Me encuentro perplejo/a
y no me encuentro a mí mismo/a.
Recitativo y Aria
LEICESTER
¡Imprudente! ¿Ignoras que aquí se encuentra
la mayor enemiga de tu sangre?
¿Quién te ha impulsado a un acto
tan horrible y funesto?
MATILDE
¡Ah, esposo mío!
Apenas
te separaste de mí,
corrió el rumor de que Isabel
sentía por Leicester
el más tenaz amor.
¡Cuánta angustia, Dios!
¡Ah, ahí viene Enrique!
(Entra Enrique)
LEICESTER
Tú, mi cuñado, mi amigo,
¿cómo pudiste hacerte cómplice
de semejante imprudencia?
ENRIQUE
¡Ah, calla!
Que te lo diga ella; he agotado
todos los argumentos, todos los consejos
para disuadirla, pero ha sido en vano.
Viendo lo obstinado de su corazón
he querido seguirla
creyendo que entre estas paredes
podría protegerla con mi presencia.
LEICESTER
¡Vana esperanza!
¿No pensasteis, incautos,
que aquí está proscrita la prole
de María Estuardo?
¿Que Isabel quiere
destruir todo germen de vuestra sangre?
MATILDE
¡Oh, Dios!
ENRIQUE
¡Valor, hermana mía!
Aún confío en un futuro menos funesto.
LEICESTER
Conviene que nos separemos.
Seguir hablando
podría levantar sospechas.
Acompáñala Enrique, y que la prudencia
os sirva de guía a los dos.
¡El cielo decidirá nuestra fortuna!
(Para sí)
Es preciso que encuentre a Norfolk, el querido
y
sincero amigo en quien cifro mis esperanzas.
Sólo
él puede renovar el valor de mi corazón apenado.
(Parte)
ENRIQUE
¡Vámonos! El destino ha querido
que permanezca junto a aquella
que fue la causa primera
de todos nuestros afanes.
MATILDE
Ese es, hermano,
el dolor que me mata.
ENRIQUE
Hemos de tener valor.
Quizás el cielo piadoso,
nos brinde un rayo de esperanza.
MATILDE
No me atrevo a esperarlo.
Hay en mí una voz
que en lagrimoso tono
me dice que he nacido
para llorar y sufrir.
¡Ah! Si sólo un instante
pudiese escapar de tanto tormento
mi corazón podría palpitar entonces
con dulce alegría.
(Parte con Enrique)
Escena Segunda
(Apartamentos reales)
NORFOLK
(Para sí)
¿Qué oigo?
(En voz alta)
En esta estancia, inadvertidos,
podemos hablar, querido amigo.
(Para sí)
¡Qué placer!
(En voz alta)
Prosigue.
LEICESTER
Un día, tras obstinada lucha,
un terrible huracán surgió de pronto.
Separado de mis valientes,
tuve que refugiarme
en una humilde cabaña.
Allí me acogió
un viejo pastor.
Matilde,
a quien tomé por su hija,
apareció ante mí; verla y amarla
fue obra de un instante. Al día siguiente
tuve que regresar a la campiña.
Todo se somete ante mí;
pero ¡Dios! el corazón del vencedor
permanece en una dulce esclavitud.
NORFOLK
¿Y cómo te convertiste
en el esposo de Matilde?
LEICESTER
Agradecido por la amistad
que me había ofrecido el pastor,
me ofrecí a protegerla del furor hostil.
Percibí que en su persona
se escondía
un ilustre escocés;
entonces le pedí a su hija por esposa.
Vi que palidecía a mi demanda;
comprendí
que guardaba un gran secreto;
rogué; insistí
y me reveló de Matilde y Enrique
el origen real...
Puedes imaginarte
cuál fue mi sorpresa.
A mi amor,
tan tenaz como funesto,
se añadió la piedad.
Todo te lo he contado.
NORFOLK
Has expuesto tus días de gloria
a un grave riesgo, amigo;
pero el amor tuvo la culpa
y el amor tiene excusas.
(Para sí)
¡Exulta, corazón mío!
LEICESTER
¡Sagrada amistad!
