JONE

 

Personajes

JONE

ARBACES

GLAUCO

NIDIA

BURBO

SALUSTIO

CLODIO

Joven Ateniense

Sacerdote Egipcio de Isis

Joven Ateniense

Esclava Griega

Tabernero, Antiguo Gladiador

Patricio, Amigo de Glauco

Patricio, Amigo de Glauco

Soprano

Barítono

Tenor

Mezzosoprano

Bajo

Bajo

Tenor

 

La acción se desarrolla en Pompeya, en el año 79.

 

ATTO  I                                                                                          


Quadro Primo

(Taverna di Burbo sparsa di anfore, ecc. Sopra una 
panca stanno alla rinfusa i pallii dei giovani Patrizii, 
che intorno ad un'altra giuocano ai dadi; mentre dal 
lato opposto, alcuni Gladiatori bevono e cianciano 
fra loro allegramente. Il luogo è illuminato da una 
lampada. È l'alba)

Scena Prima

(Fra i giovani Patrizi, Glauco, Clodio e Sallustio; 
più tardi Burbo che va e viene recando vino od altro)

GLADIATORI
Vuote son l'ànfore...

(chiamando) 

Burbo... che fai?
A gola asciutta ci lasci qua?
Se ai nostri stomachi vigor non dài,
Con fiacca lena si lotterà.

PATRIZI
(a Glauco)
Su, scuoti il bossolo!...
La sorte è varia...

GLAUCO
Per Giove!... il punto sempre peggior!
Bossolo e dadi saltar fo' all'aria.
Chi perde in gioco, vince in amor.

CLODIO
Forse il sinistro sguardo d'Arbace
T'ha fatto il Caso ieri scontrar?

SALLUSTIO
Ovver di Jone l'occhio vivace?

GLAUCO
Non dêi quel nome qui profanar.

CLODIO
Ti metti al serio? Già lo si vede,
Non sei più quello de' primi dì.

GLAUCO
Non son più quello?... pazzo chi 'l crede.
Burbo... Il Falerno...

GLI ALTRI
Bravo!... così!

(Burbo, che poco prima avrà recato da bere 
ai Gladiatori, torna in iscena, depone un'altra 
anfora sulla tavola dei Patrizi e riparte). 

GLAUCO
(alzando il calice colmo, prorompe con enfasi)
Su, di pampini, di grappi,
M'intrecciate una corona!
Cinto d'anfore e di nappi,
Salgo in vetta all'Elicona.
Viva Bacco il re de' Numi,
Inni a Venere e profumi!

Canti chi vuole d'elmi e corazze,
L'ire e le stragi del Dio guerrier;
Io fra le belle pugno e le tazze,
Ebbro, non morto, voglio cader.
Allor che in pugno l'anfora ho stretta,
Io non invidio lo scettro ai re...
Sacra dell'oro la fame è detta,
Sacra è del vino la sete a me.

Scena Seconda 

(Nidia, indi Burbo e detti) 

NIDIA
(gettandosi ai piedi di Glauco)
Soccorso, pietà!...

GLAUCO
Chi offenderti, fanciulla, osò?

(vedendo Burbo che col flagello sollevato
sarà rimasto immobile sulla soglia). 

Ah tu, tu, Burbo!... Cerbero od orso,
L'unghie rapaci ti strapperò.
Qual è il suo fallo?

BURBO
Mia schiava è dessa,
E d'ubbidirmi ricusa ognor.

NIDIA
(arrossendo)
Volea... d'Arbace...

GLAUCO
(a Nidia)
T'intendo... cessa...
Povera vittima, sorgi e fa cor.

(a Burbo) 

La compro... il prezzo?

BURBO
Cara mi costa... Venti sesterzii...

GLAUCO
(gettandogli la borsa)
Il doppio... a te!

BURBO
(raccogliendo da terra la borsa)
Certe ragioni non han risposta...
È tua!

GLAUCO
Va... libera, Nidia, tu se'.

PATRIZI, SALLUSTIO, CLODIO
Al generoso Glauco sia festa!

NIDIA
(a Glauco)
Abbandonata ed orfana
Dove trovar ricetto?
Quale per me può fascino
Aver la libertà?
Schiava, ma a te da presso
Viver mi sia concesso...
Del mio signor il tetto
Eliso a me sarà.

GLAUCO
Lo brami?... sia.

CLODIO, SALLUSTIO
Su, Glauco,
L'alba da un pezzo è desta!...
L'ultima tazza è questa,
Evviva Bacco e Amor.