En medio de mis tormentos
al menos encuentro algún consuelo.
(Parte)
NORFOLK
(Solo)
¡Cielos, te engañas! ¡Ah!
Mejor
hubiera sido para ti pedir ayuda
al tempestuoso mar, a las fieras voraces,
o
a las furias del Averno,
en lugar de a un enemigo
como yo he sido, como sigo siendo.
(Viendo entrar a Isabel)
La venganza me ofrece
tu aniquilamiento.
(Entra Isabel)
Recitativo y Dúo
Constreñido de dolor, reina,
en un día tan placentero, me siento obligado
a ensombrecer este gozo.
ISABEL
¡Cómo!
NORFOLK
¡Oh, Dios!
No puedo hablar... No hallo en mí
fuerza bastante.
ISABEL
Explícate.
NORFOLK
Sólo escucharíais
un horrible secreto.
¡Por favor, dejadme!
Dejadme que calle.
ISABEL
Habla. Te lo ordeno.
NORFOLK
Os obedeceré. Leicester...
ISABEL
¡Cómo! Leicester...
NORFOLK
Atado por el nudo conyugal...
ISABEL
¿Qué dices?
NORFOLK
Es cierto.
ISABEL
¡Imposible!
Estás en un error.
NORFOLK
No, no me engaño.
Fingiéndose rehén
su esposa se esconde;
la acompaña el hermano...
Ambos son hijos...
ISABEL
¡Sigue, ay de mí!
NORFOLK
Me falta la voz para hablar.
ISABEL
¿Hijos de quién?
NORFOLK
Mis palabras os harán daño.
ISABEL
Quiero saberlo todo.
NORFOLK
Son hijos de la que tanto ofende tu trono.
(Isabel, después de estas palabras, toma asiento
y queda inmóvil, como fuera de sí. Norfolk, con
aire hipócrita, se aproxima a ella)
¿Por qué, cruel destino,
me habéis obligado a hablar?
Pero os soy fiel
cuando acuso a un traidor.
ISABEL
¡Con qué rayo imprevisto
me ataca un cielo airado!
¡Qué horrible velo se espesa
y me llena de terror!
NORFOLK
¡Por Dios! Recuerdad...
ISABEL
¡Calla, oh Dios!
NORFOLK
Acordaos del reino...
ISABEL
¡Dios, déjame!
NORFOLK
¡Desafortunada!
ISABEL
¡Cruel angustia!
NORFOLK
Por vos gime mi corazón.
ISABEL
Lacerado está.
(Para sí)
¡Desgraciada! A qué estado
me ha conducido la fortuna.
Esto es peor que la muerte.
No cabe suerte más cruel.
NORFOLK
(Para sí)
¡Fortuna! No debes traicionarme
en estado semejante.
Cuando perezca mi rival
mi corazón será recompensado.
(En voz alta)
¡Reina, decidíos!
ISABEL
¡Sí, perecerá el indigno!
NORFOLK
(Para sí)
¡Fortuna, has colmado mis deseos!
ISABEL
Que la piedad se aparte de mí.
A DÚO
Que esa alma pérfida
no vuelva a ofender.
Recibirá el castigo
por su horrible ignominia.
Que el inicuo perezca
bajo cien dolores
como ejemplo eterno
de infidelidad.
(Norfolk parte; entra Guillermo)
Recitativo
ISABEL
Escucha Guillermo:
que la guardia real
forme en la puerta. ¡Ve!
Pero antes
haz que pase Leicester.
(Para sí)
Debo tranquilizarme.
¡Qué angustia! Ya no sé dónde estoy.
(En voz alta)
Trae aquí a todos los pajes de Escocia.
GUILLERMO
Salgo para cumplir vuestras órdenes.
(Parte)
ISABEL
(Sentada)
¿En qué piensas, reina desgraciada?
¿De qué sirve
haber dominado Escocia y salvado el trono
si no soy feliz?
¡Ingrato!
Conociendo
el amor de Isabel,
has anudado un lazo conyugal
con la hija de su mayor enemiga.
¡Qué infamia!
¡Que tiemble
la pareja inicua!
Soy reina y amante.
¡Doble venganza! Ahí llega el indigno.
¡Oh, qué momento!
(Leicester entra por un lado; Matilde y Enrique,
acompañados por jóvenes escoceses, por otro.
Leicester, presuroso en presentarse, se detiene
al
ver a su mujer. Matilde y Enrique, viendo a
Leicester,
hacen lo mismo. Isabel, por tanta
turbación,
entiende que la pareja la forman su
rival y su
hermano)
LEICESTER
(Para sí)
¡Matilde!
MATILDE
(Para sí)
¡Oh, cielos!
ENRIQUE
(Para sí)
¡Qué encuentro!
ISABEL
(Para sí)
¡Es ella, qué rabia!
(En voz alta)
Avanza caudillo, ¿por qué te detienes?
Me gustaría verte menos humilde.
Sabes que eres el primero de mis súbditos
y que por tal te tengo.
LEICESTER
Reina...
(Para sí)
¿Qué voy a decir? ¡Oh, Dios!
(En voz alta)
Vuestro humilde siervo... ante tanta
magnanimidad...
(Para sí)
¡No sé lo que digo!
MATILDE
(Para sí, sin poder disimular su turbación)
¡Oh, pena!
ENRIQUE
(Al oído de Matilde)
¡Hermana, repórtate!
ISABEL
¿No quieres seguir?
(Tras haber contemplado un rato
a Leicester,
Matilde y Enrique)
Olvida por un momento esta inoportuna
reserva...
(Para sí)
¡Gime, tiembla el infame!
¡Placer de la venganza!
(En voz alta)
Pero tu reina
te dará valor en seguida.
Acercaos, jóvenes héroes.
MATILDE
¡Ah!
ISABEL
(Ante el suspiro de Matilde, aunque retenido,
la contempla; luego le dice a Leicester:)
¡Acércate!
Por haber defendido mi trono
en el campo del honor
quiero dispensarte una merced
digna de tu valor.
(A una señal de Isabel se acerca un
guardia;
ella le habla en secreto)
LEICESTER
Majestad, moderad, por favor,
vuestras generosas palabras...
LEICESTER, MATILDE, ENRIQUE
(Para sí)
¡Dios mío! Apenas puedo resistir
las constantes palpitaciones
de mi corazón dubitativo.
ISABEL
(Para sí)
Estás claro que sobre sus tormentos
el amor hallará venganza.
(Vuelve el guardia, con una bandeja
cubierta por un paño)
LEICESTER
(Para sí)
No comprendo todavía
de qué merced me habla.
ENRIQUE, MATILDE
(Para sí)
Mi destino adverso
siempre empeora.
ISABEL
(Que ha observado la actitud de Leicester,
Matilde y Enrique, al igual que sus cómplices
miradas, tiembla en secreto; se levanta y, no
sin esfuerzo, dice:)
Acepta, héroe magnánimo,
la prenda de un corazón agradecido.
Quiero que el reino te reconozca
como mi esposo y su rey.
(Quita el paño de la bandeja y aparecen el cetro
y la corona. Leicester y los suyos permanecen
confusos y abatidos. Isabel se recrea en su
desconcierto)
LEICESTER, MATILDE, ENRIQUE
(Para sí)
Qué golpe inesperado
nos reservaba el hado...
El hielo de la muerte
se apodera de mí.
ISABEL
(Para sí)
Al golpe inesperado
que el hado les reservaba
el hielo de la muerte
les hace palidecer.
(Tras una pequeña pausa)
Caudillo, ¿de esa forma acoges
los dones de una reina?
LEICESTER
(Para sí, temblando)
¡Oh, cielos!
(En voz alta)
¡Ah, perdonad! Un humilde vasallo
no puede aspirar al trono.
ISABEL
(Para sí)
¡Desalmado!
ENRIQUE
(Por lo bajo a Matilde)
¡Repórtate!
MATILDE
(Para sí)
¡Qué ansiedad!
ISABEL
(Para sí)
¡Alma vil!
LOS CUATRO
(Para sí)
No sabría cómo explicar
el dolor que siento.