SALLUSTIO
(ai gladiatori)
Bevete... io pago! - al solito
Fu il giuoco a me propizio.

BURBO, GLAUCO
Al nobile patrizio...
Far noi sapremo onor. 

GLAUCO
(fra sé)
Immagin cara di Jone mia,
Celeste raggio tu brilli a me...
Oh, nel tuo amore redento io sia...
Jone, ch'io possa levarmi a te!

NIDIA
(fra sé)
La troppa gioia m'opprime il core,
Quasi a me stessa creder non so.
Di Glauco schiava!... sogni d'amore,
In voi la vita delizierò!

BURBO
(fra sé)
Come di gioia le brilla il viso!
Il mio sospetto certezza è già...
Per lei di Glauco solo un sorriso
Vale una vita di libertà.

SALLUSTIO, CLODIO, PATRIZI
Venere e Bacco son nostri Numi,
Noi della vita cogliamo il fior.
A Bacco e Venere canti e profumi,
Viva il falerno, viva l'amor!

(Glauco parte insieme a Clodio, a Sallustio e agli 
altri giovani patrizi, e seguito da Nidia. Dopo di 
loro, escono i Gladiatori. Burbo, rimasto solo, cava 
di sotto la tunica la borsa datagli da Glauco, ne 
versa il denaro su di un tavolo, e lo sta contemplando 
con compiacenza) 

Scena Terza 

(Burbo, indi Arbaces) 

BURBO
È un giorno di fortuna: generoso
L'ateniese è davver! Questo si chiama
Esser ricchi e patrizi! Un mucchio d'or!
E Arbace?... Alla colomba
lo sciolsi l'ale, e il falco
Più ghermirla non può... La sua vendetta
Sento ruggir. Astuzia a me non manca...
L'affronterò! Quest'oro intanto è mio.
Ah!

(accorgendosi d'Arbace, che entrato improvvisamente 
in scena, gli batte colla mano una spalla). 

Siete voi?

ARBACE
Sì, son io.
E Nidia?... - Venduta poc'anzi tu l'hai...

BURBO
È vero.

ARBACE
Staman l'attesi... lo sai...
Così m'ubbedivi?

BURBO
Non è colpa mia:
A preghi, a minacce fu dessa restia.

ARBACE
Tu mêndichi scuse.

BURBO
(con espressione maliziosa)
La Tessala è bella,
Ma.... al sole di Jone
S'offusca ogni stella.

ARBACE
Che dici tu?

BURBO
Nulla. - Di Nidia nel core,
Io lessi... per Glauco delira d'amore:
Giovarti può forse! Rival fortunata,
E Jone frattanto di Glauco l'amata.

ARBACE
Menzogna!... Di Bacco nell'orgia sommerso,
Nel lezzo s'avvolge d'ignobili amor.

BURBO
Dal Glauco d'un giorno s'è fatto diverso...
Gli amici abbandona;
sol Jone ha nel cor.

ARBACE
(a Burbo dopo un momento di pausa)
No... mai!
Dal Vesuvio fra i massi s'interna
Temuta dal volgo profonda caverna:
Dimora è quell'antro d'antica sibilla,
Che magici filtri dall'erbe distilla.

BURBO
La Saga del monte!

ARBACE
Là recati tosto,
E il solito filtro le chiedi per me.

BURBO
In tutto a servirti lo schiavo è disposto.

ARBACE
A questa mia gemma prestar dovrà fè!

(si trae dal dito un anello e lo consegna a Burbo) 

Vanne, e serba geloso l'arcano,
II mio sguardo per tutto ti vede:
Ho dell'oro per darti mercede,
Ho un pugnal per poterti punir.
Io la mente sarai tu la mano,
Altri cenni t'appresta a compir.

BURBO
Quale il core fedele ho la lingua,
Del mio zelo t'ho date già prove:
Me di premio lusinga non move,
L'ubbidirti è una legge per me.

(fra sé) 

Quando d'oro la borsa s'impingua
Non il come m'importa, e perché!

(Arbace parte. Burbo, raccolto il denaro, 
si ritira nell'interno della taverna)

Quadro Secondo 

(Stanza di Jone; porta di prospetto) 

Scena Prima 

(Jone sola) 

JONE
Oh, qual la prima volta m'appariva
Nel tempio della Diva,
L'ho sempre agli occhi miei, sempre dinante
Il suo gentil sembiante
Ed ei?... di pari affetto ci forse m'ama...
Svelar non l'osa... e il brama!