(Tras un momento de silencio, durante
el que no se reduce la excitación de los dos
conjuntos, Isabel, incontinente, da
libre curso a su furor en estos términos:)
ISABEL
¡Ah! No puedo seguir soportando
a un vasallo traidor y embustero.
Ahora que la verdad ha sido desenmascarada
mira a la desalmada que te ha hecho ser infiel.
(Al decir esta última palabra corre hacia
Matilde,
la coge de un brazo y la arrastra hasta el
centro
del escenario)
LEICESTER
(Para sí)
¿Qué es lo que veo?
MATILDE
(Para sí)
¡Estoy delirando!
ENRIQUE
(Para sí)
¿Estoy despierto?
LOS TRES
(Para sí)
Se ha descubierto el funesto secreto.
(En voz alta)
¡Ah! ¡Reina, perdón, piedad!
(Se arrodillan a los pies de Isabel)
ISABEL
¡Guardia, aquí!
(Entran Guillermo, guardias, caballeros y damas)
Que estos traidores
sean merecedores de mi justa furia.
(Para sí)
Sólo la cólera calmará mi corazón;
sólo la venganza lo reconfortará.
GUILLERMO, CORO
¡Cómo!... ¿El caudillo? ¿El héroe vencedor?
¡Qué estupor! ¡Santo cielo! ¿Qué ocurrirá?
LEICESTER, MATILDE, ENRIQUE
Somos las víctimas de un destino perverso...
ISABEL
¡Traidores, temblad ante mi furor!
LEICESTER
¡Esposa mía!
MATILDE
¡Esposo!
GUILLERMO, CORO
¡Son esposos!
ENRIQUE
(Abrazando a Matilde)
Hermana...
ISABEL
¡Separadles de ese abrazo!
LEICESTER, MATILDE, ENRIQUE
¡Ah, reina, perdón, piedad!
(Se les separa por la fuerza)
ISABEL
(Para sí)
Mi corazón sólo se alimenta de veneno;
sólo la venganza lo puede consolar.
CORO
¡Día infausto, imprevista catástrofe!
Surgió el sol sereno y sonriente,
pero ahora declina turbado y triste
para retirarse cubierto de luto.
(La guardia arrastra por la fuerza al grupo
y salen todos entre gran
confusión)
ACTO SEGUNDO
Escena Primera
(Isabel y Guillermo)
ISABEL
¿Dónde está Matilde?
GUILLERMO
(Señalando una de las puertas)
Ahí, esperando vuestras órdenes.
ISABEL
Tráela y que luego venga Leicester.
GUILLERMO
¿Podríais mostraros piadosa?
¡Ah, sí, la piedad está en vos!
ISABEL
¡Sal! ¿Lo has entendido?
(Guillermo entra en la estancia de Matilde.
Entra ella,
escoltada por los guardias; a una
señal de
Isabel los
guardias se retiran)
Acércate. En mí puedes ver,
¡oh, mujer! a tu juez.
MATILDE
Me sobra corazón para escuchar
mi destino sin desfallecer.
ISABEL
Por razones de estado es preciso
que tú, mi enemiga, y tu hermano,
un vasallo desleal,
seáis castigados en el patíbulo
por ser cómplices de una trama odiosa.
Pero la piedad anida
en el seno de Isabel.
Escribe, renuncia
a todos tus derechos
sobre el corazón de Leicester.
Así
podréis escapar de la muerte.
(Matilde tiembla)
Acepta tu suerte.
MATILDE
¡Ah! Tu piedad es peor
que cualquier suplicio.
ISABEL
No confíes en mi tolerancia.
Siéntate, escribe y renuncia.
MATILDE
¡Es inútil!
ISABEL
¡Guardias!
MATILDE
¡Ah!, Escucha...
ISABEL
Escribe.
MATILDE
Desencadena sobre mí todos tus agravios;
pero no sobre mi esposo y mi hermano...
ISABEL
¿No quieres escribir?
Piensa que por muy poco tiempo
podré retener mi cólera;
cuanto más tardes en decidirte
más furiosa estallará.
MATILDE
Salva a mi hermano y a mi esposo,
si es cierto que eres justiciera.
Puedes acabar conmigo,
te lo ruego por piedad.
ISABEL
¿Todavía te resistes?
MATILDE
¡Oh, Dios!
ISABEL
¡Renuncia!
MATILDE
Es en vano. ¡Calla! ¡Ay Dios!
Deja que te conmueva mi llanto.
ISABEL
Tus lágrimas no bastan
para enternecer mi corazón.
MATILDE
Mi desolado corazón
está anegado de lágrimas.
(Isabel, con gesto imperioso, obliga a Matilde
a sentarse ante la mesa para escribir. Matilde,
temblorosa, se sienta, piensa y se levanta para
retroceder. Isabel se prepara para llamar a la
guardia. Matilde la retiene y se dispone a
escribir. En ese momento aparece Leicester
inadvertido hasta el momento de las dos
mujeres)
LEICESTER
(Para sí)
¡Triste de mí! Mi mujer, dolida y afanosa...
(En voz alta)
¿Qué es esa carta?
Se acrecienta mi penar.
MATILDE
(Para sí)
¿Acaso el dolor mata,
cuando puedo soportar el mío?
(Isabel advierte la presencia de Leicester)
ISABEL
Le debes tu vida.
Lee, caudillo, e imítala después.
Quiero que te arrepientas
de tu error, de tu traición.
MATILDE
(Para sí, mientras Leicester va a la mesa)
Tiemblo.
LEICESTER
¡Oh, cielos!
LOS TRES
(Para sí)
Nunca pude creer que mi destino
fuese tan doloroso.
¡Cuán cruel eres!
¡Cuánto me cuesta el amor!
LEICESTER
(A Matilde)
Imprudente, ¿qué hiciste?
(A Isabel)
¡Ah! Ya comprendo.
Quisiste
que ella
violentase su amor y fidelidad.
Pero os engañáis...
MATILDE
Escucha...
LEICESTER
No.
ISABEL
Reflexiona...
LEICESTER
No. A ese precio no quiero...
ISABEL
¡Tiembla!
LEICESTER
...conservar mi vida.
MATILDE
¡Paciencia!
LEICESTER
Mi corazón no está envilecido.
(Rasga la carta)
ISABEL
(A la guardia)
Olà!
¡Ah! Dentro de poco, frente a la muerte,
cesará vuestro orgullo
y entonces vuestras almas
comenzarán a vacilar.
LEICESTER
El valor que frente a la muerte
defendió vuestra vida y trono,
mantendrá la fortaleza de un alma
que no ha vacilado jamás.
MATILDE
¡Ah! Deseo que la muerte me lleve pronto;
quiero y debo afrontarla.
Jamás podrán hacer vacilar
mi fuerte alma.
(Leicester y Matilde salen escoltados por la
guardia)
Recitativo
GUILLERMO
Norfolk os solicita audiencia.
ISABEL
¡Oh, indigno!
Vete y dile que de sus labios
provienen todas mis ansias;
dile que en premio
de su pretendida amistad
para con un amigo,
le concedo
que al amanecer esté lejos de aquí.
(Parte)
GUILLERMO
¡Oh, justo cielo!
Por fin
no encuentro tropiezo
para servir al trono.
Por fin se valora a un corazón leal.
La real orden me apresuro a ejecutar.
(Parte)
Escena Segunda
(Atrio contuo a la prisión)
PUEBLO
Detengámonos aquí.
Este es el lóbrego asilo
al que un destino adverso condenó
a quien salvó a la patria de una suerte cruel.
SOLDADOS
¡Pobres de nosotros!
¿Quién sabe
si nuestro bien amado caudillo
podrá salir indemne de tanto horror?
Puede que un acto de amor lo impulse a la
muerte.
TODOS
Detengámonos aquí, etc.
(Pueblo y soldados se acercan a
la entrada
de la cárcel. Entra Norfolk)
NORFOLK
(Para sí)
¿Qué escuché? ¡Oh, qué infamia!
¿Es esta la recompensa que merezco?
¿Incluso encadenado ha de vencerme?
Norfolk, ¿en qué piensas?
¿Podrás soportar el injusto exilio?