Nel sol quand'è più splendido,
II suo sorriso io vedo,
Guardo le stelle, e simbolo
Degli occhi suoi le credo.
Nel mormorio dell'onda
Lo ascolto a me parlar...
L'aura che mi circonda
Piena di lui mi par...

L'amo, l'amo, e la fiamma immortale
Tempo o affanno distrugger non può!
Viva in core, gelosa Vestale,
Custodir quella fiamma saprò!

Scena Seconda 

(Arbace e detta) 

ARBACE
Godo in trovarti lieta.

JONE
Arbace!

ARBACE
A me secreta
Della tua gioia la cagion terrai?
Io che col guardo pènetro ne' cieli,
Io so leggerti in cor... Ami!

JONE
Delitto
è forse amor?

ARBACE
Se l'anima sublima,
Degno è de' Numi. - Di saper ho dritto
Chi tal fiamma t'accese.

JONE
Alcun più vago
Più nobile garzon non ha Pompei.

ARBACE
Nomalo.

JONE
(con franca ingenuità)
Glauco.

ARBACE
Desso!... ah, tu non sai...
Ingannata sei tu!

JONE
Che dici mai?

ARBACE
Fra danze oscene ed orgie,
Fra schiave invereconde,
Nell'abbrutir dell'anima
Notti e tesor profonde.
In te de' Numi s'agita
Eterna la scintilla;
Contaminata argilla,
Egli ha di fango il cor.

JONE
(fra sé)
Glauco!... il mio Glauco!... Misera
Che ascolto!... e sarà vero?
Aver sì vil può l'anima
E il volto onesto e altero? 
Quegli occhi a me mentivano,
Gli occhi pur casti tanto!
Cinto dal vel più santo
Mai non fu in terra amor.

ARBACE
Anche stanotte in läide
Gioie trascorse ha l'ore.
Compra ha una schiava: inebriasi
Or forse al nuovo amore.

JONE
Non proseguir: soccombere
Al troppo duol mi vedi...

ARBACE
(con ironia)
Se di te degno il credi,
Amalo, o Jone, ancor.

Scena Terza 

(Dirce, Nidia e detti) 

DIRCE
Una schiava giovinetta
Favellar a te desia;
Nel vestibol ella aspetta.

JONE
Una schiava!... e chi l'invia?

DIRCE
Nulla disse: a te soltanto
Par che il voglia confidar.

JONE
Venga.

(Dirce parte ed entra Nidia) 

ARBACE
(fra sé, con sorpresa)
Nidia!

NIDIA
(fra sé, fissando Jone)
Ahi bella tanto!

ARBACE
(fra sé, con sorpresa)
Qui?...

JONE
(a Nidia)
Puoi libera parlar.

NIDIA
(porgendo a Jone un foglio ch'essa apre 
e legge con ansietà)
Chi mi manda e chi son io
Ti dirà questo papiro.

JONE
(fra sé)
Glauco!

ARBACE
(fra sé)
Glauco!

JONE
(fra sé)
Il ciglio mio
Non m'inganna... io non deliro!

(accostandosi ad Arbace e in tono di trionfo) 

Quella schiava compra or ora,
Vedi... in dono, egli offre a me:
Leggi Arbace, e dimmi ancora
Di', se il puoi, che abbietto egli è.

(a Nidia con trasporto) 

Cara a Glauco, o mia fanciulla,
Come amarti non dovrei?
Poi che Grecia a te fu culla,
Più diletta ancor mi sei.
Così ingenua, così bella,
Gentil dono ci m'offre in te... 
Più che schiava, ognor sorella
Tu sarai, fanciulla, a me.

ARBACE
(a Jone nascondendo a stento lo 
sdegno ond'é compreso)
Non lusingarti, - t'illude amor...
Non sai tu l'arti - d'un seduttor.
Ei tradimento - più vil t'ordì...
Del pentimento - paventa il dì!

JONE
(fra sé)
Mendace il grido - non fu d'amor,
Essermi infido - potea quel cor?
D'affetto pegno - novel mi diè...
Ah, m'ama, e degno - d'amor egli è!

NIDIA
(fra sé)
Ahi, tanto e come - pietosa a me!
Di Glauco il nome - solo il potè...
Fatal mi corse - le vene un gel...
L'ama ella forse?... - dubbio crudel!