¿Cómo soportarás tanta ignominia?
SOLDADOS
¡Oh, nuestro amado caudillo!
NORFOLK
(Para sí)
¿Caudillo?... Empiezo a comprender!
PUEBLO
¡Destino cruel!
NORFOLK
(Para sí)
Están compadeciendo a mi enemigo.
Todo se conjura contra mí...
¿Qué puedo hacer? Cubriré mi venganza
con un manto de piedad. ¡Astucia!
(En voz alta)
Amigos, vengo a participar
de vuestro justo afán.
¿Es posible que el prócer
salvador de la patria
pueda morir así?
¿Podemos tolerarlo?
CORO
¡Jamás!
NORFOLK
Pues bien, oídme.
Norfolk puede seros
de gran ayuda.
El sol declina. Iré a ver al prisionero
y
si no puedo liberarle
de sus cadenas,
abriréis enseguida, amigos míos,
las puertas de la cárcel
con fuerza y valor.
CORO
Señor, ¿qué dices?
Una audacia semejante
significaría traicionar al trono.
NORFOLK
¡Ah! Isabel ignora totalmente
el corazón del desventurado caudillo.
Lo cree reo de lesa majestad,
cuando su corazón
no es culpable. Hay una excusa: el amor.
¡Vamos, romped sus cadenas!
¡Vamos! Devolved a Isabel y al reino
al
más grande de todos,
al héroe
más digno de compasión.
CORO
Condúcenos. Todos sus leales
le prestaremos inmediata ayuda.
NORFOLK
(Para sí)
Sabré vengar la ofensa;
el furor que atiza mi alma
castigará a la ingrata.
CORO
Condúcenos, etc.
NORFOLK
No hay corazón que no sienta
el poder de la amistad.
CORO
No hay corazón, etc.
(Pueblo y soldados salen precedidos por Norfolk)
Escena Tercera
(Interior de una amplia cárcel con vóbeda,
iluminada
en parte por una lámpara. A la izquierda, una
escalera que lleva a una puerta cerrada en su
parte
superior. Al fondo, otra pequeña puerta. La
entrada
principal está a un lado)
Aria
LEICESTER
¡Ay de mí! Soy un triste ejemplo de la ciega
fortuna. El sol, tal día como hoy,
testigo de mi gloria,
surgía para alumbrar mi victoria.
¡Apenas el sol marchó a su ocaso
y todo se convirtió en luto para mí!
(Se sienta)
Pero, después de tanta vigilia,
necesito reposar
mis fatigados miembros,
y aún a mi pesar, dar mis ojos al sueño
puesto que no los puedo regir.
(Se adormece y habla en sueños)
Amada esposa, respira...
Ya cesan nuestros afanes...
Se aplaca el cielo...
Seca ya tu llanto...
Ídolo de mi corazón... suframos juntos...
¡Ah! Escucha mujer, no huyas...
¡Quédate!
(Despierta y se levanta sobresaltado)
¡Ay de mí! ¿Dónde estoy?
Ha sido un espectro lo que he visto.
Falaz fue mi alegría,
pero cierta mi desgracia.
¡Dios mío! Siento que mi corazón
está inmerso en la desesperanza.
¡Apártate de mí, suerte funesta!
¡Ábrete, tierra y engulle
mi alma desolada
que tanto dolor soporta!
¿Deberán perecer
mi adorada esposa
y el inocente Enrique? ¡Ay, Dios!
Para soportar tan cruel
imagen de horror
debería tener un corazón de piedra.
Recitativo y Dúo
(Norfolk entra con dos gastadores)
NORFOLK
¡Amigo!
LEICESTER
¡Cielos, aléjate!
NORFOLK
¿Así me acoges?
LEICESTER
Antes de acercarte a mí, dime,
¿no debo mi actual estado
a una traición tuya?
NORFOLK
¿Qué dices? ¡Ingrato!
¿Tan mal me conoces? Mira mi espada:
clávala en mí pero no te atrevas
a ultrajar mi honor.
LEICESTER
Pero Isabel...
NORFOLK
No sé cómo, pero descubrió la verdad.
Le dirigí todos mis ruegos.
¿Qué no hubiese hecho o dicho para que
su corazón se inclinase a la piedad?
Quiero salvarte,
quiero verte feliz
al precio que sea.
LEICESTER
¿Cómo?
NORFOLK
Escucha, pero antes mira:
este pasaje estrecho te separa
de Matilde y de su hermano.
LEICESTER
¡Oh, cielos!
NORFOLK
(A los gastadores, que se acercan para
derribar
la puertecita del muro)
¡Ejecutad cuanto os dije!
(A Leicester)
Pronto podrás abrazarla.
LEICESTER
¡Oh, generoso, digno!
NORFOLK
Esta es una señal de mi traición.
LEICESTER
¡Ay! Perdona los impulsos
de un desgraciado oprimido.
Me equivoqué, lo confieso
y estoy arrepentido.
NORFOLK
(Para sí)
Me está abriendo las puertas
de la venganza.
Él será la primera víctima
y muerto caerá.
LEICESTER
¿No dices nada?
NORFOLK
Mi alma, que arde de amistad,
te perdona la ofensa.
LOS DOS
Acércate a mis brazos,
confórtate/confórtame plenamente;
que te/me haga feliz
mi/tu fidelidad.
NORFOLK
El pueblo, afligido,
se ha unido a la tropa.
Todos agitados
vienen hacia aquí.
LEICESTER
¿Qué dices, qué pretendes?
NORFOLK
Romper tus cadenas.
Te esperan para que seas su caudillo.
LEICESTER
¿Qué oigo?
NORFOLK
Tu suerte
va a cambiar.
LEICESTER
¡No así! Vete...
NORFOLK
Escúchame...
LEICESTER
¡Traidor al trono!
NORFOLK
De momento es una ayuda.
LEICESTER
No la aprecio, no la quiero.
Me da horror.
NORFOLK
¡Infeliz! Vas a sucumbir
ante el hado cruel
si tu alma sigue
siendo tan fiel.
LEICESTER
El hado cruel
podrá hacerme infeliz,
pero mi alma siempre
permanecerá fiel.
(Los dos gastadores, tras derribar el muro,
franquean la puerta y después se retiran por
donde habían aparecido. Mientras tanto,
Norfolk quiere que Leicester tome una decisión
precipitada y se oyen los goznes de la puerta
que
lleva a la escalera por la que desciende Isabel,
precedida por un guardia que lleva una antorcha.
Norfolk ve a la reina y se asusta, presto a
salir pero,
cambiando de parecer, se esconde tras una
columna
próxima a la puerta abierta, poco antes de que
entren
Matilde y Enrique. La oscuridad que reina en el
fondo
de la sala permite que pasen inadvertidos a los
ojos
de Norfolk y de los demás. Leicester,
maravillado de
ver a la reina bajar la escalera. El guardia,
tras
haber colocado la antorcha, se retira ante una
señal de Isabel)
Recitativo, Aria y Rondó final
LEICESTER
(Prosternándose)
¡Tú, reina!... Pero ¿cómo?
ISABEL
¡Calla!
NORFOLK
(Para sí)
Tiemblo... ¿qué ocurrirá?
MATILDE
(En voz baja, a Enrique)
¡Cielos, es ella!
ENRIQUE
(Igualmente a Matilde)
No cometamos ningún error.
MATILDE
(Igual, y viendo a Norfolk)
Y éste ¿por qué se esconde?
ENRIQUE
Calla y escuchemos.
ISABEL
(De pie en la escalera)
Escucha, desgraciado.
Esta es la última ocasión
para que me contemples.
La Ley se ha pronunciado
y los grandes te han condenado a muerte.
Tu reina
aprueba la sentencia:
Isabel no podría hacerlo.
(Ascendiendo por la escalera)
Este camino conduce a la salida.
¡Vete deprisa!
No te lo da la reina, sino Isabel.
LEICESTER
¡Mujer sublime!...
El amor
me esclaviza,
pero no me convierte en traidor.
Si esquivase mi castigo,
el mundo
por traidor me tendría.
¡Déjame morir!