(Arbace parte: Jone si ritira nelle stanze attigue. 
Sulla porta che mette al giardino si affacciano Dirce 
e le altre schiave che invitano Nidia a seguirle)
 
ACTO  I 


Cuadro Primero 

(Taberna de Burbo con muchas ánforas, etc. 
Sobre una mesa están revueltas las capas de unos 
jóvenes patricios que, alrededor de otra juegan a 
los dados; mientras, en el lado opuesto, algunos 
gladiadores beben y charlan alegremente. El 
lugar está iluminado por una lámpara. Amanece) 

Escena Primera 

(Jóvenes patricios, Glauco, Clodio y Salustio. 
Más tarde entra Burbo trayendo jarras de vino) 

GLADIADORES
¡Las jarras están vacías!...

(llamando) 

¡Burbo!... ¿qué haces?
¿Nos abandonas con la garganta seca?
Si no das vigor a nuestros estómagos,
con poca fuerza lucharemos.

PATRICIOS
(a Glauco)
¡Venga! ¡Agita el cubilete!...
La suerte puede cambiar...

GLAUCO
¡Por Júpiter!... ¡Cada vez saco peores puntos!
Voy a tirar al aire cubilete y dados.
Quien pierde en el juego, vence en el amor.

CLODIO
¿Quizá la siniestra mirada de Arbaces
te hizo ayer encontrar el infortunio?

SALUSTIO
¿O los ardientes ojos de Jone?

GLAUCO
No debes profanar ese nombre.

CLODIO
¿Te pones serio? 
Ya se te nota, no eres el de antes.

GLAUCO
¿No soy el de antes?... Loco está quién lo diga.
¡Burbo!... ¡El Falerno!...

LOS DEMÁS
¡Bravo! ¡Eso es!

(Burbo, que un poco antes ha traído bebida a los
gladiadores, vuelve a aparecer, pone otra ánfora 
en la mesa de los patricios y reparte) 

GLAUCO
(alzando la copa llena, exclama con énfasis)
¡Vamos! ¡Con pámpanos y racimos 
trenzadme una corona!
Acarreando ánforas y copas,
subiré a la cima del Helicón.
¡Viva Baco, el rey de los dioses!
¡Himnos y alabanzas a Venus!

Cante el que quiera con cascos y corazas,
las iras y matanzas del dios guerrero;
que yo entre las beldades y las copas pelearé.
¡Borracho, y no muerto, quiero caer!
Cuando tengo una jarra en mis manos,
no envidio ni el cetro de un rey...
Si el hambre de oro es sagrada,
sagrada es la sed de vino para mí.

Escena Segunda 

(Nidia, luego Burbo y los demás) 

NIDIA
(arrojándose a los pies de Glauco)
¡Socorro, piedad!

GLAUCO
¿Quién osa ofenderte, muchacha?

(viendo a Burbo que está de pie en el umbral,
inmóvil y con el látigo levantado) 

¡Ah tú, tú, Burbo!... ¡Perro u oso, 
tus garras de alimaña arrancaré!
¿Qué mal ha hecho?

BURBO
Ella es mi esclava,
y siempre rehusa obedecerme.

NIDIA
(sonrojándose)
Él quiso... que Arbaces...

GLAUCO
(a Nidia)
No hables más... te entiendo...
Pobre víctima, ponte en pie y anímate.

(a Burbo) 

La compro... ¿cuánto pides?

BURBO
Me costó cara... Veinte sextercios...

GLAUCO
(arrojándole una bolsa)
¡Toma... el doble!

BURBO
(recogiendo la bolsa del suelo)
Algunas razones no tienen respuesta...
¡Es tuya!

GLAUCO
¡Vete, Nidia, eres libre!

PATRICIOS, SALUSTIO, CLODIO
¡Demos una fiesta al generoso Glauco!

NIDIA
(a Glauco)
Abandonada y huérfana,
¿dónde encontraré refugio?
¿Qué atractivo para mí
puede tener la libertad?
Esclava, pero cerca de ti,
me sea concedido vivir...
La casa de mi amo
será un Elíseo para mí.

GLAUCO
¿Eso quieres?... ¡Sea!

CLODIO, SALUSTIO
¡Vamos, Glauco,
ya queda poco para el alba!
Ésta es la última copa,
¡vivan Baco y Amor!

SALUSTIO
(a los gladiadores)
¡Bebed... yo pago!
Como de costumbre tuve suerte en el juego.

BURBO, GLAUCO
Al noble patricio...
nosotros sabremos honrar.

GLAUCO
(para sí)
Imagen querida de mi Jone
como un celeste rayo, tú brillas ante mí...
¡Oh, que sea redimido por tu amor...
Jone, que pueda elevarme hasta ti!

NIDIA
(para sí)
Una extrema alegría me oprime el corazón,
casi no puedo creérmelo.
¡Esclava de Glauco!... Sueños de amor,
¡en ellos mi vida deleitaré!

BURBO
(para sí)
¡Cómo le brilla el rostro de alegría!
Mi sospecha es ya certeza...
Para ella una sola sonrisa de Glauco
le vale por una vida de libertad.

SALUSTIO, CLODIO, PATRICIOS
Venus y Baco son nuestros dioses,
escojamos de la vida, la flor.
A Baco y a Venus, cantos y alabanzas,
¡viva el Falerno, viva el amor!

(Glauco sale junto a Clodio, Salustio, 
los jóvenes patricios, Nidia les sigue. 
Tras ellos salen los gladiadores. Burbo 
queda solo, ve la bolsa que le dio Glauco, 
vierte el dinero sobre una mesa y lo
contempla complacido) 

Escena Tercera 

(Burbo, luego Arbace) 

BURBO
Día de suerte en verdad.
¡Realmente es generoso el ateniense! 
¡Esto se llama ser rico y patricio! 
¡Un montón de oro!
¿Y Arbaces?... A su paloma le desaté las alas 
y el halcón ya no podrá agarrarla... 
Su venganza la siento ya rugir. 
Pero no me falta astucia... ¡Me enfrentaré a ella! 
Entre tanto, el oro es mío ¡Ah!

(viendo que Arbaces ha entrado, le golpea 
afectuosamente con la mano en la espalda) 

¿Eres tú?

ARBACES
Sí, soy yo.
¿Y Nidia?... La has vendido hace poco...

BURBO
Es verdad.

ARBACES
La esperaba esta mañana... Tú lo sabes...
¿Así me obedeces?

BURBO
No es mi culpa.
Ella rechazó mis ruegos y mis amenazas.

ARBACES
Me estás dando pretextos.

BURBO
(con expresión maliciosa)
La tesaliense es bella,
pero... ante el sol de Jone
cualquier estrella oscurece.

ARBACES
¿Qué dices?

BURBO
Nada... Leí el corazón de Nidia.
Delira de amor por Glauco.
¡Quizá eso pueda ayudarte! Su afortunada rival
es Jone, amada ahora por Glauco.

ARBACES
¡Mentira!... Inmerso en las orgías de Baco
se revuelca en la suciedad de innobles amores.

BURBO
El Glauco de antes ha cambiado...
Abandona a los amigos,
sólo tiene a Jone en su corazón.

ARBACES
(a Burbo, tras un momento de pausa)
¡No... nunca!
Oculta entre las piedras del Vesubio
hay una profunda caverna temida de las gentes.
Habita en aquel antro una vieja bruja,
que, con hierbas, destila filtros mágicos.

BURBO
¡La Adivina del Monte!

ARBACES
Ve allí enseguida,
y pídele un filtro para mí.

BURBO
Para servirte en todo está dispuesto este esclavo.

ARBACES
¡Con esta gema ella sabrá que vas de mi parte!

(se quita un anillo de la mano y lo da a Burbo) 

Ve, y guarda celosamente el secreto,
mis ojos te verán doquiera que vayas.
Tengo oro para premiarte
y también un puñal para castigarte.
Yo seré la mente, tú la mano,
prepárate a cumplir otras tareas.

BURBO
Mi lengua es fiel como mi corazón,
de mi celo ya te he dado pruebas.
No me mueve conseguir el premio,
obedecerte es una ley para mí.

(para sí) 

¡Cuando la bolsa está llena de oro,
no me importa ni el cómo, ni el por qué!

(Arbaces sale. Burbo, toma el dinero y
se retira al interior de la taberna). 

Cuadro Segundo 

(Habitación de Jone; puerta delantera) 

Escena Primera 

(Jone sola) 

JONE
¡Oh, cómo apareció ante mí aquella primera vez
en el templo de la diosa!
Lo tengo siempre ante mis ojos, 
siempre delante su gentil semblante.
¿Y él?... Parece amarme con igual afecto...
Pero no osa revelármelo y... ¡seguro que lo desea!

En el sol, cuando está más luminoso,
yo veo su sonrisa,
miro las estrellas y 
símbolo de sus ojos las creo.
En el susurro de las olas
escucho como me habla...
El aire que me rodea
me parece estar lleno de él...