Muéstrate generosa
y salva a Enrique y a mi esposa;
otra cosa no deseo.
ISABEL
Me pides un imposible.
El despiadado Norfolk, que te acusó...
LEICESTER
¿Qué dices? ¡Norfolk!
NORFOLK
(Para sí)
¡Oh, cielos!
ISABEL
... ante los grandes del reino
declaró que tú, con Matilde y su hermano,
erais cómplices contra el estado.
LEICESTER
¡Norfolk!
ISABEL
No supe hasta muy tarde de su perfidia,
pero todos callaron. Quise castigarle por su
falsa amistad y me hicieron comprender
de qué temple era su corazón.
NORFOLK
(Para sí)
¡Ay de mí!
LEICESTER
¿Cómo puede entenderse tanta perfidia?
¡Ah, reina, protégete!
El traidor
hace poco estuvo aquí,
fingiéndo una
fiel amistad.
Quiso hacerme caudillo de la
plebe.
ISABEL
¡Dios mío!
NORFOLK
(Para sí)
¡Estoy perdido!
LEICESTER
¡Corre!
MATILDE
(A Enrique, mientras señala a Norfolk)
¡Mira!
ENRIQUE
(Viendo como empuña su espada)
¡Empuña la espada!
ISABEL
(Tras un momento de reflexión)
El impío será detenido.
(Se apresura a subir la escalera)
NORFOLK
(Avanzando hacia Isabel con su espada)
Antes te daré muerte.
ISABEL
¡Cielos!
ENRIQUE, MATILDE
¡Detente!
NORFOLK
¡Ay de mí!
LEICESTER
¡Monstruo! ¿Qué haces?
(Enrique y Matilde desarman a Norfolk; Enrique
pone
la espada sobre el pecho del contrario,
mientras
le
sujeta por el brazo derecho.
Leicester se
prosterna ante Isabel)
ISABEL
¡Acude, Guillermo!
LEICESTER
¡Guardias!
(Entran Guillermo y los guardias con antorchas)
GUILLERMO
¡Mi soberana!
ENRIQUE, MATILDE
¡Viva la reina!
LEICESTER
¡Viva ella y su reino!
NORFOLK
¡Destino adverso!
ENRIQUE, MATILDE
¡Traidor!
LEICESTER
¡Ingrato!
ISABEL
¡Indigno!
Felón, recibirás el castigo
adecuado a tantos abusos.
¿Dónde podría encontrarse
un corazón tan malvado?
Cargadle de cadenas,
llevadle a una muerte inicua,
y
que su terrible fin
sea el ejemplo
de una impía conducta.
(Norfolk es conducido
por la guardia a la
cárcel)
ENRIQUE, MATILDE
¡Cálmate, por favor!
LEICESTER, GUILLERMO
Respira.
LOS CUATRO
El cielo admira complacido
a los defensores de los príncipes.
ISABEL
Bellas almas generosas,
acudid a mi pecho.
¡Vivid, gozad,
sed siempre felices!
(Tras abrazar a Matilde y Enrique, hace
que se aproxime Leicester)
LOS CUATRO
(A Isabel)
¡Gran reina!
CORO
(Desde dentro)
¡Leicester!
LOS CINCO
¡Qué voces!
CORO
(Desde dentro)
Queremos verle
morir a sus pies.
(Se abren las puertas de la cárcel.
Entran los soldados y el pueblo)
LEICESTER
¡Imprudentes, deteneos!
ISABEL
(A los guardias, que intentan detenerlos)
Deteneos...
No es motivo de castigo
tener un afecto.
CORO
(Arrodillándose)
¡Reina, a tus pies
imploramos piedad y perdón!
ISABEL
He aquí vuestro caudillo, os lo devuelvo,
y devuelvo el trono a su defensor.
CORO
¡Viva Isabel! La heroína,
el esplendor de nuestra era.
ISABEL
(Para sí)
Huye, amor, de mi seno;
no vuelvas a turbar mi vida.
No quiero más afectos
que la gloria y la piedad.
CORO
¡Viva Isabel! etc.
Traducido y digitalizado por:
Francisco Such Ronda 2020
|