¡Le amo! ¡Le amo! ¡Esa llama inmortal
ni el tiempo ni la desgracia podrán destruirla!
¡Viva en mi corazón, como celosa vestal,
yo sabré custodiar la llama!

Escena Segunda 

(Arbaces y Jone) 

ARBACES
Me alegro de encontrarte feliz.

JONE
¡Arbaces!

ARBACES
¿Me confiarías el secreto
de la razón de tu alegría?
Yo, que con la mirada penetro hasta en los cielos,
sé leer en tu corazón... ¡Estás enamorada!

JONE
¿Acaso el amor
es delito?

ARBACES
Si exaltar el alma es cosa digna de los dioses,
tengo derecho a saber 
quién enciende en ti tal llama.

JONE
No hay en Pompeya
un joven tan bello ni tan noble.

ARBACES
Dime su nombre.

JONE
(con ingenua franqueza)
Glauco.

ARBACES
¡Él!... ¡Ah, tú no sabes!...
¡Estás engañada!

JONE
¿Qué estás diciendo?

ARBACES
Entre obscenas danzas y orgías,
entre esclavas desvergonzadas,
embruteciendo su alma,
noches y tesoros malgasta.
La luz eterna de los dioses
brilla en tu interior;
pero él, con contaminada arcilla,
tiene enfangado su corazón.

JONE
(para sí)
¡Glauco!... ¡Mi Glauco!... ¡Pobre de mí!
¿Qué escucho?... ¿Será verdad?
¿Puede tener un alma tan vil
con un rostro tan honesto y orgulloso?
Esos ojos que me mienten,
¡parecían tan castos!
Nunca hubo en la tierra
un amor cubierto de tan santo velo.

ARBACES
Anoche mismo, entre obscenas alegrías,
pasó las horas.
Ha comprado una esclava,
quizá está embriagado por el nuevo amor.

JONE
No prosigas o me verás sucumbir 
a tanto dolor...

ARBACES
(con ironía)
Si aún lo crees digno de ti,
ámalo, Jone.

Escena Tercera 

(Dirce, Nidia y los anteriores) 

DIRCE
Una joven esclava
desea hablar contigo.
Está esperando en el vestíbulo.

JONE
¡Una esclava!... ¿Quién la envía?

DIRCE
Nada ha querido decir; sólo a ti
parece querer confiarse.

JONE
Que venga.

(Dirce sale y entra Nidia) 

ARBACES
(para sí, con sorpresa)
¡Nidia!...

NIDIA
(para sí, viendo a Jone)
¡Ah, qué bella es!

ARBACES
(para sí, con sorpresa)
¿Ella aquí?...

JONE
(a Nidia)
Puedes hablar libremente.

NIDIA
(mostrando a Jone una hoja que ella abre 
y lee con ansiedad)
Quién me manda y quién soy
te lo dirá este papiro.

JONE
(para sí)
¡Glauco!

ARBACES
(para sí)
¡Glauco!

JONE
(para sí)
Mis ojos no me engañan... 
¡No estoy delirando!

(a Arbaces, en tono triunfante) 

La esclava que él compró,
¡mira... me la ofrece como regalo!
Lee, Arbace y dime ahora, si puedes, 
lo despreciable que él es.

(a Nidia, con arrobo) 

Si eres querida por Glauco, muchacha,
¿cómo podría no quererte yo?
Y si además, es Grecia tu cuna,
más apreciada aun serás por mí.
Tan ingenua, tan hermosa,
un bello presente él, contigo, me ofrece...
Más que una esclava, siempre una hermana,
tú serás, muchacha, para mí.

ARBACES
(a Jone, escondiendo a duras penas 
su desdén)
No te entusiasmes, pues te ciega el amor...
Tú no sabes las artes de un seductor.
Él, la traición más vil urdió...
¡Algún día te arrepentirás!

JONE
(para sí)
El grito de amor no fue mendaz...
¿Sería capaz su corazón de serme infiel?
Una nueva prenda de su amor me ha dado...
¡Ah, me ama y digno de mi amor es!

NIDIA
(para sí)
¡Ah, qué tierna es conmigo!
El sólo nombre de Glauco hace que
un frío fatal corra por mis venas...
¿Ella quizás lo ama?... ¡Duda cruel!

(Arbaces sale y Jone se retira a sus aposentos. 
Dirce y los otros esclavos aparecen por la puerta 
que lleva al jardín e invitan a Nidia a seguirles) 
 

Acto II